“Chiesti più controlli alle frontiere”

“Chiesti più controlli alle frontiere”

Servizio all’interno dell’edizione di lunedì 18 gennaio 2021 de Il Quotidiano
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Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 19 gennaio 2021 del Corriere del Ticino

Controlli al confine Il Ticino non molla
Il Consiglio di Stato scrive a Berna e chiede di presidiare la frontiera con l’Italia Chiesti anche test rapidi per chi rientra in Svizzera da viaggi all’estero e la chiusura dei valichi secondari
Norman Gobbi: «Abbiamo constatato un aumento del traffico in entrata per motivi non legati al lavoro»

Nelle fasi iniziali della pandemia, ormai quasi un anno fa, la strategia di chiudere le frontiere è risultata molto efficace nel ridurre la diffusione del coronavirus. Nel momento in cui il virus si stava diffondendo inesorabilmente, quasi tutti i Paesi europei hanno scelto di chiudere i confini non solo alle regioni con focolai, ma anche a tutte le altre nazioni. In piena seconda ondata, però, questa strategia non è per il momento stata applicata e, come prevedibile, il tema dei controlli alla frontiera è tornato d’attualità anche alle nostre latitudini. Questa richiesta, lo ricordiamo, è stata avanzata dalle autorità cantonali già il 4 novembre e il 21 dicembre scorsi ma le sollecitazioni sono rimaste lettera morta. E ora, alla luce dei focolai di variante inglese sul territorio cantonale, con la campagna vaccinale in pieno svolgimento e il «semi-confinamento» deciso dal consiglio federale, nella giornata di domenica l’Esecutivo cantonale si è nuovamente rivolto a Berna rinnovando la richiesta di introdurre controlli sistematici e di chiudere i valichi minori (prevedendo però delle fasce orarie di eccezione in particolare per i valichi maggiormente utilizzati dai lavoratori del settore sanitario). Nella missiva, il Governo ha pure ribadito la propria preoccupazione per la situazione alla frontiera con l’Italia e ha avanzato la proposta di sottoporre sistematicamente a test rapidi i viaggiatori che rientrano in Svizzera da viaggi all’estero, in particolare da aree a rischio, anche europee.

La zona rossa lombarda
Da domenica, come noto, la Lombardia è tornata zona rossa, ma nonostante il recente decreto del Governo italiano limiti gli spostamenti tra le regioni italiane (e all’interno delle regioni rosse), non vi è traccia di un divieto agli spostamenti verso gli Stati confinanti. Con tutte le conseguenze del caso. Il Governo è certo: il notevole flusso transfrontaliero, immortalato anche dalle webcam del Cantone nella mattinata di lunedì sulla A2, appare infatti solo parzialmente legato a motivi professionali.
«La nostra è una realtà cantonale con forte permeabilità verso sud e in particolare con la vicina Lombardia», premette il presidente del consiglio di Stato Norman Gobbi, da noi contattato. «Questo fine settimana abbiamo constatato un aumento del traffico in entrata per motivi non legati al lavoro. In Italia vigono restrizioni agli spostamenti più severe e qualcuno ne ha approfittato per uscire di casa e godere di quelle libertà che oltre confine non sono permesse». Da qui, dunque, il nuovo appello a Berna a intervenire, magari decretando la situazione straordinaria come già aveva fatto lo scorso mese di marzo. «Fino ad oggi non abbiamo mai ricevuto risposta», osserva Gobbi. Per il Governo, l’attuale assenza di controlli sistematici rischia di ridurre l’effetto delle misure restrittive e gli sforzi profusi nella campagna di vaccinazione. In questo senso, ribadisce Gobbi, i controlli al confine sono necessari anche e soprattutto dopo il mini-lockdown decretato da Berna e la conseguente richiesta alla cittadinanza di evitare il più possibile i contatti personali.

Non solo turisti
A preoccupare non è però il solo turista d’oltreconfine desideroso di trascorrere un pomeriggio sul Monte Generoso bensì anche chi dal Ticino si reca in Italia a fare la spesa. Una problematica che, sottolinea il presidente dell’Esecutivo, «è stata fatta presente all’Autorità federale». Per il Governo, l’attuale assenza di controlli sistematici rischia di ridurre l’effetto delle misure restrittive e gli sforzi profusi nella campagna di vaccinazione. In questo senso, ribadisce Gobbi, i controlli al confine sono necessari anche e soprattutto dopo il mini-lockdown decretato da Berna e la conseguente richiesta alla cittadinanza di evitare il più possibile i contatti personali.

È così facile passare il confine?
Ma passare il confine è davvero così facile? Tramontata la prima ondata, dal 15 giugno la Svizzera garantisce la libera circolazione all’interno dell’area Schengen. Tradotto, chi volesse andare in Italia deve semplicemente controllare le norme in vigore nel Paese d’entrata. Quindi, nello specifico, districarsi fra i colori delle Regioni italiane e le relative restrizioni. E anche per gli italiani, al di là delle ragioni lavorative, venire in Ticino non è certo un’impresa. Insomma, per il governo ticinese il confine è troppo morbido e permeabile. Un invito a nozze per il coronavirus (e non solo).
«Durante la prima ondata – aveva sottolineato qualche giorno fa la portavoce dell’Amministrazione federale delle dogane (AFD) Donatella Del Vecchio – abbiamo vissuto un periodo di eccezione. Il Consiglio federale aveva dichiarato la situazione straordinaria e poi aveva imposto delle restrizioni alle condizioni di entrata in Svizzera. L’AFD aveva quindi proceduto, oltre ad un controllo sistematico, a indirizzare il traffico unicamente sui valichi maggiori. Dal 15 giugno, questa situazione straordinaria è venuta a cadere ed è stata ripristinata la libera circolazione».
Tradotto, un ticinese che riuscisse (anche sfruttando la pigrizia delle autorità italiane, spesso assenti ai valichi minori) a varcare il confine potrebbe, qualora non incorresse in controlli su territorio italiano, rientrare in Svizzera anche con acquisti e spesa alimentare. Senza incorrere in multe, proprio in virtù della libera circolazione. Certo, vale il solito monito: superata la franchigia, bisogna dichiarare quanto acquistato. Ma vale soprattutto la raccomandazione del Consiglio federale, tuttora in vigore, che invita le persone a non spostarsi se non per motivi strettamente necessari. E la spesa oltre confine, va da sé, non lo è al di là delle restrizioni italiane e nello specifico lombarde. «Durante la situazione straordinaria – conclude Del Vecchio – effettuavamo controlli sistematici mentre ora siamo tornati a farli in base all’analisi dei rischi e a campione. Se prima sanzionavamo il turismo degli acquisti perché era previsto dall’ordinanza COVID-19, dal 15 giugno non possiamo farlo».

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Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 19 gennaio 2021 de La Regione

‘Controlli sistematici alla frontiera’
La lettera è stata inviata ieri
Controlli sistematici alle frontiere e chiusura dei valichi minori con delle fasce orarie di eccezione in particolare per i valichi maggiormente utilizzati dai lavoratori del settore sanitario. È quanto chiesto dal Consiglio di Stato in una lettera al Consiglio federale in cui si esprime preoccupazione per la situazione di frontiera con l’Italia, in particolare per il fatto che il flusso transfrontaliero è legato solo parzialmente a motivazioni lavorative. A preoccupare l’Autorità cantonale, pur in un quadro di miglioramenti dei dati epidemiologici del cantone, è la situazione legata alla presenza accertata della “variante inglese” del virus, che ha comportato il blocco delle visite in case anziani, ospedali e istituti per disabili, e che nella giornata di domenica ha visto porre in quarantena tutti gli allievi e i docenti della scuola media di Morbio Inferiore dopo che nell’istituto sono stati constatati 14 casi di positività, almeno due dei quali riconducibili alla “variante inglese”. A seguito di tali decisioni il Consiglio di Stato ha deciso di introdurre il divieto di attività sportive con contatto fisico e quelle svolte in spazi chiusi di bambini e giovani fino al compimento dei 16 anni in tutto il Mendrisiotto. L’attuale assenza di controlli sistematici, scrive il Consiglio di Stato a Berna, rischia infatti di ridurre l’effetto delle misure restrittive e gli sforzi profusi nella campagna di vaccinazione. Secondo l’esecutivo, oltre ai controlli sistematici alle frontiere e alla chiusura dei valichi minori, sarebbe inoltre auspicabile sottoporre sistematicamente a test rapidi i viaggiatori che rientrano in Svizzera da viaggi all’estero, in particolare da aree a rischio, anche europee.