Un cappello necessario per la nostra sicurezza

Un cappello necessario per la nostra sicurezza

Opinione pubblicata nell’edizione di giovedì 13 agosto 2020 del Corriere del Ticino

Nel suo editoriale apparso su questo giornale il 15 luglio scorso Giovanni Galli scriveva che per convincere le cittadine e i cittadini svizzeri a sostenere il credito per l’acquisto dei nuovi aerei da combattimento non basterà lanciare slogan. Occorrerà «dare informazioni chiare e concrete sul ruolo della difesa aerea». Ha ragione. Iniziamo allora a precisare che la nostra Costituzione prevede che l’esercito adempia il mandato di difesa della nazione. E per un Paese neutrale come la Svizzera risulta ancora più decisivo essere in grado di proteggere persone, cose e beni da eventuali minacce esterne. L’organizzazione di milizia del nostro Esercito permette di raggiungere l’obiettivo di difesa, coinvolgendo il maggior numero di cittadine e cittadini, che si rendono responsabili e attivi in questa «missione». A patto però che la struttura-esercito sia in grado di operare a favore della protezione a terra e della protezione in aria. Se non ci fosse quest’ultima verrebbe vanificato l’impegno delle truppe di terra. È come se per proteggersi dal sole – mi si passi il paragone – spalmassimo sul nostro corpo la crema solare adeguata, ma in testa non mettessimo un cappellino. L’insolazione sarebbe garantita, nonostante la protezione della nostra pelle. Le forze aeree risultano quindi il cappello necessario per la nostra sicurezza.

Una decisione di principio
Siamo chiamati a sostituire – per la sicurezza della popolazione – i nostri aerei da combattimento entrati in servizio rispettivamente nel 1978 (i Tiger, oggi completamente inadeguati allo scopo) e nel 1996 (gli F/A 18 Hornet, che nel 2030 raggiungeranno la fine della loro vita). I nuovi velivoli avranno un costo massimo di 6 miliardi di franchi e verranno pagati attingendo esclusivamente al budget del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport. Il 27 settembre dovremo quindi prendere una decisione di principio: aerei per proteggere la popolazione svizzera sì o no.

Le minacce
Facciamo spesso fatica, da cittadine libere e da cittadini liberi, a immaginare che vi siano minacce per la nostra persona, per i nostri beni, poiché siamo abituati a vivere in un sistema politico, economico e sociale stabile. La storia recente del XX secolo con le due Guerre mondiali, le disgregazioni di Stati anche a noi vicini avvenute sul finire del Novecento, nonché la radicalizzazione islamista che ha provocato e provoca il fenomeno del terrorismo, vera piaga di questo inizio di XXI secolo, dovrebbero farci comprendere che le minacce non cessano. Se guardiamo ai prossimi decenni nessuno ci può assicurare che vivremo sempre in pace. E gli sviluppi tecnologici avranno sempre un segno positivo o potrebbero far sorgere – Dio non voglia – albe di guerra?

La difesa della popolazione
Da qui la necessità di disporre di un sistema integrato di sicurezza per la difesa della nostra popolazione. Una rete composta da polizia, pompieri, servizi di ambulanza, in cui l’esercito si inserisce come riserva di sicurezza, sia a terra, sia per la protezione dei voli. In tutte queste «agenzie di sicurezza pubblica» occorre investire, perché esse permettono di mantenere una piazza economica attrattiva, dove la stabilità istituzionale e sociale, oltre all’attenzione ambientale, diventano essenziali vettori di crescita a favore del benessere di ogni cittadina e cittadino elvetico.
Non possiamo permetterci che il nostro Esercito sia un’anatra zoppa. La protezione dello spazio aereo è determinante – anche in tempo di pace – per prevenire, dissuadere e bloccare eventuali minacce. Ogni anno in Svizzera vi sono circa 40 casi in cui un velivolo viola la sovranità aerea, non rispetta le regole del traffico aereo o si trova in una situazione di emergenza tale da richiedere un intervento. Ogni anno le Forze aeree rossocrociate effettuano circa 350 controlli a campione per verificare i dati degli aeromobili. Senza aerei da combattimento all’altezza di tale nome il nostro Esercito verrebbe privato di uno dei suoi principali compiti di protezione nella terza dimensione. Senza aerei da combattimento all’altezza di tale nome la sicurezza della popolazione svizzera non sarebbe più garantita. È lo scenario che vogliamo per noi e soprattutto per i nostri figli?