Gli svizzeri chiedono sicurezza con un esercito più forte

Gli svizzeri chiedono sicurezza con un esercito più forte

Norman Gobbi commenta un recente sondaggio sul ruolo delle forze armate

Un quadro preoccupante o, meglio, preoccupato, emerge dallo studio “Sicurezza 2025” pubblicato dall’Accademia militare svizzera e dal Centro di studi sulla sicurezza, entrambi affiliati al Politecnico federale di Zurigo. La popolazione elvetica manifesta infatti crescenti timori per la situazione geopolitica internazionale e chiede risposte concrete in termini di difesa e cooperazione internazionale.
I dati raccolti tra gennaio e febbraio 2025 su un campione di 2’091 cittadini aventi diritto di voto rivelano un cambiamento significativo nella percezione della sicurezza. L’81% degli intervistati si dichiara pessimista sulla situazione politica globale, una percentuale praticamente invariata rispetto al 2024, ma che testimonia la persistenza delle preoccupazioni. Più significativo è il calo dell’ottimismo sul futuro della Svizzera stessa: solo il 69% si mostra fiducioso, contro il 79% dell’anno precedente. Questo deterioramento dell’umore nazionale si riflette anche nella sensazione generale di sicurezza, scesa all’86% rispetto al 92% del 2024.
In questo contesto di incertezza crescente, gli svizzeri privilegiano chiaramente la sicurezza rispetto alla libertà personale”, esordisce Norman Gobbi, “una tendenza che segna una svolta importante nella mentalità nazionale. La richiesta di un esercito forte e ben equipaggiato è quasi unanime: l’80% considera l’esercito necessario o indispensabile, mentre il 90% vuole forze armate “molto ben addestrate” e il 74% “completamente equipaggiate. Questi numeri, seppur leggermente inferiori al 2024, restano impressionanti e dimostrano il consenso trasversale attorno alla necessità di una difesa efficace”.
La disponibilità a investire maggiori risorse nella difesa raggiunge il picco dal 1986, con il 24% dei cittadini favorevoli a incrementare la spesa militare. Il tradizionale sistema di milizia basato sul servizio obbligatorio mantiene un solido sostegno del 60%.
Per Gobbi, “questo risultato conferma l’attaccamento a un modello di difesa radicato nella storia e nell’identità nazionale svizzera”.
Particolarmente significativo è l’atteggiamento verso la NATO. Una maggioranza del 53% si dichiara favorevole al rafforzamento dei legami con l’Alleanza atlantica, mentre il 32% sostiene addirittura l’adesione completa della Svizzera all’organizzazione. “Questi dati rappresentano un’evoluzione notevole per un paese tradizionalmente neutrale e indicano come le sfide geopolitiche contemporanee stiano ridefinendo le priorità strategiche nazionali”, commenta Gobbi, che prosegue: “l’invasione russa dell’Ucraina ha chiaramente influenzato la percezione della neutralità svizzera: sebbene l’87% della popolazione rimanga ancora favorevole a questo principio fondamentale, si tratta di un calo significativo rispetto al 97% registrato prima dello scoppio della guerra”. Per il 28% degli intervistati, la Svizzera dovrebbe inoltre prendere posizioni più nette nei conflitti militari internazionali, mentre il 40% ritiene che l’interdipendenza economica e politica renda ormai impossibile una vera neutralità.
Sul fronte delle politiche di genere nella difesa, emerge un forte sostegno all’uguaglianza: il 67% della popolazione approva l’estensione del servizio obbligatorio alle donne, pur lasciando loro la scelta tra servizio militare, civile o sociale. Tuttavia, l’introduzione del servizio militare obbligatorio specificamente per le donne raccoglie ancora solo il 47% dei consensi. “Questa apertura è un riflesso positivo del dibattito sociale di questi ultimi anni, che ha visto superare i pregiudizi su funzioni prettamente maschili o femminili e pone al centro il contributo che il cittadino, indipendentemente dal genere, può dare al suo Paese”, commenta Gobbi.
Interessante notare come gli svizzeri si mostrino meno entusiasti verso forme di cooperazione internazionale più “soft”: il rafforzamento della mediazione dei conflitti ottiene il 72% di approvazione, mentre l’aumento degli aiuti allo sviluppo si ferma al 52%. Per Gobbi questo aspetto è significativo perché “suggerisce una preferenza per approcci più diretti e concreti alla sicurezza rispetto a strategie diplomatiche o umanitarie”,
Il sondaggio rivela una popolazione svizzera che, pur mantenendo alcuni pilastri della propria identità nazionale, si sta adattando pragmaticamente alle nuove realtà geopolitiche. La richiesta di un esercito più forte e di maggiore cooperazione internazionale non rappresenta un abbandono dei valori tradizionali, ma piuttosto la loro evoluzione di fronte alle sfide del XXI secolo. Gli svizzeri sembrano aver compreso che la sicurezza nazionale richiede oggi un equilibrio più sofisticato tra neutralità, cooperazione internazionale e deterrenza militare credibile; anche se l’eventuale collaborazione con la NATO chiederà un voto popolare tutt’altro che scontato”, conclude il Consigliere di Stato. 

Articolo pubblicato nell’edizione di domenica 22 giugno 2025 de Il Mattino della domenica