Norman Gobbi commenta gli insegnamenti tratti dalle alluvioni dello scorso anno
Un anno fa, nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024, violenti temporali hanno colpito l’Alta Vallemaggia, provocando otto morti e una devastazione senza precedenti nelle valli Bavona e Lavizzara. La Val Lavizzara, in particolare, ha subito danni enormi che hanno stravolto completamente il paesaggio e le comunità locali. Come ha dichiarato il sindaco di Lavizzara, Gabriele Dazio: “Siamo stati toccati in modo spaventoso dalla furia delle acque. In poche ore questo evento ha cancellato buona parte del nostro territorio”.
Le conseguenze immediate sono state drammatiche: sette morti confermati e un disperso che non è stato possibile rintracciare, mentre l’Alta Vallemaggia è rimasta isolata dopo che l’alluvione ha spazzato via il ponte Visletto. La frazione di Fontana, in particolare, è stata devastata dalle colate di fango e detriti, diventando simbolo della catastrofe che ha colpito la regione.
“Dodici mesi dopo, la ricostruzione procede con determinazione ma non senza difficoltà”, esordisce il Consigliere di Stato Norman Gobbi. “Le autorità hanno formato un gruppo dedicato subentrato nella terza fase della ricostruzione, mentre nelle fasi iniziali, oltre all’esercito sono stati impiegati 538 militi di Protezione civile con 3.414 giorni di servizio per gestire l’emergenza e i primi interventi”.
La comunità locale ha dimostrato una resilienza straordinaria. Come sottolineato da Giacomo Garzoli, Presidente ERS-LVM: “La capacità di reagire alle avversità è nel carattere dei valmaggesi”. Tuttavia, le sfide finanziarie rimangono enormi. Nel frattempo, la Val Bavona sta vedendo progressi concreti. La sindaca di Cevio, Wanda Dadò, ha annunciato che “tutto procede al meglio”. Un segnale positivo arriva anche dal riconoscimento internazionale: la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ha attribuito il premio “Paesaggio dell’anno” alla Fondazione Valle Bavona e al Comune di Cevio.
“L’esperienza della catastrofe ha evidenziato la necessità di rafforzare i sistemi di prevenzione e gestione del rischio idrogeologico”, prosegue Gobbi. “Per fronteggiare efficacemente future catastrofi naturali, è necessario adottare un approccio integrato che combini prevenzione, preparazione e capacità di risposta. In primo luogo, occorre investire in sistemi di monitoraggio meteorologico avanzati e reti di allerta precoce più capillari, che possano fornire avvisi tempestivi alle comunità a rischio. La manutenzione costante del territorio risulta fondamentale: la pulizia dei corsi d’acqua, la gestione dei versanti instabili e il controllo della vegetazione possono ridurre significativamente i rischi di esondazioni e frane”.
“L’esperienza ha inoltre dimostrato l’importanza di avere persone sul posto che conoscano il territorio, che possano aiutare gli enti di intervento in caso di necessità”, prosegue Gobbi, sottolineando come “questo richiede il rafforzamento del presidio territoriale e della formazione delle comunità locali nella gestione delle emergenze. Sul fronte infrastrutturale, è necessario rivedere la pianificazione territoriale considerando i nuovi scenari climatici. Gli eventi estremi stanno diventando più frequenti e intensi, richiedendo una progettazione delle opere di difesa che tenga conto di questi cambiamenti. Le casse di espansione, i canali di diversione e le opere di rallentamento delle acque devono essere dimensionate per fronteggiare precipitazioni sempre più intense. La sfida principale sarà quella di bilanciare la necessità di ricostruire rapidamente con l’obiettivo di aumentare la resilienza del territorio. Questo significa non solo riparare i danni, ma ripensare l’assetto territoriale in chiave preventiva, investendo in infrastrutture verdi, migliorando la gestione delle acque e creando zone tampone lungo i corsi d’acqua”.
“L’esperienza della Lavizzara e della Bavona deve diventare un caso di studio per altre regioni alpine, dimostrando che è possibile ricostruire meglio di prima, coniugando la tradizione montana con le moderne tecnologie di prevenzione del rischio. Solo attraverso un impegno condiviso tra istituzioni, comunità locali e esperti sarà possibile trasformare questa tragedia in un’opportunità per costruire un futuro più sicuro e sostenibile per l’Alta Vallemaggia e per l’intero Ticino”, conclude Gobbi.
Articolo pubblicato nell’edizione di domenica 29 giugno 2025 del Mattino della domenica
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In Vallemaggia è tempo di progettare il futuro
Alla RSI le testimonianze di chi non dimentica quella notte. Oltre la commozione c’è la voglia di guardare avanti magari sulle note di una canzone scritta apposta per loro dai Make Plain
Domenica si sono commemorati a Piano di Peccia i primi 365 giorni passati dalle alluvioni che hanno colpito la Vallemaggia. Un periodo di tempo che segna una sorta di soglia psicologica, che separa quanto fatto finora da quanto ancora resta da fare.
Si chiude forse anche psicologicamente un capitolo dopo un anno, come ha riferito al Quotidiano della RSI il sindaco di Lavizzara, Gabrile Dazio, per aprirne aprirne un altro ossia quello della ricostruzione vera e propria fa portare avanti – dice – nel modo più celere possibile perchè le persone si aspettano risposte chiare.
Il tempo trascorso, come indicato da Luca Imperiali del gruppo Make Plain che quella sera tremenda era sul campo sportivo a suonare al torneo di calcio della Valle di Peccia, è stato utile a “metabolizzare e lavorare, per mettere nero su bianco delle parole, dei versi di una canzone che vuole chiaramente ricordare quanto successo”. Un brano dedicato “a tutte le persone che purtroppo un anno fa hanno subito delle conseguenze a causa del maltempo”.
“Mi ricordo che ha piovuto tantissimo – ha riferito una giovane – veramente tantissimo e questo creava un po’ di preoccupazione. Poi quando è saltata la luce e si è iniziato ad avere qualche notizia, ci siamo resi conto che stava succedendo qualcosa, qualcosa di grosso e poi abbiamo cercato di gestire la situazione come meglio si poteva”. La stessa giovane, nel giorno della commemorazione, sottolinea i sensi contrastanti di un giorno di festa come quello di domenica con quanto torna alla mente, con quanto è accaduto un anno fa. Qualcuno ammette di non essere più tornato in valle, altri quando il cielo promette più di una semplice pioggia non possono non provare un “forte senso di preoccupazione”.
È tempo di nuovi tornei di calcio, di feste sotto il capannone, di una ricostruzione che parte dall’anima, non solo da mattoni e asfalto.
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Vallemaggia, il giorno che tutto cambiò
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