Nuovi rischi da antichi territori?

Nuovi rischi da antichi territori?

La penisola balcanica nuovamente in ebollizione? In Grecia, oltre l’emergenza economico-finanziaria, si sta vivendo un’emergenza per gli importanti flussi migratori con circa 800mila presenze illegali, entrate principalmente dal confine con la Turchia. In Kosovo, la disoccupazione giovanile tocca il 75% e l’UE conferma la sua incapacità di risanare un paese corrotto e mafioso. La caldaia balcanica è nuovamente in ebollizione?

La penisola balcanica è uno di quei territori in cui la Storia torna a far capolino di tanto in tanto. Negli ultimi cent’anni l’ha fatto ripetutamente, dall’evento che diede avvio allo scoppio della Prima Guerra mondiale alle guerre dei Balcani occidentali degli Anni Novanta con la disgregazione della Jugoslavia, sino alla recente (e non ancora metabolizzata) indipendenza del Kosovo, sino alla recentissima crisi finanziaria della Grecia. La Storia ha i suoi effetti, come alcuni dati ed eventi che ora non fanno la notizia dei giornali e passano in secondo piano, ma che costituiscono per chi sa leggere – segnali di nuova instabilità in questa parte del nostro Continente. 

Grecia: oltre la crisi, 800mila immigrati illegali! 

La Grecia, culla della democrazia, sta perendo sotto i colpi della crisi economica e finanziaria e della pressione migratoria. Un Paese con una popolazione di poco più di 11 milioni di abitanti, ospita sul suo territorio – stando ai rapporti ufficiali europei – circa 800mila immigrati illegali da Paesi terzi (ossia non UE). Dal 2006 le entrate illegali registrate ai confini e nei porti ellenici superano ogni anno le centomila, con punte anche di 140mila negli ultimi anni, scesa poi nel 2011 a seguito dell’abolizione del visto per gli albanesi. 

Una presenza rilevante, in un Paese in profonda depressione economica. Una presenza illegale che attende solo di muoversi verso l’Europa occidentale. Infatti, la Grecia è diventata notoriamente il “gateway”, ossia la porta d’entrata per l’immigrazione illegale verso l’Europa e quindi la Svizzera. La differenza rispetto alla via del Mediterraneo centrale (Libia/Tunisia-Italia) e quella occidentale (Algeria/Marocco-Spagna), la via d’entrata ellenica avviene per la maggior parte via terra, lungo il confine tra Grecia e Turchia. 

Una porta d’entrata poco stagna 

I fermi registrati da FRONTEX, l’organizzazione internazionale che gestisce i confini esterni dell’UE, sono però ben inferiori rispetto al reale flusso: sulla via greca i fermi nel 2011 sono stati 57’025, ossia meno della metà del flusso, mentre su quella italiana sono stati 64’261, ossia la quasi totalità. 

Questo dimostra come il “gateway greco” sia fragilissimo e ben si comprende la presenza di 800mila immigrati illegali su territorio ellenico. Negli stessi solchi della migrazione illegale e clandestina si inseriscono poi le organizzazioni criminali con ulteriori elementi di destabilizzazione della sicurezza interna del continente europeo: traffico di droga e tratta di persone. Ovviamente, la bassa resistenza della porta ellenica, lo si riscontra anche su questo fronte, in quanto la via balcanica (anche via Adriatico) è la più sfruttata per il traffico di stupefacenti. 

Kosovo, libero forse, ma una mina vagante! 

Il Kosovo è stato riconosciuto quale nazione in tempi strabilianti dalla Confederazione, o meglio dall’allora ministra degli esteri Calmy-Rey. Altrettanto velocemente non sono stati valutati i rischi che questo nuovo stato al centro della penisola balcanica porta in grembo sin dalla sua nascita. Le relazioni poco chiare e ancora non chiarite tra l’allora esercito di liberazione UCK e le organizzazioni criminali, è solo l’inizio. L’inchiesta avviata dall’apposita commissione sul traffico di organi umani ha gettato ulteriori ombre sul passato e sul presente del microstato balcanico. 

Sono però le cifre a chiarire molti aspetti di questa realtà balcanica. La disoccupazione generale si attesta al 44.9%, ossia quasi un kosovaro su due è senza lavoro. Il dato passa poi al 75% (!) nella fascia di età 15-24 anni, che è tra le più importanti, visto che l’età media in Kosovo è di 25 anni. 

La popolazione totale kosovara conta circa 1.7 milioni di abitanti, cui dobbiamo aggiungere i 200mila kosovari (oltre il 10% della popolazione residente in patria) che risiedono in Svizzera. La metà dei kossovari in patria ha meno di 25 anni. Questo elemento di forte natalità e di molti giovani, unita all’alta disoccupazione, crea la stessa miscela esplosiva che ha dato avvio alla cosiddetta “primavera araba”. 

“Corrotto e mafioso”, nonostante 5 miliardi di aiuti 

Un paese che ancora oggi è “occupato militarmente” dagli eserciti europei, onde evitare gli scontri etnici tra serbi e kossovari-albanesi. Un paese che nonostante le commissioni speciali europee per aumentare lo stato di diritto, risulta ancora ultimo nelle speciali classifiche di corruzione e criminalità. Anzi, questa settimana la Corte dei conti dell’UE ha espresso un giudizio impietoso sul fallimento di EULEX, la più grande missione civile per gestire una crisi messa in piedi da Bruxelles. La Corte di vigilanza ha solo potuto constatare come in Kosovo i livelli di criminalità organizzata e corruzione “restano elevati’’ e gli aiuti UE nel campo dello Stato di diritto “non sono stati sufficientemente efficaci”. Ricordiamo che anche la Bulgaria, altra nazione della penisola balcanica, risulta confermarsi sin dalla sua entrata nell’UE quale primo paese nell’infelice classifica degli indici di corruzione. Un fallimento operativo, ovviamente corredato da importanti fondi versati per questo paese balcanico. Nel periodo 1999-2007 Pristina ha ricevuto dai donatori aiuti per 3.5 miliardi di euro, due terzi dei quali dall’UE e con la partecipazione della Svizzera. Nel campo dello Stato di diritto, tra il 2007 e il 2011 la sola UE ha speso circa 1.2 miliardi di euro. Non c’è che dire, un investimento ben allocato visti risultati evidenziati dalla Corte dei conti. 

 

Segnali poco tranquillizzanti quelli che ci giungono dalla culla della democrazia, la Grecia, e dai campi di battaglia che fermarono l’avanzata ottomana, il Kosovo. Segnali che devono farci riflettere sul futuro prossimo venturo; segnali tutt’altro che tranquillizzanti per un Continente, quello europeo, che sta vivendo una profonda crisi economica che denota già i primi sintomi di una crisi sociale. E la sicurezza, a tutela dell’ordine pubblico e del nostro benessere, dovrà forzatamente essere l’elemento centrale dell’azione politica. 

NORMAN GOBBI 

“I Balcani producono più storia di quanta ne possono digerire”. Sir Winston Churchill

 

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