Confine: i valichi secondari non si chiudono più

Confine: i valichi secondari non si chiudono più

Servizio all’interno dell’edizione di venerdì 15 giugno 2018 de Il Quotidiano

Chiusura valichi bocciata
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Articolo pubblicato nell’edizione di sabato 16 giugno 2018 del Corriere del Ticino

Il Consiglio federale boccia il progetto: «Debole impatto sulla criminalità» – Si propone di posare delle barriere Norman Gobbi: «Berna ha ascoltato l’Italia invece che il Ticino» – Roberta Pantani: «L’alternativa è un contentino»

Sulla chiusura notturna dei valichi secondari in Ticino è calato definitivamente il sipario. In una lettera al Consiglio di Stato, Berna ha comunicato che non intende estendere il progetto pilota rilevando come la misura – che ha interessato per sei mesi i valichi di Novazzano-Marcetto, Pedrinate e Ponte Cremenaga – non ha prodotto un impatto tangibile sulla criminalità transfrontaliera. Ma ad influire sulla decisione del Consiglio federale è stato anche un altro fattore: le criticità espresse da oltre frontiera. Come si legge nella missiva inviata a Bellinzona «da colloqui con l’Italia è inoltre emerso che una chiusura notturna dei confini non sarebbe ben vista e porterebbe a dissapori». Dissapori che, evidenzia la lettera firmata dal presidente della Confederazione Alain Berset, «a loro volta potrebbero ripercuotersi negativamente sulla collaborazione in materia di migrazione (riammissione di migranti illegali)». Nato sullo slancio di una mozione presentata nel 2014 dalla consigliera nazionale leghista Roberta Pantani, il provvedimento è stato archiviato da Berna che, quale contropartita, propone delle «misure alternative». Ovvero la posa di barriere nei valichi secondari che verranno però «chiuse solo in caso di necessità». Un accorgimento questo che andrà ad affiancare le misure già in essere quali il rafforzamento della collaborazione in ambito di polizia con l’Italia, l’aumento degli effettivi delle guardie di confine e l’installazione di telecamere di videosorveglianza.

Amarezza e poca considerazione
Ma come è stata presa la decisione in Ticino? Da noi contattato, il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi non ha mancato di esprimere amarezza di fronte alla scelta di Berna. «Possiamo dire che il Consiglio federale ha ascoltato di più l’Italia che non la popolazione ticinese e i Comuni della fascia di confine che, di recente, avevano scritto a Berna sostenendo la mozione Pantani. Insomma, il Consiglio federale ha preferito non aprire un fronte con l’Italia su un tema che, visto il cambio di Governo nella vicina Penisola, forse poteva essere ridiscusso». Dello stesso avviso Pantani che non usa mezzi termini nel definire le misure alternative «dei contentini». Ma non solo. «Ritengo – ci spiega – che i cittadini residenti nelle zone di confine e in particolare nelle vicinanze dei valichi secondari abbiano il diritto di sentirsi sicuri. Per questo, a suo tempo, erano state fatte delle raccolte firme e la mia mozione voleva essere un aiuto in questo senso. È chiaro che ora bisognerà valutare i passi da fare. Prendo atto della decisione del Consiglio federale, ma non escludo di tornare ad insistere sulla questione delle chiusure notturne». A farle eco è stato anche il collega al Nazionale Marco Romano (PPD) che su Facebook ha parlato di «decisione inaccettabile e irrispettosa della volontà del Parlamento. La sicurezza non è fatta solo da statistiche, ma anche da elementi e aspetti soggettivi. I valichi secondari vanno chiusi di notte, senza concessioni e senza remore». Ma la decisione, rileva Gobbi, è di competenza federale e di conseguenza alle autorità cantonali non resta che rassicurare la popolazione, «ricordando che l’attività di contrasto alla criminalità transfrontaliera rimane un ambito prioritario per le nostre forze dell’ordine che continueranno a seguire con attenzione l’evolversi della situazione. Viste le problematiche della porta Sud della Svizzera, la necessità di presidiare le zone di confine – visto che non si vuole chiudere i valichi secondari – rimane prioritaria».

Di coraggio e lunghe attese
Infine, malumori sono stati espressi anche dai sindaci dei Comuni toccati dal progetto. In particolare, il primo cittadino di Novazzano Sergio Bernasconi si dice deluso non da ultimo a causa della lunga attesa per la decisione di Berna. «Mesi e mesi per partorire una decisione che scontenta tutti e con aspetti ancora da chiarire, come quello relativo all’uso futuro di barriere “solo in caso di necessità’’ – rileva – con tutto il tempo trascorso, si sarebbe potuto anche trovare un accordo con l’Italia invece di giungere a questa conclusione». Dispiaciuta ma non sorpresa è Sonia Colombo-Regazzoni, capodicastero Sicurezza pubblica di Chiasso. «Personalmente – afferma – ero consapevole che la misura sarebbe stata di difficile attuazione». Lo sbarramento notturno dei valichi secondari, aggiunge, avrebbe probabilmente avuto uno scarso impatto dal profilo oggettivo, ossia in termine di riduzione del numero di reati, ma avrebbe certamente rafforzato la percezione soggettiva di sicurezza degli abitanti nelle zone a confine con l’Italia. L’auspicio della municipale chiassese è dunque che venga mantenuto un occhio di riguardo per le realtà di frontiera, magari accrescendo il numero di guardie di confine. Misura, questa, ritenuta «più fattibile e anche più efficace per il mantenimento della sicurezza». Dal Mendrisiotto al Luganese, a non nascondere un certo «dispiacere» è anche il sindaco di Monteggio Piero Marchesi, interessato dal provvedimento per il valico di Ponte Cremenaga: «Se misurare dei mutamenti in termini oggettivi risultava difficile, visto anche la corta durata della fase pilota, sul piano della sicurezza percepita gli abitanti avevano notato un netto miglioramento». In merito alla decisione di Berna ad ogni modo Marchesi non si dice sorpreso: «Non mi stupisce, quando ci vuole coraggio il Consiglio federale è spesso assente. Le contromisure? Non le ritengo efficaci».

 

Articolo pubblicato nell’edizione di sabato 16 giugno 2018 de La Regione

‘Queste misure sono cerotti’

Il Consiglio federale decide di non introdurre la chiusura notturna dei valichi secondari. Saranno posate delle barriere da utilizzare in caso di necessità. La delusione di Roberta Pantani. ‘Non mollo: valuterò ulteriori interventi’.

I valichi secondari saranno muniti di barriere che verranno chiuse solo in caso di necessità, per esempio quando la polizia organizza una ricerca. Niente chiusure notturne, quindi, come postulato dalla consigliera nazionale leghista, e vicesindaco di Chiasso, Roberta Pantani in una mozione presentata nel 2014. La decisione è stata presa ieri dal Consiglio federale a seguito dei sei mesi di prova che, dal 3 marzo al 30 settembre dell’anno scorso, hanno interessato i valichi di Novazzano-Marcetto, Pedrinate e Ponte Cremenaga. Durante questo periodo, spiega il Dipartimento federale delle finanze in un comunicato, “è risultato che una chiusura a livello cantonale dei valichi di confine non avrebbe una notevole incidenza sul tasso di criminalità. Da colloqui con l’Italia è inoltre emerso che una chiusura notturna dei confini potrebbe ripercuotersi negativamente sulla buona collaborazione nell’ambito della sicurezza dei confini e della migrazione”. Roberta Pantani non nasconde la sua delusione. «Le misure comunicate dal Consiglio federale sono dei cerotti rispetto alla richiesta della mia mozione che chiedeva di chiudere tutti i valichi secondari durante la notte. Se ne erano individuati alcuni e si sarebbe solo dovuto continuare con la misura – commenta la consigliera nazionale –. La posa di barriere da usare alla bisogna mi sembra una soluzione di ‘menavia’». Il rammarico deriva anche dal fatto che «dall’altra parte del confine oggi la politica è quella del prima chiudere e poi discutere. Il Consiglio federale non ha avuto questo coraggio». Roberta Pantani non ha intenzione di arrendersi. «Sono delusa – conclude – ma non mollo: valuterò ulteriori interventi». Il Consiglio federale sottolinea di essere “consapevole dell’importanza del confine meridionale per la sicurezza”. Negli anni passati “sono state adottate varie misure per garantire la sicurezza del Canton Ticino”. E inoltre “il rivisto accordo in materia di polizia con l’Italia permette ora una migliore collaborazione transfrontaliera. L’effettivo delle Guardie di confine in Ticino è stato aumentato e la centrale cantonale di allarme a Bellinzona consente una più stretta collaborazione per garantire la sicurezza del confine”.

La sicurezza rimane prioritaria
Il Dipartimento delle istituzioni aveva sostenuto la richiesta contenuta nella mozione di Roberta Pantani. Prendendo atto della decisione e in attesa delle analisi svolte dai servizi federali per comprendere le ragioni che hanno portato il Consiglio federale a rinunciare alla chiusura notturna dei valichi secondari, in una nota il Dipartimento “intende rassicurare la popolazione ticinese, e in particolare i residenti nella fascia di confine. L’attività di contrasto alla criminalità transfrontaliera rimane un ambito prioritario per le forze dell’ordine del nostro Cantone, che continueranno a seguire con la massina attenzione l’evolversi della situazione sul terreno”. Le autorità ticinesi “intendono vigilare sull’attuazione delle misure complementari annunciate dalla Confederazione e sulla loro efficacia per l’attività di contrasto alla criminalità transfrontaliera”. Si rileva inoltre come, in generale, il numero di furti commessi sul territorio cantonale stia ulteriormente diminuendo anche in questi primi mesi del 2018, a seguito delle varie misure adottate dal Dipartimento delle istituzioni e dalla Polizia cantonale in collaborazione con il Corpo federale delle Guardie di confine e le Polizie comunali ticinesi.

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