Incredulità Campione

Incredulità Campione

Intervista all’interno dell’edizione di mercoledì 5 febbraio 2020 de La Regione

L’entrata nello spazio doganale europeo dell’enclave sta comportando una serie di criticità che pesano sulla vita quotidiana dei cittadini campionesi che non possono prescindere dalla stretta collaborazione, in termini anche di servizi, con il Ticino e la Confederazione.

Campione d’Italia sta vivendo uno dei suoi momenti più delicati. Dopo la dichiarazione di dissesto finanziario votata dal Consiglio comunale il 6 giugno 2018 e la chiusura, per fallimento, del Casinò ventun giorni dopo, il primo gennaio scorso la volontà unilaterale della penisola di inserire l’enclave in territorio svizzero nello spazio doganale europeo sta facendo affiorare, una ad una, numerose criticità.
Problematiche che ricadono quotidianamente sulla pelle della popolazione campionese che, nell’aprile 2019, le aveva già paventate attraverso una petizione sottoscritta da 1’605 cittadini (su 1’950) con la richiesta di sospendere o revocare la direttiva comunitaria in quanto “rischiava di compromettere e di pregiudicare, in maniera irreparabile, i bisogni di vita primari degli abitanti di Campione”.
Detto e avveratosi puntualmente, oggi i cittadini dell’enclave devono convivere, oltre che con un tessuto economico e sociale compromesso, con una dogana che non hanno voluto. In questo senso il forte legame che da sempre lega il piccolo paese (1,5 km quadrati) al Canton Ticino, sta impegnando commissario, Comitato civico e la Nuova associazione campionese operatori economici, presieduta da Mauro Rubbini, a rendere accorte e consapevoli le istituzioni italiane della necessità di continuare, non solo per posizione geografica ma anche per consuetudine centenaria, a non prescindere dai servizi svizzeri e ticinesi.
Abbiamo parlato dei rapporti fra l’enclave e il Canton Ticino con il consigliere di Stato, Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni.

Campione d’Italia è legato al Ticino da una storia ultracentenaria. Come vive da ‘vicino di casa’ questo momento particolarmente difficile dell’enclave?
Con preoccupazione ma anche con una certa dose di incredulità. Pur partendo dal principio della sovranità italiana sulla gestione del proprio territorio, mi sembra evidente che la modifica dello statuto doganale, oltre a far sorgere numerosi problemi burocratici nell’erogazione dei servizi alla comunità campionese, abbia provocato una ferita nel tessuto sociale dei nostri territori, legati da profondi e storici legami di amicizia e collaborazione.

Nel momento più delicato della storia campionese, ovvero all’entrata dell’enclave nello spazio doganale Ue, lei si è espresso personalmente evocando un’annessione svizzera di Campione d’Italia, peraltro salutata positivamente da buona parte della popolazione campionese. Cosa l’ha portata ad esprimere una dichiarazione così ‘forte’?
Sono un convinto fautore dei processi democratici che tengano in debita considerazione le preoccupazioni e le volontà dei cittadini. In quanto tale, a titolo personale e pur sapendo gli ostacoli giuridici e politici che si frappongono all’ipotesi di una modifica territoriale tra Stati, ho ritenuto fosse importante porre la questione campionese sotto i riflettori, proprio in vista dell’imminente cambio di statuto doganale e dell’inerzia della politica.

Fuori dai denti, crede che un picchetto delle Guardie di confine all’arco di Campione sia una risorsa ‘persa’, che potrebbe essere utilizzata in una forma più efficace in altri ambiti, con costi peraltro non indifferenti? Ripeto, la modifica dello statuto doganale dell’enclave ha prevedibilmente portato e porterà a una maggiore burocrazia e quindi maggiori costi di gestione, che avremmo potuto risparmiarci. Ovviamente la sicurezza è per me da porre al centro, soprattutto in momenti di vuoto istituzionale come quello vissuto ora da Campione.

L’Italia nel cancellare il codice di avviamento postale 6911 della posta o paventare la conclusione di alcuni servizi ticinesi a favore dei campionesi, ha giustificato la decisione sulla scorta di una asserita volontà svizzera. C’è diversamente la possibilità che, su richiesta italiana, la Confederazione e il Canton Ticino continuino ad elargire questi importanti e necessari servizi, mantenendo, ad esempio, sulla scorta di specifico accordo italo-svizzero, per i cittadini di Campione le patenti e le targhe svizzere, come in essere da molti decenni?
La volontà della Svizzera e del Cantone di collaborare in modo solidale con le autorità italiane e campionesi non può venire messa in discussione. Ricordo che il Ticino ha mantenuto l’erogazione dei servizi a Campione malgrado il Comune, in dissesto finanziario, abbia contratto debiti significativi nei confronti del Cantone. I limiti dati nel continuare l’erogazione di determinati servizi dopo il 1° gennaio non sono dipesi dalla volontà della Svizzera bensì dal quadro normativo svizzero e italiano e dalla portata delle richieste italiane.

Ritiene, quale esponente del governo del Canton Ticino, che possano essere precisati e regolamentati alcuni aspetti ‘svizzeri’ della vita dei campionesi sulla base di accordi sottoscritti in via preliminare tra il Comune di Campione e il Canton Ticino in ossequio agli accordi bilaterali del 2011, poi ovviamente da ratificare dai rispettivi governi?
Se il Comune di Campione dovesse richiedere di rivedere determinati accordi con il Cantone non mancheremo certo di entrare in materia e cercare le migliori soluzioni nell’interesse dei nostri rispettivi territori.