Naturalizzazioni: no alla via amministrativa, sì a quella politica

Naturalizzazioni: no alla via amministrativa, sì a quella politica

Cittadinanza assegnata dagli Esecutivi, il Parlamento dice no. Il Gran Consiglio boccia l’iniziativa socialista per la modifica della Legge sulla cittadinanza ticinese.

Il Gran Consiglio ha bocciato l’iniziativa parlamentare per la modifica della Legge sulla cittadinanza ticinese presentata dal Partito socialista. L’Aula del Gran Consiglio ha approvato il rapporto di maggioranza della Commissione, che consigliava di respingere l’iniziativa, con 63 voti favorevoli, 15 contrari e 3 astenuti.

Il relatore di maggioranza Agustoni (PPD) ha affermato che gli iniziativisti propongono un cambio di paradigma che tende alla burocratizzazione della procedura di naturalizzazione. Il popolo (e quindi i Legislativi, loro diretta emanazione) sono perfettamente in grado di decidere in merito alle pratiche di ottenimento della cittadinanza. “Se reputiamo che i rappresentanti del popolo siano incapaci di valutare, ci dobbiamo chiedere con quale coraggio affidiamo al popolo decisioni di politica estera o economia”. Il percorso d’integrazione, conclude Agustoni, deve essere compiuto con serietà e non è sufficiente la residenza sul territorio ticinese.

“Deve rimanere in un atto politico, o deve trasformarsi in un mero atto legislativo?” si chiede il deputato PLR Badaracco. Una differenza non di poco conto: “migliorerebbe la situazione o la peggiorerebbe?”. I diritti riconosciuti ai naturalizzandi sono sufficienti, con l’odierna legislazione, afferma l’esponente liberale radicale a nome del Gruppo che aderisce al rapporto di maggioranza della Commissione e respinge l’iniziativa socialista. “L’atto di naturalizzazione deve continuare a rimanere un atto squisitamente politico, deciso dal popolo tramite i legislativi che giudicano l’effettiva integrazione nella società del richiedente.

Posizione simile quella espressa dalla Lega dei Ticinesi, che rivendica il diritto all’identità di un popolo e punta molto l’accento (tramite le parole del deputato Caverzasio) su cultura, tradizioni, lingua e religione. Le naturalizzazioni decise dai Legislativi hanno un valore aggiunto, sanciscono cioè un atto di accoglienza all’interno della comunità. “Chi inoltra domanda di cittadinanza ticinese dovrebbe avere il piacere di esserlo, ticinese. Lo stesso piacere che dovremmo avere noi”.

Sottrarre ai Consigli comunali e al Gran Consiglio la decisione è un’opzione sbagliata, è la posizione del PPD, espressa dalla deputata Bordoni Brooks. “Non possiamo trasformare questo passaggio in una quisquilia burocratica”. “Non ho mai visto rifiutare una naturalizzazione una volta arrivata sui banchi del Legislativo” afferma l’esponente UDC Mellini. ” Il Gruppo è assolutamente contrario alla concessione automatica, che non è un diritto e pertanto deve rimanere un atto politico”.

La replica degli iniziativisti è affidata a Francesco Cavalli: “Non è un’apertura incontrollata alla naturalizzazione per tutti, anzi”. Traspare dal messaggio della Commissione, secondo Cavalli, la paura di chissà quali pericoli. Le posizioni che si verrebbero a creare sarebbe anzi chiare, eque e affidabili. Il rispetto della sfera privata, con la competenza ai Legislativi, “è molto a rischio. Non di rado vengono presi in considerazione fatti che non rientrano più nel casellario giudiziario”. I controlli sono accurati, ripetuti e molto severi in seno alla Commissione, anche se “ci si scontra con questioni ideologiche che nulla hanno a che fare con l’applicazione delle leggi”. In tal modo, afferma Cavalli, “sprechiamo tempo e denaro”.

Il rapporto di minoranza è stato appoggiato dal PS e dai Verdi, per i quali si esprime la deputata Gysin: “Ogni caso va trattato in materia equa e con discrezione, considerazioni di tipo ideologico non dovrebbero rientrare nella discussione dei dossier”. Il rispetto della sfera privata, afferma Gysin, non è garantita e nemmeno l’equità delle decisioni: hanno un peso le simpatie personali e la provenienza del richiedente la cittadinanza. Il relatore del suddetto rapporto di minoranza, il socialista Stojanovic, ha affermato che in aula si sono sentite tante frasi che nulla hanno a che fare con l’accettazione dell’iniziativa. “Il Legislativo non è il popolo: è eletto dal popolo, ma anche l’Esecutivo lo è”. L’atto non diventerà meramente amministrativo, ma rimarrà politico anche con la competenza del Municipio. Ne suo intervento Stojanovic non ha lesinato le critiche alla Lega, al PLR e al PPD, i cui esponenti sono stati accusati di barattare un occhio di riguardo sulla pratica di naturalizzazione in cambio di un voto alle successive edizioni.

Il Consigliere di Stato Norman Gobbi ha affermato che “la prassi usata oggi in Ticino non ha dato controindicazioni”. E’ la comunità che deve accettare il nuovo membro nel suo corpo, ricorda il direttore del Dipartimento Istituzioni. La prassi del doppio passaggio legislativo lo fa in maniera approfondita “perché deve motivare l’eventuale rifiuto”. Nonostante tutto il diritto viene garantito, non tanto quello del richiedente ma quello della comunità. Per questo motivo il Consiglio di Stato ha invitato a votare il rapporto di maggioranza.

http://www.tio.ch/News/Ticino/722365/Cittadinanza-assegnata-dagli-Esecutivi-il-Parlamento-dice-no/

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