“Una sfida inedita e molto entusiasmante”

“Una sfida inedita e molto entusiasmante”

Dal Mattino della domenica | Dopo la carriera hockeistica, Roman Botta ora lavora per il ministro Norman Gobbi

Roman Botta da aprile ha attaccato i pattini al fatidico chiodo per affrontare una nuova avventura professionale. Noi lo conosciamo infatti per le sue performance sul ghiaccio ma da due mesi l’hockeista, “nato” a livello sportivo nell’Hockey Club Lugano, lavora al Dipartimento delle istituzioni diretto da Norman Gobbi, di cui è diventato uno dei collaboratori personali. Attività che Botta affronta “con tanto entusiasmo e voglia di imparare. È un settore molto sensibile, che contempla tutta una serie di compiti strutturali e organizzativi che richiedono precisione e doti strategiche di non poco conto. Ma è soprattutto un lavoro di squadra”.

Roman Botta, insomma, ha cambiato “linea”, cimentandosi in un ambito che ha poco a che vedere con il suo passato. Una nuova esperienza che però non lo spaventa: forse in pochi sanno che accanto all’attività in pista ha intrapreso degli studi all’università nel campo dell’economia che, come afferma, è una “materia da sempre prediletta e che si inserisce in diversi contesti, quindi anche nel settore per il quale ora lavoro. Per far bene occorre sempre grande positività e propositività”. Il Mattino della Domenica ne ha approfittato per fare due chiacchiere con lui. Vi raccontiamo così di un giocatore che ha mosso i suoi primi passi sul ghiaccio della Resega, e che è stato protagonista in diverse piazze hockeistiche ticinesi ma non solo.

Roman: nella sua carriera sportiva ha fatto un po’ l’altalena tra la LNA e e la LNB, giocando nelle due realtà cantonali principali, ossia Lugano e Ambrì.

Nell’HCL ho fatto tutte le giovanili fino ad arrivare alla massima divisione. In seguito mi sono spostato in diverse realtà, nelle quali ho potuto accrescere le mie conoscenze hockeistiche e non solo, con esperienze ogni volta differenti, ma sempre stimolanti.

Quali ricordi ha conservato di questa lunga esperienza?

Diciamo che tutte le squadre mi hanno dato qualcosa, anche se in primo piano vanno logicamente i momenti vissuti con i bianconeri e poi con i biancoblu. Non posso comunque dimenticare il titolo cadetto vinto con il Visp o il grande recupero che c’è stato con lo Chaux-de-Fonds nella semifinale playoff di LNB: eravamo sotto 3-0 nella serie contro il Losanna, ma siamo riusciti a girare la situazione e a passare il turno, anche se poi abbiamo perso nell’atto finale. L’ambiente neocastellano era eccezionale, del resto quella era ed è sempre stata una piazza storica nell’hockey svizzero. C’era tanto entusiasmo e la gente ci faceva sentire la sua vicinanza.

Parliamo brevemente di Lugano e Ambrì. Partiamo dai leventinesi la scorsa primavera hanno deciso di dare una svolta, dopo anni di delusioni e amarezze.

Dirigenti e staff tecnico lo avevano detto fin dal principio: la squadra è giovane e occorre del tempo per plasmarla. Bisogna lasciar lavorare Cereda che è un ottimo allenatore. Basta vedere quello che ha fatto con il Biasca per rendersene conto. Certo, le due piazze sono completamente differenti, tuttavia Cereda sa il fatto suo. Il collettivo deve crescere, D’Agostini e Plastino sono due giocatori che mi piacciono, i giovani promettono ma, come detto, lasciamo loro il tempo di amalgamarsi per correggere i loro errori. Sono convinto che alla fine arriveranno anche i risultati …

Il Lugano dal canto suo ha ripreso a… volare.

I bianconeri hanno una squadra molto competitiva e delle linee ad alto rendimento, come ad esempio quella composta da Hofmann, Lapierre e Fazzini. Un trio eccezionale che sta dando energia a tutta la squadra. Uno dei migliori blocchi in Svizzera. L’HCL mi sembra più solido rispetto a quello della scorsa stagione, Lajunen è un giocatore molto preciso, Klasen è sempre spet tacolare ma all’occorrenza bada al sodo quando si tratta di liberare il proprio terzo. Due ottimi giocatori che si integrano perfettamente in un team che a mio avviso merita di stare ai vertici della classifica.

Ora l’hockey è diventato ormai parte del suo passato. Questo perché è entrato a far parte di una nuova “squadra”: quella del Consigliere di Stato Norman Gobbi. Avrebbe mai immaginato uno scenario professionale del genere nel suo futuro extra sportivo?

Sapevo che a 33 anni era giunto il momento di dare una svolta alla mia carriera. Ed è per questa ragione che ho cominciato a guardarmi in giro, trovando alla fine questo lavoro che, confesso, mi sta affascinando, proprio perché presenta una moltitudine di attività al suo interno.

Lei è a Bellinzona da due mesi, ancora troppo presto per stilare un bilancio. Deve logicamente conoscere ancora molti aspetti della sua nuova attività…

Assolutamente, cerco di farlo imparando e dialogando con tutto il gruppo di persone che appunto lavorano in questo Dipartimento. È indispensabile essere molto precisi per far sì che ogni decisione sia pianificata e porti così dei reali benefici. In questo senso i colleghi mi stanno aiutando e per questo li ringrazio sentitamente.

Ci sono similitudini fra la sua nuova attività e quella del giocatore di hockey?

Diciamo che i principi sono identici anche se in un contesto completamente differente. Nel disco su ghiaccio devi capire al momento giusto come devi produrre una certa azione per far funzionare il collettivo. Nell’attività che svolgo ora occorre sì avere una visione strategica molto ampia ma poi bisogna essere capaci di trovare le giuste soluzioni per far sì che i numerosi pezzi del puzzle trovino il giusto incastro seguendo una precisa pianificazione. È un lavoro assolutamente molto stimolante.

Roman Botta, malgrado il suo nuovo impegno, non ha comunque dimenticato l’hockey. Lo commenta come opinionista televisivo per UPC My Sports, com’è accaduto per la prima volta in occasione del secondo derby stagionale giocato alla Valascia.

Non potevo certamente rinunciare a uno sport come questo, che crea sempre tanta adrenalina. Se poi parliamo di derby allora le emozioni, anche per chi commenta la partita dalla postazione televisiva, rimangono intatte. Mi sono divertito moltissimo, anche se è stata una sudata perché comunque devi seguire ogni minimo aspetto del match, anche i dettagli che spesso fanno la differenza sul piano tattico. Era da aprile, cioè da quando ho deciso di smettere, che non entravo in una pista. Devo ammettere che l’ambiente era eccezionale, ti senti coinvolto, anche se sei un giornalista o un opinionista come il sottoscritto. L’hockey mi diverte, anche… al microfono.

B.C.

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