Carceri ticinesi sempre più sotto pressione

Carceri ticinesi sempre più sotto pressione

Da www.cdt.ch

Nel 2018 l’occupazione ha toccato il 91,9%
Norman Gobbi: «Servono misure d’urgenza» – Intanto si lavora al nuovo carcere cantonale
Le carceri ticinesi sono sotto pressione e, anche se la sicurezza rimane garantita, occorre individuare al più presto nuove soluzioni. È quanto emerso nel corso del bilancio del settore esecuzione pene e misure durante il quale il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi ha annunciato che, per far fronte al continuo aumento dell’occupazione delle carceri, «verrà creato un comparto per la gestione dei detenuti definiti “particolari”.
Una tipologia questa che comprende casi psichiatrici non gravi o tossicodipendenti e che sta registrando una continua crescita che diventa sempre più onerosa in termini organizzativi». Entro la fine dell’anno verranno così create 12 nuove celle destinate a questa categoria di detenuti e come pure «incrementata la videosorveglianza». Una contromossa questa che mira a risolvere, almeno in parte, il problema dell’occupazione media che nel 2018 ha toccato il 91,9%.
«L’anno scorso il tasso di occupazione ha ricalcato quello del 2017 attestandosi attorno alle 234 presenze giornaliere», ha rimarcato il direttore delle strutture carcerarie cantonali Stefano Laffranchini-Deltorchio. «Cifre queste tutt’altro che positive. Anzi, si può dire sì che siamo rimasti stabili. Ma nella criticità. Basta pensare che la Farera, con una presenza media di 73 prevenuti, ha ripetutamente sfiorato il collasso. Sia per i posti a disposizione, sia per le difficoltà date dalla gestione dei detenuti problematici». Cifre alla mano, se la maggioranza dei reati concerne violazioni alla Legge federale sugli stupefacenti legate soprattutto al traffico e al consumo di droga, in termini di nazionalità il 70% di detenuti alla Stampa sono stranieri mentre alla Farera la percentuale sale al 90%. Un aspetto questo da non sottovalutare poiché, come sottolineato da Gobbi, «il fatto che due terzi dei carcerati siano stranieri influisce sull’occupazione poiché, sovente, per evitare il rischio di fuga di queste persone non viene loro concessa la reintroduzione sul territorio. Andando così ad incidere sull’occupazione». Da qui l’urgenza di implementare al più presto le misure citate in apertura.
E se queste si introducono nel corto-medio termine, lo sguardo del Dipartimento delle istituzioni si rivolge già al 2030. Quando dovrebbe vedere la luce il nuovo carcere cantonale. «Stiamo valutando nuove strutture per l’esecuzione della pena in altre località rispetto al Piano della stampa – ha precisato Gobbi – non dimentichiamo che la Stampa ha ormai 50 anni». E in attesa di individuare la nuova struttura, il Dipartimento ha incaricato la Sezione della logistica di avviare uno studio di fattibilità per ristrutturare il carcere cantonale di Torricella-Taverne da adibire a penitenziario femminile. «Entro giugno dovremmo ricevere i risultati dell’analisi – ha spiegato il consigliere di Stato – ci siamo infatti accorti che la popolazione carceraria femminile è in aumento anche a causa di bande rom che entrano in Ticino per commettere crimini sfruttando spesso minori e, appunto, donne». Per dirlo in cifre, l’anno scorso erano «89 le donne seguite in detenzione dall’Ufficio dell’assistenza riabilitativa», ha precisato la capoufficio Luisella Demartini-Foglia rilevando come «questo numero è in costante aumento e la crescita di detenute è un problema che si fa sentire».

Un aumento generale della popolazione carceraria che si è riflessa anche nel «raddoppio dei reclami ricevuti dalla Divisione della giustizia», ha rilevato la direttrice Frida Andreotti che ha poi lanciato uno sguardo all’organizzazione del settore rimarcando come «la frammentazione dei diversi attori attivi nel ramo non è sempre ottimale. Ecco perché abbiamo deciso di dare mandato a una società esterna per valutare una nuova organizzazione del settore più efficiente ed equilibrata. Analisi che dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno e fungerà da base per una futura revisione della legge». E proprio in termini di modifiche normative, a dirsi preoccupato per il continuo aumento della mole di lavoro è stato anche Maurizio Albisetti Bernasconi, presidente dell’Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi, che nello snocciolare i dati che hanno contraddistinto il 2018 (circa 2.000 decisioni prese di cui 1.400 di esecuzione della sanzione penale), ha precisato come «il lavoro continuerà ad aumentare se vengono affidati ulteriori compiti e nuove competenze al giudice dei provvedimenti coercitivi come con la nuova Legge sulla polizia. Insomma, non dimentichiamo che noi svolgiamo il ruolo di guardiani della sicurezza della collettività. Certo, poter disporre di un effettivo maggiore sarebbe auspicabile ma, d’altra parte, siamo consapevoli che la popolazione si è espressa chiaramente quando è stata chiamata a votare in merito al taglio del numero di giudici da 4 a 3».