Comunicato stampa di Alleanza Sicurezza Svizzera
Il PS antepone l’ideologia alla sicurezza della Svizzera: con delle fake news sta sabotando l’adeguamento – urgentemente necessario – della Legge sul materiale bellico (LMB). Tuttavia questi fumogeni ideologici della sinistra non attecchiscono: le affermazioni false si possono confutare facilmente – i diritti umani continueranno ad essere protetti anche in futuro. Una volta smascherate le fake news, la strada è libera per una discussione oggettiva sul perché le esportazioni di armamenti prodotti in Svizzera siano indispensabili per la nostra sicurezza.
L’invasione russa dell’Ucraina ha messo impietosamente in luce gli errori dell’inasprimento delle regole di esportazione di materiale bellico: i nostri principali Paesi partner, come Germania, Francia e Italia, non acquistano più materiale armamenti di provenienza svizzera. I motivi sono due: in primo luogo, se la NATO venisse trascinata in un conflitto con la Russia, gli Stati europei non riceverebbero più munizioni o pezzi di ricambio dalla Svizzera. In secondo luogo, non possono scambiare fra loro beni acquistati in Svizzera – condizione che oggi rappresenta una base imprescindibile per le procedure di acquisto.
La politica ha reagito e nella Sessione invernale deciderà in merito a due correzioni: primo, le aziende svizzere devono poter esportare i loro armamenti anche nei Paesi partner quando questi si trovano coinvolti in un conflitto. Anche la riesportazione è di base ammessa. Resta tuttavia garantito per legge che nessuna fornitura possa avvenire in caso di violazioni sistematiche dei diritti umani, di alto rischio di riesportazione verso destinatari indesiderati o di impiego contro la popolazione civile. Inoltre, il Consiglio federale può vietare esportazioni per ragioni di politica di sicurezza o di neutralità.
Divieto di forniture di armi a Paesi con violazioni dei diritti umani
I comunicati del PS contengono descrizioni quasi deliranti: «In futuro le armi svizzere potranno di nuovo essere esportate in Paesi in guerra civile come il Sudan oppure verso Stati che commettono gravi violazioni dei diritti umani come l’Arabia Saudita» (comunicato stampa del PS dell’11.11.2025).
Michael Götte, consigliere nazionale UDC, ha replicato in modo chiaro durante la conferenza stampa: «La Svizzera continuerà a non esportare armi in Paesi in guerra civile o in Paesi che non rispettano i diritti umani. Questo rimane proibito.» Il consigliere nazionale Heinz Theiler (PLR SZ) si è espresso così: «Il Consiglio federale può porre il veto anche per i Paesi LMB-2 per ragioni di politica estera, di sicurezza e di neutralità. Anche la neutralità rimane garantita. Il PS fa solo del facile allarmismo per preparare il proprio referendum.»
Linee guida chiare per l’export
Anche Andrea Gmür-Schönenberger, consigliera agli Stati Il Centro, ha sottolineato: «Il Consiglio degli Stati, ma anche la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale, definiscono un quadro chiaro, il quale permette l’export verso i nostri Paesi partner, Paesi che in quanto Stati di diritto stabili sottostanno agli stessi obblighi internazionali della Svizzera nel commercio di armamenti.»
Fermare l’esodo delle aziende che producono armamenti – senza una propria industria degli armamenti, è a rischio la sicurezza della Svizzera
Con la legislazione attuale, la Svizzera viene esclusa nel settore della difesa dalle catene di fornitura, dalla ricerca e dalla cooperazione internazionale – Senza una propria industria degli armamenti, la sicurezza della Svizzera è compromessa. Non si tratta solo delle grandi imprese, ma di centinaia di PMI: «Il PS ignora una parte essenziale della nostra realtà economica: numerose PMI sono dei fornitori di questi produttori. Imprese come la mia, con circa 70 collaboratori, sono fortemente colpite dall’esodo di questi produttori.», ha dichiarato Giovanni Gaggini, presidente del CdA di Poretti & Gaggini SA.
E è stato il solo, anche Christoph Bertschi, co-fondatore & CEO di CDDS.ai, ha riportato come: «Un allentamento responsabile, come proposto dal Consiglio degli Stati e dalla CPS del Consiglio nazionale, ci permetterebbe di avviare la produzione in Svizzera e generare un importante valore aggiunto a livello economico: potremmo creare nuovi posti di lavoro, mantenere in Svizzera tecnologie di alta qualità e contribuire a sviluppi innovativi anche in futuro.»