Affacciati al cancello di Auschwitz

Affacciati al cancello di Auschwitz

Memoria è conoscere e confrontarsi con un evento che ha segnato indelebilmente e irreversibilmente la storia dell’uomo, e ha ipotecato la natura stessa della sua relazione col proprio simile. Per essere educativa deve essere inserita in un contesto presente per poter trasformare le idee e le immagini in maniera duratura e significativa.

La giornata della memoria ricorre quest’anno in un momento particolare. Se ci fosse stato ancora bisogno di ricordare e risvegliare le coscienze, ci hanno pensato i tristi accadimenti di Parigi.
Nel pur ampio panorama dei genocidi del XX secolo, la Shoah – la distruzione degli ebrei d’Europa – occupa un posto unico, per dimensioni, intensità, rapidità e perché è diventata il simbolo di una “rottura di civiltà” nel mondo occidentale.

La sua memoria non è un monumento al passato, ma è invece un allarme permanente su quanto è successo e dunque può di nuovo succedere.
Il Giorno della Memoria è un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo al cancello di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato. Per trasformare quei luoghi in strumenti di interrogazione sul presente per comprenderne la presenza ingombrante al centro del nostro secolo e della modernità. Ciò che la giornata della memoria ha da insegnare non è soltanto l’esito della Shoah, ma sono i processi politici, ideologici, psicologici, i conformismi e gli interessi che hanno prodotto le condizioni del suo realizzarsi.
Il grande scrittore e testimone Primo Levi ci aveva ammonito ad avere la consapevolezza che se l’orrore assoluto è accaduto, può ripetersi. Eliminare minacce e affronti all’umana dignità è ancora tragicamente necessario.

La memoria è un bisogno e un dovere dell’uomo: i casi in cui l’uomo eccelle in umanità oppure i casi in cui egli smarrisce la ragione perdendo quanto vi è di umano in lui, vanno ricordati per capire e per essere consapevoli del punto in cui un essere umano può arrivare.
Quello che è successo può essere un punto di partenza, quasi un nuovo inizio capace di ridare alla collettività il senso di quello che essa deve essere, un progetto storico che implichi una comunità di valori.
Capita agli individui di dimenticare, di rimuovere, capita alle società di cancellare dalla loro storia eventi ed episodi fondamentali per la comprensione del presente.

Ma un passato così non può essere dimenticato, anzi deve scuotere le coscienze e generare un senso di responsabilità che trascenda le generazioni.
Non bisognerà cancellare mai la memoria negativa e si dovrà sempre tenere viva la memoria positiva della lotta, come riscatto del lato buono dell’umanità. Continuare a testimoniare e raccontare senza retorica, come conquista di libertà, democrazia, uguaglianza, giustizia e solidarietà sociale. L’unico mezzo per poter rimanere attaccati alla vita è mettere ordine nel caos e nell’orrore con la forza della razionalità.
Per questo bisogna promuovere in ogni forma il rispetto dei diritti fondamentali, che sono la base di una società più giusta nei confronti di ciascuno. Progettare un percorso di questo tipo e destinarlo alle giovani generazioni significa preoccuparsi per il proprio futuro e scegliere di investire nel seme della democrazia. Essa, infatti, non deve essere concepita come un risultato raggiunto e dato per scontato; è, piuttosto, un ideale da continuare a perseguire con impegno per incentivare il dialogo e la riflessione soprattutto nella fascia più giovane della popolazione.

Il senso critico e l’indignazione sono atteggiamenti virtuosi, proprio perché rappresentano l’antitesi dell’accettazione passiva, dell’obbedienza cieca e dell’annichilimento, fattori che hanno indiscutibilmente contribuito a rendere il clima sociale terreno fertile per l’instaurazione di dittature e totalitarismi.
Un continuo viaggio che deve andare oltre la resistenza per sfociare nella resilienza, quella straordinaria capacità di ricrearsi e reinventarsi, di trasformare il dolore e il lutto in energia vitale.

Oltre a conservala, la memoria è importante viverla, farla propria. Farla entrare nella nostra coscienza. Il problema non è infatti solo ricordare, ma come ricordare: ossia come utilizzare per il presente gli strumenti che la memoria del genocidio ha elaborato nel corso della sua storia.
Albert Camus, a proposito dell’importanza del ricordo, scriveva «l’uomo non è del tutto colpevole, poiché non ha cominciato la storia, né del tutto innocente perché la continua».

Norman Gobbi
Giornale del Popolo, 27.01.2015 – Giornata della Memoria

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