Positivo il bilancio del Piano d’azione cantonale, ma l’incidenza rimane elevata
Ogni due settimane in Svizzera una persona, nella stragrande maggioranza dei casi una donna, muore a causa della violenza domestica. In media venticinque persone all’anno (26 nel 2024). Non si prestano a interpretazioni i dati raccolti dalla Polizia a livello federale presentati ieri in conferenza stampa a Bellinzona. L’ampiezza del fenomeno è chiara anche al presidente del governo Norman Gobbi: «La violenza domestica è un tema che riguarda la società nel suo insieme e viene ormai considerata un problema di salute pubblica a causa delle sue importanti conseguenze». Tangibili infatti i costi per interventi di Polizia, procedure giudiziarie, spese sanitarie e servizi di sostegno, stimati dall’Ufficio federale dell’uguaglianza tra i 164 e i 287 milioni di franchi all’anno. L’annuale bilancio del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica, di cui il Ticino si è dotato nel 2021, è stato anche l’occasione per presentare alcuni dettagli sulla Legge cantonale per la prevenzione e il contrasto della violenza domestica. Il Consiglio di Stato, dopo il via libera unanime dello scorso giugno del parlamento al rapporto sull’iniziativa parlamentare generica di Roberta Soldati (Udc), era stato sollecitato a presentare entro la data simbolica del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il relativo progetto di legge. Fino al 30 gennaio il disegno di legge è in consultazione interna ai Dipartimenti. Seguirà poi un’ampia consultazione esterna. Una legge, rimarca Gobbi, «che vuole dare un segnale inequivocabile: nella nostra società non c’è spazio per la violenza». La normativa, composta da 19 articoli organizzati in 6 titoli, mira a favorire la collaborazione delle autorità competenti, dei servizi e della società civile al fine di adottare un approccio integrato volto a prevenire e contrastare la violenza domestica e attuare le misure di intervento in ambito di prevenzione, protezione e perseguimento. Si applica ai casi di violenza domestica subiti sia da donne che da uomini. Il messaggio, ci dice il direttore del Dipartimento istituzioni (Di) a margine della conferenza stampa, «dovrebbe arrivare grossomodo in primavera. A seconda della rapidità con cui il Gran Consiglio lo evaderà, potrebbe già entrare in vigore dal 1° gennaio 2027».
Vittime ampiamente donne
Tornando ai dati, sul piano nazionale su oltre mezzo milione di reati complessivi registrati lo scorso anno in Svizzera quelli riconducibili alla violenza domestica hanno superato quota 20mila, 21’127 per essere precisi. Nel 46% dei casi la violenza avviene tra partner e nel 27% tra ex-partner. Le vittime, come detto, sono ampiamente donne: il 70%. Quota che per le molestie sessuali raggiunge oltre il 90%, mentre gli autori sono quasi esclusivamente uomini. Le persone con disabilità e gli anziani sono inoltre particolarmente esposti al rischio di subire violenza domestica. In Ticino, su un totale di 982 interventi legati a situazioni di disagio familiare, la Polizia ha disposto lo scorso anno 60 allontanamenti coattivi dal domicilio, mentre in 142 casi l’autore ha lasciato volontariamente l’abitazione. L’Ufficio dell’assistenza riabilitativa ha incontrato 108 autori di violenza, avviando con diversi di loro percorsi di sostegno mirati. Parallelamente le due case protette per donne – Casa Armònia e Casa delle donne – hanno accolto 48 vittime di violenza domestica e 52 bambini. Cifre significative per ampiezza e gravità che, a detta di Gobbi, «evidenziano con chiarezza la dimensione del fenomeno e devono costituire un forte incentivo a proseguire e rafforzare le azioni di prevenzione, protezione e intervento». I dati 2025 per il Ticino confermano quelli del 2024 con una lieve flessione. In tal senso, indica il consigliere di Stato, «il bilancio complessivo del Piano d’azione cantonale è positivo: sulle 80 misure previste 79 sono state realizzate, attivate o sono in fase di sviluppo». Pur essendo inizialmente previsto per quest’anno, il bilancio finale del Piano d’azione è stato rinviato al prossimo anno. E questo, spiega Gobbi, «per allinearsi alle strategie nazionali». Ciò detto, il governo intende comunque consolidare quanto ottenuto e sviluppare entro il 2027 una quarantina di nuove misure che verranno inserite nel Piano d’azione.
‘Una sconfitta per l’intera società’
Anche per la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio vanno moltiplicati gli sforzi: «La violenza di genere, domestica e sessualizzata è purtroppo una triste realtà che tocca in misura prevalente le donne. Il fatto che molti episodi non vengano denunciati rende questa piaga sociale ancora più rilevante e preoccupante. È una sconfitta per l’intera società». In Svizzera, ricorda la consigliera di Stato, è stata lanciata nelle scorse settimane la prima campagna nazionale di prevenzione contro la violenza domestica, sessuale e di genere. Venendo al mondo della scuola, la Convenzione di Istanbul – ratificata dalla Svizzera nel 2017 – «attribuisce una chiara responsabilità al sistema scolastico in merito allo sviluppo di una cultura del rispetto e della parità, condizione indispensabile al contrasto della violenza domestica. Come misura di accompagnamento alle Direttive sui comportamenti inadeguati in ambito scolastico introdotte nel 2023 per le scuole cantonali e nel 2024 per quelle comunali – illustra Carobbio – stiamo iniziando a proporre spazi di ascolto per gli allievi e il corpo insegnante». Molto da fare resta anche nel settore sportivo, come pure in quello culturale. Ambiti su cui il Dipartimento sta intervenendo elaborando una strategia cantonale per la promozione dello sport e con le Linee programmatiche cantonali di politica culturale 2024-2027.
Da maggio sarà attivo il 142
A fare da ago della bilancia, afferma il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, «sono le azioni coordinate e concrete. In Ticino negli anni si è formata una rete solida che ci permette di operare con maggiore prontezza». Rilevante in questo senso il monitoraggio del tasso di occupazione delle case protette da cui emerge che, contrariamente ad atri Cantoni, la situazione è nel complesso sotto controllo. «Anche nei periodi di piena occupazione – evidenzia De Rosa – tutte le richieste sono state gestite, indirizzando quando necessario le persone verso soluzioni alternative». Non da ultimo, il ‘ministro’ della sanità ricorda anche che dal 1° maggio sarà disponibile il 142, il numero unico nazionale di assistenza alle vittime, attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. mente entro un massimo di 30 giorni il Ministero pubblico, direttamente o per il tramite del medico cantonale, di ogni caso di morte per causa certa o sospetta di reato venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”. Il Di suggerisce di riformulare il capoverso 2 come segue: l’operatore sanitario “ha l’obbligo di informare senza indugio il Ministero pubblico, direttamente o tramite il medico cantonale, di ogni caso di morte o di concreto pericolo di morte per causa certa o sospetta di reato venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”. Dunque anche in caso di concreto pericolo di morte. Non solo. Il Di propone anche di aggiungere al 68 due capoversi. I nuovi 3 e 4. Il terzo capoverso prospettato dal messaggio posto in consultazione afferma che “l’operatore sanitario ha l’obbligo di informare rapidamente, ma al massimo entro 30 giorni, il Ministero pubblico, direttamente o tramite il medico cantonale, in presenza di indizi concreti che l’integrità fisica, psichica o sessuale di un minorenne o di una persona soggetta a una curatela generale (articolo 398 Codice civile svizzero) o comunque con una durevole incapacità di discernimento sia minacciata o violata per causa certa o sospetta di reato perseguibile d’ufficio venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”. Quarto capoverso: “L’operatore sanitario ha la facoltà di informare rapidamente, ma al massimo entro 30 giorni, il Ministero pubblico, direttamente o tramite il medico cantonale, di ogni altro caso di violazione dell’integrità fisica, psichica o sessuale per causa certa o sospetta di reato perseguibile d’ufficio venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”.
Il limite stabilito dal Tf nel 2021
Nei due nuovi capoversi si parla di facoltà e non di obbligo. Come mai? L’attuale articolo 68 della Legge sanitaria cantonale, spiega il Di nel progetto di messaggio, “riguarda principalmente gli obblighi di segnalazione da parte degli operatori sanitari e il segreto professionale”. In seguito alla sentenza del marzo 2021 con cui il Tribunale federale (Tf) aveva parzialmente accolto i ricorsi di alcuni medici ticinesi, l’articolo “è stato oggetto di modifiche per limitare l’obbligo di segnalazione ai soli casi di morte per causa sospetta o ignota. Questo tenore, maggiormente circoscritto rispetto al passato, dell’obbligo di denuncia previsto dal diritto cantonale ticinese è scaturito dalla predetta sentenza, tramite la quale il Tf ha in particolare ritenuto che l’obbligo di segnalazione da parte di operatori sanitari non può essere illimitato, ma dev’essere formulato in modo esplicito all’indirizzo dell’operatore sanitario e precisare le situazioni chiaramente delimitate alle quali si riferisce”. La versione dell’articolo 68 antecedente a quella odierna è stata quindi “annullata, escludendo l’obbligo – previsto da tale precedente disposizione non più in vigore – di segnalare al Ministero pubblico anche i casi di malattia e lesione per causa certa o sospetta di reato”. Tuttavia, si evidenzia nel progetto di messaggio, l’attuale versione del 68, derivante dal verdetto dei giudici di Mon Repos e che circoscrive l’obbligo di segnalazione ai soli casi di morte per causa sospetta o ignota “ha comportato una diminuzione massiccia delle segnalazioni al Ministero pubblico da parte dei Pronto soccorso in particolare, per i casi di violenza domestica”. Nel messaggio in consultazione si ricorda inoltre che “un gruppo di lavoro coordinato dall’Ufficio sanità del Dipartimento sanità e socialità si è occupato negli scorsi anni di elaborare una normativa specifica”. Quanto scaturito dalle riflessioni del gruppo di lavoro “è oggetto di valutazione da parte del Dipartimento competente”, il Dss. Nell’attesa, annota ancora il Dipartimento istituzioni, “il presente (progetto, ndr) messaggio permette di condividere la proposta di modifica dell’articolo 68, formulata” – e la puntualizzazione non è certo irrilevante – “da parte del Ministero pubblico”.
Il progetto di messaggio contempla pure la modifica del primo capoverso dell’articolo 4 della Legge cantonale sugli impianti pubblicitari. Questa la versione vigente: “L’impianto pubblicitario non deve portare pregiudizio alla sicurezza del traffico motorizzato e pedonale e rispettare le bellezze naturali, i beni culturali e il paesaggio, l’ordine pubblico, la salute pubblica e la moralità”. Il Dipartimento propone di aggiungere “e la dignità delle persone”.
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 26 novembre 2025 de La Regione
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«Non c’è spazio per la violenza»
Il Governo ha tracciato un bilancio del Piano d’azione cantonale contro gli abusi domestici
In arrivo anche una nuova legge specifica
Gobbi: «Vogliamo dare un segnale chiaro»
De Rosa: «C’è disappunto per il rinvio del numero unico»
Carobbio: «La cultura del rispetto parte da piccoli»
«Ogni due settimane, in Svizzera una persona perde la vita a causa della violenza domestica, per una media di 25 persone all’anno: in gran parte si tratta di donne». Ha voluto partire dai dati, ieri, il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi per tracciare un bilancio del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica. Un fenomeno dai numeri allarmanti, come è stato ricordato in conferenza stampa. Solo nel 2024, i reati di violenza domestica in Svizzera sono stati 21.127, tra cui 26 omicidi. In Ticino, invece, gli interventi di Polizia in ambito di disagio familiare sono stati 982, con 60 allontanamenti da casa ordinati dalla Polizia più altri 142 volontari, e 108 autori di violenza incontrati dall’Ufficio dell’assistenza riabilitativa. Quarantotto, invece, le donne ospitate (insieme a 52 bambini) nelle due case protette. «Dati significativi per ampiezza e gravità, che devono costituire un forte incentivo a proseguire e rafforzare le azioni di prevenzione, protezione e intervento», ha fatto presente Gobbi.
Il Governo, in Ticino, ha lanciato un Piano d’azione cantonale nel 2021, un anno prima del progetto federale, arrivato nel 2022. Ottanta le misure inserite, che vanno dalla prevenzione alla protezione delle vittime, passando per il perseguimento degli autori. «Il bilancio complessivo del piano d’azione cantonale – ha spiegato Gobbi – è positivo. Delle 80 misure proposte, 79 sono state realizzate, attivate o sono in fase di sviluppo». Tra i provvedimenti principali figurano la formazione del personale di farmacia, la sensibilizzazione di medici di famiglia, degli avvocati e dei magistrati; la diffusione della guida ‘‘Contatti dopo la violenza domestica’’ ai professionisti della protezione dei minori; la creazione del Centro di competenza violenza della Polizia cantonale e la riorganizzazione del servizio dedicato; l’introduzione della gestione della minaccia nella revisione della legge sulla polizia, e la formazione dei primi infermieri forensi alla SUPSI. Un «piano coerente», al quale ora si aggiunge un tassello in più: la prima legge cantonale sulla prevenzione e il contrasto alla violenza domestica. «Una legge – l’ha definita Gobbi – che vuole dare un chiaro segnale: nella nostra società non c’è spazio per la violenza». Il testo – che dà seguito all’approvazione del Gran Consiglio dell’iniziativa parlamentare della deputata UDC Roberta Soldati – prevede 19 articoli, suddivisi in 6 titoli, ed è stato messo in consultazione interna ai Dipartimenti fino al prossimo gennaio, quando verrà aperta una consultazione esterna. «La nuova legge è da intendersi come un cappello che andrà a sommarsi a tutte le altre misure che già abbiamo ». In concreto, ci ha spiegato il direttore del DI a margine della conferenza stampa, «l’obiettivo è soprattutto di garantire una base legale che rafforzi la collaborazione interistituzionale e verso le associazioni e le figure professionali sul territorio, fornendo anche la base legale per un monitoraggio più attivo». Sul fronte delle tempistiche, il presidente del Governo vorrebbe arrivare «in primavera con un messaggio ». Poi, «a dipendenza della rapidità con cui il Gran Consiglio lo evaderà, la legge potrebbe entrare in vigore già dal 2027». «Non è una questione privata» «La violenza dentro le mura domestiche non è una questione privata. Tutti abbiamo il dovere di intervenire», ha spiegato da parte sua il direttore del DSS Raffaele De Rosa, che si è concentrato in particolare sulle misure introdotte nell’ambito della protezione delle vittime. Ad esempio, ha precisato, attraverso il potenziamento del personale delle case protette e il monitoraggio del loro tasso di occupazione, ma anche l’aumento dei giorni riconosciuti per la protezione di donne e minori in queste strutture, con maggiori contributi per la riduzione della retta. Il tasso di occupazione delle case protette (Casa delle donne e Casa Armònia), in particolare, mostra una situazione oscillante, con picchi in alcuni mesi. «A differenza di altri cantoni, però, la situazione è sotto controllo ed è ben gestita. Anche nei periodi di piena occupazione, tutte le richieste sono state gestite indirizzando le vittime verso soluzioni alternative come Casa Marta e Casa Astra». Tra i nuovi progetti, invece, c’è «Oltre», che permette alle vittime di violenza di lasciare gradualmente la casa protetta per riprendere in mano la propria vita andando a vivere in un appartamento. Sul fronte della comunicazione, invece, il direttore del DSS si è soffermato sul numero unico a tre cifre – il 142 – che dopo vari ritardi entrerà finalmente in funzione da maggio. «Abbiamo già espresso malcontento e disappunto per il continuo rinvio dell’entrata in esercizio del numero unico», ha ammesso De Rosa, spiegando che «il Ticino è pronto, e ha già preso contatto con un partner esterno che gestirà l’operatività del numero fuori dall’orario di ufficio ». Il 142, lo ricordiamo, sarà attivo 7 giorni su 7, 24 ore su 24 per garantire «un accesso più semplice, immediato e uniforme». «Quando venne proposto per la prima volta, era il 2011», ha quindi ricordato Gobbi. «Sono passati 15 anni, ma siamo di fronte a un passo importante che dimostra la maturità raggiunta nel frattempo dalla Confederazione e dai Cantoni».
Il ruolo dell’educazione
La direttrice del DECS, Marina Carobbio Guscetti, ha invece messo in evidenza il ruolo centrale dell’educazione, un ambito «essenziale» per prevenire la violenza di genere poiché contribuisce a contrastare gli stereotipi e a promuovere relazioni fondate sulla parità, sul consenso e sul rispetto. «La violenza domestica, sessuale e di genere è purtroppo una triste realtà che tocca in misura prevalente le donne ed è in aumento », ha spiegato, evidenziando pure che «il fatto che molti episodi non vengano denunciati rende questa piaga sociale ancora più preoccupante ». In occasione dei sedici giorni di attivismo contro la violenza di genere, molte scuole hanno deciso di proporre momenti di scambio e di riflessione. «Tutto questo conta. Se si vogliono cambiare le cose, è fondamentale infatti far sì che la cultura del rispetto venga fatta propria sin da piccoli, coinvolgendo tutti i livelli scolastici per creare un reale cambiamento culturale». Infine, ha ricordato la direttrice del DECS, l’11 novembre la Confederazione ha lanciato la campagna nazionale su tre anni dal titolo «L’uguaglianza previene la violenza». «Il Governo ticinese ha deciso di aderirvi, unendo le forze con i parlamentari, i Comuni e le associazioni per aumentare la diffusione del messaggio di prevenzione». Per l’Esecutivo si tratta di un tema fondamentale. «E vogliamo essere in prima linea».
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 26 novembre 2025 del Corriere del Ticino
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Lotta alla violenza domestica, passi avanti in Ticino
Presentato il bilancio annuale, attuate o in fase di realizzazione quasi tutte le misure previste – I numeri di vittime e interventi in leggero calo per il secondo anno di fila
Una persona muore in media ogni due settimane in Svizzera a causa di violenza domestica, un fenomeno le cui vittime sono nel 70% dei casi donne e che anche il canton Ticino combatte con un programma di 80 misure. Di queste, 79 sono state realizzate, attivate o sono in fase di realizzazione, è stato ricordato martedì mattina alla presentazione del bilancio annuale. Fra i passi avanti sottolineati, oltre allo specifico disegno di legge cantonale, anche l’entrata in funzione a livello svizzero del numero unico a tre cifre e la campagna nazionale di prevenzione “L’uguaglianza previene la violenza”.
I numeri presentati confermano sostanzialmente quelli dell’anno precedente, facendo segnare per la seconda volta consecutiva una leggera diminuzione.
La violenza domestica in Ticino in cifre
Nel 2024 si sono contati 982 interventi di polizia per situazioni di disagio famigliare; sono stati 60 gli allontanamenti coatti degli autori dall’abitazione comune e 142 gli allontanamenti volontari. L’Ufficio dell’assistenza riabilitativa ha seguito 108 autori di violenza, avviando percorsi di sostegno. Le Case protette hanno accolto 48 donne e 52 bambini vittime di violenza domestica. Il Servizio per l’aiuto alle vittime ha registrato consulenze rivolte a 330 persone circa (il 79% donne).
Il direttore del Dipartimento sanità e socialità, Raffaele De Rosa ha ricordato che la violenza domestica è un fatto drammatico per chi la vive e anche un fallimento di tutta la comunità, perché mina la fiducia, la sicurezza e la dignità all’interno delle relazioni più intime. “Il fatto che molti episodi non vegano denunciati rende questa piaga sociale ancora più preoccupate”, ha aggiunto la direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, Marina Carobbio Guscetti, ricordando l’importanza dell’educazione e quanto fatto a livello di prevenzione già a partire dalle scuole.
Il presidente del Consiglio di Stato e capo del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, ha infine spostato l’attenzione sul citato progetto di legge, ora in fase di consultazione, in seno all’amministrazione. La norma si fonda sul quadro legislativo internazionale e nazionale e trae ispirazione dalle leggi di altri cantoni. Mira soprattutto a favorire la collaborazione fra autorità, servizi e società civile.
Proprio in queste settimane è in corso al campagna nazionale di 16 giorni contro la violenza di genere.