In assistenza e con precedenti: non può tornare in Ticino

In assistenza e con precedenti: non può tornare in Ticino

Da www.ticinonews.ch

Dopo la revoca del permesso a causa dei suoi guai con la giustizia, un cittadino italiano ha provato a chiederne uno nuovo. Invano: il TF gli ha dato torto

Nulla da fare per un cittadino italiano cui la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Canton Ticino aveva revocato il permesso di dimora nel settembre del 2015 a causa delle due condanne penali a suo carico e della sua dipendenza dalla pubblica assistenza (vedi articolo suggerito).

La decisione, ricordiamo, era stata presa in seguito alla condanna emessa nel 2012 dal Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona per complicità in truffa, denuncia mendace, ripetuto riciclaggio di denaro e istigazione a riciclaggio di denaro (pena detentiva di 2 anni sospesa con la condizionale più la confisca di 20’000 franchi e un risarcimento a favore della Confederazione di 10’000 franchi), a un’altra condanna emessa sempre nel 2012 dal Procuratore pubblico del Canton Ticino per denuncia mendace (pena pecuniaria di 20 aliquote, sospesa condizionalmente, più una multa) e al fatto che dal 2006 al 2015 l’uomo sia stato a carico dell’assistenza pubblica, accumulando un debito nei confronti dello Stato di quasi 190’000 franchi.

Dopo che l’11 gennaio 2016 il Tribunale federale (TF) aveva già respinto un suo ricorso contro la revoca del suo permesso, lo scorso 8 marzo i supremi giudici losannesi hanno respinto un altro gravame, presentato contro la decisione del 30 giugno 2016 della Sezione della popolazione – fondatasi sul preavviso negativo del Medico cantonale e confermata sia dal Consiglio di Stato che dal Tribunale amministrativo cantonale (TRAM) – di rilasciargli un nuovo permesso di dimora per motivi di cura.

Il TF ha rilevato che le patologie di cui soffriva l’interessato (problemi cardiaci, depressione) potevano senz’altro essere curate in Italia rispettivamente che egli poteva nell’ambito di soggiorni turistici continuare il suo percorso terapeutico nel nostro Paese e fare capo ai suoi medici curanti attuali. “L’Accordo sulla libera circolazione – ha concluso la Corte, dando ragione al TRAM – non trova applicazione nella fattispecie, non potendo il ricorrente richiamarvisi né come lavoratore, né per cercare un impiego, né quale persona che non svolgeva nessuna attività economica né perché avrebbe maturato un diritto alla pensione”. Il ricorrente dovrà infine farsi carico di 500 franchi di spese giudiziarie.