«Così è cambiato il lavoro della polizia nell’affrontare l’emergenza coronavirus»

«Così è cambiato il lavoro della polizia nell’affrontare l’emergenza coronavirus»

Intervista a Marco Zambetti pubblicata nell’edizione di mercoledì 15 aprile 2020 del Corriere del Ticino

Dal 1. gennaio il maggiore Marco Zambetti ha assunto il ruolo di capo area della Gendarmeria della Polizia cantonale. Un periodo di entrata in funzione segnato dall’emergenza coronavirus. Lo abbiamo intervistato per un bilancio dei primi 100 giorni d’attività.

Come è cambiato il lavoro degli agenti della Gendarmeria?
«Occorre fare una premessa. Agli inizi di gennaio si è dato avvio a un’approfondita attività di analisi e valutazione della situazione attraverso anche una visita dei posti di Gendarmeria e uno scambio di pareri con i vari quadri. Questo con l’obiettivo di affrontare eventuali problematiche operative e del personale. Un lavoro che si è però bruscamente interrotto con l’emergenza coronavirus. Lo scenario in cui si è trovata ad operare nelle ultime settimane la Gendarmeria della Polizia cantonale è infatti nel frattempo drasticamente mutato».

In che modo?
«Gli spostamenti della popolazione si sono ridotti e una buona parte della gente resta al domicilio. Numerosi valichi sono inoltre stati chiusi e il presidio, sia alle frontiere, di competenza dell’Amministrazione federale delle dogane, sia sul territorio, di competenza della Polizia cantonale in collaborazione con le Polizie comunali, è stato rafforzato. Tutto questo si traduce in una minore incidenza di problematiche legate alla circolazione stradale, gli infortuni sul lavoro o la piccola criminalità. Non è più necessario il mantenimento d’ordine durante gli eventi sportivi e si nota anche un calo di determinate tipologie di reato (come i furti con scasso). Ma attenzione, questo non vuol dire che la guardia vada abbassata. Basti pensare alle segnalazioni di comportamenti pericolosi e irresponsabili al volante oppure al recente infortunio in montagna avvenuto nel Bellinzonese. Senza dimenticare le frequenti truffe telefoniche. Giusto e indispensabile non smettere dunque mai di richiamare tutti al senso di responsabilità, evitando attività non urgenti e pericolose che possono sovraccaricare il lavoro delle forze dell’ordine. Vi sono infine le questioni latenti e da non sottovalutare legate per esempio a un possibile incremento dei reati violenti nel contesto domestico».

E per quanto riguarda l’emergenza sanitaria?
«Dal profilo organizzativo abbiamo da una parte lo Stato maggiore cantonale di condotta, e dall’altra la Polizia cantonale impegnata nel presidio del territorio in stretto contatto con le Polizie comunali. Sono entità distinte ma collegate tra loro. In qualche modo, la testa e il braccio. Detto questo, è stato messo in piedi un dispositivo con un servizio dedicato e capillare e numerose pattuglie chiamate a garantire 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 un controllo accresciuto del cantone e un contatto diretto con la popolazione. Questo al fine di far rispettare le direttive federali e cantonali: si va dal divieto di assembramenti con più di 5 persone, al controllo delle autorizzazioni per quel genere di attività ancora permesse, passando per il rispetto delle prescrizioni igieniche accresciute, fino ad arrivare alla sensibilizzazione dei gruppi vulnerabili. L’obiettivo è uno solo: rallentare la diffusione del contagio, preservando il buon funzionamento del sistema sanitario e salvando vite umane. A tutto ciò, con l’arrivo delle vacanze pasquali, si è poi aggiunta la problematica di chi si sposta verso il Ticino da oltre San Gottardo, che ha portato a un ulteriore sforzo di sensibilizzazione».

Parliamo ora di norme igieniche e di sicurezza per gli agenti.
«Sin dall’inizio e in maniera graduale sono state introdotte delle chiare disposizioni sanitarie. Si va dall’obbligo delle mascherine in auto o nel contesto di interventi in cui è impossibile mantenere le distanze accresciute (esempio: i controlli etilometrici durante i quali vanno indossati anche i guanti), passando per delle esenzioni o limitazioni dell’attività per chi ha compiuto 60 anni o chi presenta delle patologie a rischio. Si cerca inoltre di andare incontro a chi deve occuparsi dei figli a casa o ha problematiche sanitarie di vario genere in famiglia. Questo diluendo o riducendo le mansioni».

Per concludere?
«Guardando a quanto messo in piedi in queste settimane, non può non venire in mente l’immagine della macchina, in cui ogni ingranaggio deve concorrere al buon funzionamento dell’intero sistema. È importante fare gioco di squadra ed è fondamentale che ogni cittadino contribuisca a sua volta attenendosi scrupolosamente alle disposizioni».