Casellario, si apre una porta

Dal Corriere del Ticino | Sì alle iniziative ticinesi in Commissione degli Stati – Ora tocca alla gemella del Nazionale Due le possibilità da verificare: un negoziato con Bruxelles o un intervento autonomo

A Berna si è aperta una porticina per la contestata richiesta del casellario giudiziale a chi vuole lavorare in Svizzera. Una misura che il Ticino ha introdotto nell’aprile 2015 per chi richiede un permesso B (dimora) o G (frontaliere) e che è stata criticata sia dall’Italia che dal Consiglio federale.

Ieri invece la Commissione delle istituzioni politiche degli Stati ha accolto con un voto serrato due iniziative del Gran Consiglio ticinese, le quali chiedono al Parlamento federale di intervenire affinché le informazioni sui precedenti penali di cittadini UE possano essere richieste sistematicamente. Oggi l’accordo sulla libera circolazione delle persone permetterebbe di raccogliere tali informazioni solo in presenza di motivi fondati, come un possibile rischio per la sicurezza e la salute pubbliche.

Le due iniziative, presentate nel Legislativo cantonale dall’allora granconsigliere Lorenzo Quadri (Lega), sono state accolte con 6 voti contro 5 e 1 astenuto. La maggioranza è stata raggiunta grazie al voto preponderante (ovvero che vale doppio in caso di parità) del presidente Peter Föhn (UDC). Ora le iniziative dovranno passare al vaglio della Commissione gemella del Nazionale, dove siedono Marco Romano (PPD) e Roberta Pantani (Lega). Se verranno accolte, torneranno alla Commissione degli Stati che dovrà elaborare un progetto di legge. Quest’ultimo dovrà poi essere accolto da entrambe le Camere per entrare in vigore.

La strada è quindi ancora lunga, tuttavia il voto di ieri rappresenta pur sempre una nuova apertura nei confronti della misura ticinese. Nel maggio del 2015 il Nazionale aveva bocciato una mozione di Lorenzo Quadri dello stesso tenore, per l’incompatibilità di tale misura con la libera circolazione. Lo scorso maggio la Commissione degli Stati aveva poi sospeso l’esame delle due iniziative ticinesi; si voleva aspettare l’esito della votazione sulla Brexit, e capire se sarebbe stato possibile avviare con l’UE una rinegoziazione della libera circolazione.

Così non è stato, almeno per il momento, spiega il senatore Filippo Lombardi (PPD). Non è detto che in futuro si possa tornare a discutere con Bruxelles. La Commissione ha quindi deciso di tenere la porta aperta, anche in considerazione dell’esperienza fatta dal Ticino e riassunta in una lettera che è stata recapitata ai vari membri della Commissione. «Si è capito che il casellario viene richiesto per motivi di sicurezza e non come filtro per gestire l’immigrazione», afferma Lombardi. In un comunicato stampa, la Commissione si dice «pienamente consapevole» che la richiesta del casellario potrebbe risultare problematica. Tuttavia ritiene che occorra verificare se sia possibile giungere a un’intesa con l’UE oppure se sia possibile un’iniziativa autonoma da parte della Svizzera o di singoli Cantoni su un punto della libera circolazione, ritenuto d’importanza piuttosto secondaria».

Gobbi: «Niente illusioni»

Il capo del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi è soddisfatto ma tiene i piedi per terra. «Non mi faccio illusioni. Parliamo di una decisione commissionale che reputo comunque un segnale verso chi ha anche parlato di pietra d’inciampo nelle discussioni con l’Italia. Non si tratta di un blocco o di una barriera, ma di un filtro necessario. Tra le ultime persone a cui è stato negato il permesso troviamo condanne per estorsione, rapina o sequestro di persona. Vogliamo tutelare gli interessi del cantone impedendo l’entrata di potenziali criminali sul territorio». Da parte italiana però il casellario è considerato un ostacolo alla ratifica dell’accordo fiscale sui frontalieri. «Non si vuole discriminare i cittadini stranieri. Questo è il messaggio di cui dovranno tenere conto le Autorità federali nelle trattative con l’Italia. Messaggio che continueremo a portare a Berna. Per attuare la volontà popolare sul 9 febbraio gli accordi sulla libera circolazione andranno comunque rivisti».

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