Toni forti ieri al Palazzo dei Congressi durante la sessione straordinaria extra muros per discutere dello scambio al vertice fra Gobbi e Zali, con quest’ultimo assente.
Critiche, stoccate e malumori si sono infranti contro un muro di (almeno apparente) tranquillità. Assente Claudio Zali, il Consiglio di Stato si è presentato ieri al Palazzo dei Congressi di Lugano (quello delle Orsoline è al momento off-limits per lavori) compatto e deciso.
L’obiettivo era chiaro: difendere senza esitazioni l’“arrocchino”, ovvero il cambio di dipartimento “light” fra i due consiglieri di Stato leghisti.
La linea esposta da Norman Gobbi, in qualità di presidente ma anche come diretto interessato, e ribadita poi dagli altri membri dell’Esecutivo, è rimasta costante: la decisione è stata presa collegialmente, nel rispetto delle leggi e con l’intento dichiarato – su impulso di Zali – di “sbloccare” la riforma della giustizia. Una vicenda, secondo il Consiglio di Stato, ingigantita oltremisura:
«Molto rumore per nulla». Rumore, però, ce n’è stato eccome. Nel lungo pomeriggio di lavori non sono mancati interventi al vetriolo e attacchi poco velati ai due consiglieri leghisti.
Le critiche hanno spaziato dal “giochino politico” in ottica elettorale alla «complicazione più che semplificazione», fino all’accusa di una decisione calata dall’alto. Più volte è stata citata la
questione della comunicazione: la “velina” del 9 luglio, giudicata perentoria e poco esplicativa.
Su richiesta di Matteo Pronzini (Mps) si è quindi votato per sospendere la sessione, al fine di sottoporre all’Ufficio presidenziale tre risoluzioni sul tema.
Due di esse chiedevano di rivedere l’arrocchino. Dopo la deliberazione, l’Ufficio ha però deciso di non fare propria nessuna delle tre.
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 26 agosto 2025 di 20Minuiti