Locarno78: Politica e cinema, un rapporto da consolidare

Locarno78: Politica e cinema, un rapporto da consolidare

I parlamentari ticinesi si sono dati appuntamento, come da tradizione, nel chiostro della Magistrale – Il presidente Fabio Schnellmann ha augurato al festival di «continuare a stimolare lo sviluppo economico e culturale del cantone»

Politica e festival si sono dati di nuovo appuntamento, questa sera, nel tradizionale ricevimento del Gran Consiglio, momento istituzionale che sottolinea il legame storico tra la rassegna locarnese e il Legislativo cantonale.
Nel chiostro della Magistrale, la presidente del Festival Maja Hoffmann ha accolto i parlamentari ringraziandoli, in un breve discorso, per il riconfermato sostegno finanziario di 3,4 milioni di franchi all’anno per i prossimi quattro anni, definendolo «essenziale non soltanto per il suo valore diretto, ma per l’effetto di leva sui partner pubblici e privati».
Hoffmann ha inoltre ribadito l’obiettivo di rafforzare la posizione internazionale della manifestazione, senza rinunciare alle radici locali e al legame con la comunità, sottolineando come «un’opera può crescere unicamente se poggia su solide radici».
Subito dopo, il presidente del Gran Consiglio Fabio Schnellmann, ha augurato al festival di «continuare a parlare alle nuove generazioni e a stimolare lo sviluppo economico e culturale del cantone», ricordando che «la politica può imparare dal cinema: il coraggio di raccontare la verità, immaginare il futuro ed emozionare senza dividere».
Nel suo saluto, il sindaco di Locarno Nicola Pini ha annunciato le dimissioni dal Gran Consiglio, una decisione accolta da un lungo applauso dei presenti, che ha segnato uno dei momenti più intensi della serata.
A chiudere la serie di interventi, il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi ha sottolineato come il festival sia «un evento che porta il nome del Cantone oltre i confini» e un’occasione per «trasmettere la nostra parte migliore nei valori che il Ticino incarna», richiamando anche le riflessioni del CEO del Locarno Film Festival Raphaël Brunschwig sull’«anima collettiva» della regione e sull’importanza di coltivare questa stessa anima attraverso cultura, politica e coesione sociale.
La serata è stata infine arricchita dal saluto a Michele Dell’Ambrogio, al quale è stato conferito il Premio Cinema Ticino. Critico e direttore artistico del Circolo del cinema di Bellinzona, attivo da quasi 50 anni, è stato premiato per il suo impegno nel diffondere il cinema di qualità e avvicinare il pubblico alla settima arte, promuovendo un approccio partecipativo e di confronto critico, capace di creare un dialogo duraturo tra opere, spettatori e territorio. 

Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 14 agosto 2025 del Corriere del Ticino

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Il Festival e le radici del cielo
Riflessioni a margine del ricevimento in onore del Gran Consiglio, tra discorsi ufficiali e pellegrinaggi del CdA

Potremmo dire che quella di ieri, al Festival, è stata la giornata del territorio, con il ricevimento in onore del Gran Consiglio e la consegna, in Piazza Grande, del Premio cinema Ticino a una personalità, Michele Dell’Ambrogio, che l’arte cinematografica l’ha sostenuta e difesa innanzitutto nelle sale del cantone (vedi intervista a pagina 15). Potremmo dirlo, che ieri era la giornata dedicata al territorio, non fosse che poi verremmo bonariamente richiamati dalla direzione del Festival perché – immaginiamo già il contenuto del messaggio – “così sembra che il Festival guardi al Ticino un giorno su dieci se non addirittura un giorno su 365, quando l’attenzione è invece continua”.

Non è un tema nuovo, quello del rapporto tra Festival e realtà locali – usiamo questo termine, invece del generico “territorio”, visto che si parla di comunità e attori politici, economici e culturali grandi e piccoli –, ma negli ultimi tempi è diventato ancora più attuale, anche ma non solo in ragione della riorganizzazione del Festival. Per questo i discorsi ufficiali pronunciati ieri alla Magistrale non sono stati solo l’ineliminabile tedio a cui ci si sottopone in attesa dell’aperitivo: ascoltarli, o almeno ascoltarli quasi tutti, è stato interessante proprio per cercare di capire come si sta evolvendo, questo rapporto tra Festival e realtà locali.

Ma è stato anche interessante scoprire che, alcune ore prima del ricevimento con la politica, il vicepresidente del Consiglio d’amministrazione del Festival ha deciso di “fare il giro lungo” mentre andava a pranzo con un altro membro del Cda. Sono passati per alcuni negozi del centro per chiedere quelle impressioni e quelle sensazioni che gli studi sull’indotto economico per forza di cose lasciano indietro.

Torniamo alla parte ufficiale, iniziando dalla presidente del Festival Maja Hoffmann che, dopo i ringraziamenti di rito alla politica per il sostegno finanziario recentemente riconfermato, ha rimarcato come la strategia del Festival sia chiara: rafforzare la posizione internazionale. Ma questo rafforzamento, ha subito aggiunto, «non metterà in discussione le radici e l’ancoraggio locale e regionale». A riprova di ciò, il «necessario» anticipo delle date della manifestazione è stato presentato non come una esigenza di internazionalizzazione, ma come un passo per evitare un arretramento del Festival che danneggerebbe tutti.

Del discorso del Sindaco di Locarno, e ormai già granconsigliere, Nicola Pini si è già scritto. Il presidente del Gran Consiglio Fabio Schnellmann ha inflitto all’uditorio un discorso sul Festival come punto in cui il Ticino si apre al mondo e il mondo scopre il Ticino perché si crede al potere della cultura e l’arte non ha confini e altri passaggi che parevano scritti da ChatGPT. Decisamente più riuscito (anche perché meno era proprio difficile) il discorso del presidente del governo Norman Gobbi che ha raccontato cosa è il Festival per un politico molto ticinese: un’occasione, in un periodo di «multicrisi», per «proiettare verso l’esterno la nostra immagine migliore, non tanto per piacere agli altri, ma per ritrovare fiducia in noi stessi». E il Festival è una «preziosa eccezione» alla tendenza degli ultimi anni di sottovalutare la nostra creatività, resilienza, capacità di fare squadra (e qui forse c’era un sassolino nella scarpa per i rapporti tra governo e parlamento cantonali) e flessibilità.

L’impressione – dai discorsi ufficiali e dai resoconti captati fra una tartina e l’altra del giro di parte del Cda per le vie della città – è che il passo più urgente non sia anticipare le date del Festival, ma superare l’idea di una bilancia a due piatti, con la dimensione internazionale che cresce necessariamente a discapito di quella locale e viceversa.

Da www.laregione.ch