Troppi interventi e ancora troppi comportamenti irresponsabili

Troppi interventi e ancora troppi comportamenti irresponsabili

Intervista a Matteo Cocchi (capo dello Stato Maggiore cantonale di condotta) pubblicata nell’edizione di venerdì 20 marzo 2020 del Corriere del Ticino

«Troppi comportamenti irresponsabili». È eloquente il commento del comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi, che in questa situazione straordinaria dirige lo Stato Maggiore cantonale di condotta (SMCC).
Cocchi, per sensibilizzare ulteriormente la popolazione, lancia una nuova campagna con uno slogan che non lascia spazio a interpretazioni: «Se vuoi uscire (ancora) devi stare a casa (ora)».

Comandante, lunedì scorso il suo primo bilancio sulla risposta della popolazione in seguito alle misure emanate dal Governo era in chiaroscuro: oggi la situazione è migliorata?
«No, purtroppo devo dire che non ci siamo ancora. È vero che la popolazione, in tutte le sue fasce d’età, è più sensibilizzata rispetto a quattro giorni fa, ma il cambiamento comportamentale non è ancora assolutamente sufficiente. Il messaggio che deve essere compreso profondamente dai ticinesi è: se vuoi uscire (ancora), devi stare a casa (ora). Un messaggio forte, me ne rendo conto. Le giornate soleggiate di questo ponte festivo “obbligatorio” sono accattivanti per uscire, ma tutti devono fare uno sforzo personale e responsabile. Da subito».

Ci si interroga ancora troppo spesso su cosa sia permesso e cosa sia vietato all’esterno delle mura domestiche, sebbene il messaggio, chiaro, sia quello di rimanere a casa: come mai?
«Il problema di fondo è proprio questo: si sta a sindacare sul tipo di uscita, sul genere di incontri o sul concetto di ciò che è indispensabile in termini di impegno professionale. E non ci si rende conto che la situazione è seria. È il momento di fermarsi e, uniti, contribuire a rallentare la curva della crescita dei contagi. Il tempo per le gite e le belle passeggiate è da posticipare di qualche settimana. Ora stiamo il più possibile in casa ed evitiamo al massimo i contatti sociali. Questo preserverà letti liberi in ospedale».

Tornando ai comportamenti irresponsabili, lei lunedì scorso ha utilizzato una metafora calcistica: ha dunque già mostrato qualche cartellino rosso in questi giorni oppure non si è ancora arrivati a vere e proprie sanzioni?
«Non è ancora il momento di tirare le somme. Gli interventi sono stati però diversi, anzi direi che sono stati assolutamente troppi. Richiamo nuovamente tutti alla propria responsabilità individuale».

Le segnalazioni di privati cittadini che notano una mancata osservanza dei divieti vi sono d’aiuto in questa fase?
«Certo, ed è importante che ognuno faccia la sua parte. Ma determinante è che il comportamento sbagliato di alcuni non sia l’alibi per gli altri. Troppo spesso si cerca di giustificare comportamenti non corretti confrontandosi con atteggiamenti ancora peggiori che si osservano sul territorio».

Come è stato organizzato il pattugliamento a favore del rispetto delle norme?
«È stato istituito un servizio dedicato e capillare che garantisce un controllo accresciuto e un contatto diretto con quella parte di popolazione che ancora, purtroppo, non mette in pratica correttamente le disposizioni del Governo».

Qual è la prassi d’intervento? Dopo la fase di sensibilizzazione si passa alla sanzione in caso di reiterata inosservanza delle norme comportamentali?
«Il concetto dell’intervento è soprattutto sensibilizzare. Se questo non è sufficiente vengono evidentemente presi provvedimenti necessari a livello sanzionatorio».

In Italia si sta pensando di vietare tutte le attività all’aperto: si arriverà a questo tipo di misura anche in Ticino?
«Noi stiamo seguendo una linea che prevede l’introduzione graduale di provvedimenti, indicati in particolare dal medico cantonale e dalla cellula sanitaria dello Stato Maggiore cantonale di condotta: provvedimenti che intendono rallentare la diffusione del contagio e quindi non posso escludere che nei prossimi giorni si possa aumentare la stretta ed emanare direttive ancora più severe».

Come si riesce a conciliare l’intervento ordinario della Polizia cantonale con l’emergenza coronavirus che assorbe ormai gran parte del vostro tempo?
«Come Polizia siamo pronti ad affrontare le sfide che ci aspettano su entrambi i fronti. Con questo intendo dire che la Polizia cantonale e quelle comunali, remando nella stessa direzione e consapevoli dell’importanza della missione, stanno mettendo in campo tutte le misure pianificate per affrontare questi momenti difficili».

E come sono scandite in queste settimane concitate le giornate del comandante Cocchi?
«Sono giornate lunghe, intense e “ritmate” da una situazione che cambia in continuazione e soprattutto evolve negativamente per quanto riguarda contagi, ospedalizzazioni e decessi. Io e il mio sostituto Ryan Pedevilla, possiamo contare sul contributo di uno Stato Maggiore costituito da persone di valore che si stanno adoperando per fornire un fondamentale contributo alla situazione di crisi e con cui ci confronteremo per diverse settimane. Per quanto riguarda la Polizia, nel suo compito legato alla crisi è gestita attualmente da Lorenzo Hutter, che di norma mi sostituisce al comando della Cantonale».

Quale messaggio si sente di mandare alla popolazione ticinese che vive da un lato con timore e dall’altro con ancora troppa leggerezza questa situazione?
«Le parole chiave sono centralità e responsabilità. Dobbiamo tutti essere sufficientemente lucidi per avere l’atteggiamento corretto e accettare diverse rinunce, senza vivere con eccessiva apprensione, il tutto al motto “se vuoi uscire (ancora) devi stare a casa (ora). Il tempo per ritornare alla normalità non è lontanissimo, ma ci aspetta un periodo di sacrifici e impegno a tutti i livelli».