Anche droni e cani contro la peste suina

Anche droni e cani contro la peste suina

Nei boschi del Penz si testano uomini e materiali per combattere la malattia che colpisce cinghiali e suini. Impiegati anche cani da traccia e droni

La malattia che colpisce cinghiali e maiali è ormai a 46 chilometri dal Ticino. Nei boschi del Penz si affinano materiali e tecniche di intervento: le autorità vogliono farsi trovare pronte.
I boschi del Mendrisiotto, così come quelli del Gambarogno, potrebbero essere una delle porte d’entrata della peste suina africana sul nostro territorio. Le autorità devono quindi farsi trovare pronte. Dopo la prova dello scorso autunno nel Luganese, in questi giorni è la zona della collina del Penz di Chiasso a ospitare una nuova esercitazione. Sul campo sono impegnati l’Ufficio del veterinario cantonale del Dipartimento della sanità e della socialità; la Sezione del militare e della protezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni; l’Ufficio caccia e pesca del Dipartimento del territorio e la Sezione dell’agricoltura del Dipartimento delle finanze e dell’economia in collaborazione con altri enti. Come la Protezione Civile, a supporto dell’Ufficio del veterinario cantonale in caso di situazioni di questo genere, con il compito principale di garantire la logistica a livello di posto comando, gestione informazioni delle pattuglie sul territorio e disinfezione del materiale. Anche il Consiglio di Stato, impegnato in una seduta extra muros a Chiasso, ha raggiunto la zona boschiva e seguito l’esercitazione.

‘L’allerta è cresciuta’
Anche la stampa ha potuto visitare il posto di controllo veterinario allestito a Riva San Vitale. Dopo un quadro della situazione, il veterinario cantonale Luca Bacciarini ha spiegato che negli ultimi tempi «l’allerta è cresciuta». L’ottobre scorso il virus, «innocuo per gli esseri umani, ma mortale per cinghiali e maiali», era stato accertato a 50-52 chilometri dal Ticino. «Gli ultimi casi di cinghiali che si spostano seguendo il parco del Ticino sono stati segnalati a 46 chilometri». La distanza sta quindi diminuendo «e i monitoraggi continuano». Nei Cantoni, e quindi anche in Ticino, «abbiamo un monitoraggio passivo per tutta una serie di malattie, compresa la peste suina africana, che porta a testare tutti i cinghiali trovati morti, anche per incidenti stradali o soppressi dai guardacaccia per malattia». Anche nel settore agricolo vengono controllati tutti i casi sospetti. «A livello nazionale abbiamo istituito una diagnosi di esclusione – ha sottolineato Bacciarini –. Anche dove non c’è il sospetto, ma comunque non lo si può escludere, non vengono subito presi provvedimenti sull’azienda, ma vengono fatti prelievi e analisi».

Simulati ritrovamenti
Alcune carcasse di cinghiale (è bene sottolinearlo, non contagiose e prive di virus) sono quindi state posizionate nella zona boschiva del Penz. Gli uomini impegnati nel posto di controllo veterinario sono in costante contatto con le squadre impegnate sul terreno e, in caso di rinvenimento, tutto viene segnalato sulle apposite mappe del territorio e una squadra di recupero viene inviata sul posto. «La prima cosa da fare è bloccare l’area dove sono presumibilmente presenti i cinghiali malati – ha spiegato ancora Bacciarini –. All’interno del bosco possono entrare unicamente le squadre che vanno a cercare le carcasse o chi deve fare lavori che non possono essere rimandati, come la vuotatura delle vasche di contenimento». Inizia poi la ricerca delle carcasse da testare e in seguito asportare. «La nostra scelta è di fare il prelievo sul posto, di solito dalla milza o se ci sono meno resti si può prendere un osso lungo, e fare in modo che i resti restino in un sacco che viene poi chiuso ermeticamente e riportato al posto veterinario, dove tutto il materiale utilizzato viene pulito e disinfettato, o direttamente alla ditta che smaltisce le carcasse». Uno degli obiettivi, ha aggiunto il veterinario cantonale, «è anche quello di limitare l’espansione della malattia. Non è detto che se la malattia viene riscontrata, tutti i cinghiali di quella zona siano morti di peste suina africana. Dopo questo lavoro ci sono tutta una serie di operazioni che devono essere effettuate, come il monitoraggio delle aziende agricole che hanno suini per determinare il prima possibile se c’è stata contaminazione». Esercitazioni come quella che terminerà oggi a Chiasso servono a «valutare se tutto quello che abbiamo progettato e preparato per interventi di questo genere, le strutture, il materiale e la formazione del personale sono adeguati o meno allo scopo».

Persone, cani e droni
Nella zona del laghetto di Pedrinate entriamo nel vivo dell’esercizio. Ad attenderci la veterinaria cantonale aggiunta Chiara Menegatti e un drone. Le ricerche possono infatti essere effettuate con le persone, con i cani da traccia addestrati alla ricerca di carcasse o con i droni, che permettono di perlustrare superfici più vaste in modo più rapido. «Nella giornata di martedì e mercoledì mattina sono stati utilizzati degli aiuti nelle attività di ricerca – ha spiegato Menegatti –. Dopo i cani da traccia, a essere testato è il drone per simulare la ricerca di quelli che sono gli animali vivi presenti sul terreno, che potrebbero anche essere cinghiali già venuti a contatto con la malattia, o altri animali selvatici o domestici presenti in zona». Il drone può inoltre essere «un valido supporto alla gestione delle squadre: il personale che si distribuisce per cercare le carcasse è dotato di GPS e può così essere monitorato in tempo reale dall’attività del drone». Il drone, ha aggiunto la veterinaria, è «uno strumento estremamente performante», ma presenta anche delle «criticità». Per il Penz queste sono legate «alla presenza di foglie sugli alberi. Siamo in un bosco di latifoglie che scherma la visione dall’alto. Anche la termo-camera che abbiamo usato principalmente in questo esercizio ha delle difficoltà a passare lo strato di fogliame. Il drone è quindi uno strumento valido sicuramente nelle stagioni dove la foglia non è presente nelle aree dove non c’è la copertura boschiva».

Consigli utili
Per prevenire lo sviluppo della malattia – l’evoluzione della situazione può sempre essere monitorata sul sito www.ti.ch/pestesuina – sono state emanate una serie di raccomandazioni. È vietato foraggiare gli animali selvatici e i suini con resti alimentari: tutti i resti di cibo devono essere smaltiti in modo che siano inaccessibili ai cinghiali; al rientro da una regione colpita dalla peste suina africana è vietato portare con sé dai territori toccati provviste per il viaggio (carne e insaccati). Il rinvenimento di carcasse di cinghiali va subito segnalato, indicando il luogo del ritrovamento e scattando delle fotografie, allo 091 814 41 08 o al 117 (fuori orario ufficio e giorni festivi).

Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 8 maggio 2025 del Corriere del Ticino

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Esercitazione contro la peste suina africana

Esperti riuniti mei boschi di Pedrinate per testare droni e squadre. L’obbiettivo è fermare un virus letale per cinghiali e maiali. Zero per ora i casi rilevati

https://www.rsi.ch/info/ticino-grigioni-e-insubria/Esercitazione-contro-la-peste-suina-africana–2810308.html