Camera di protezione: le motivazioni politiche per la sua istituzione

Camera di protezione: le motivazioni politiche per la sua istituzione

Vi porto il saluto del Consiglio di Stato e Vi ringrazio per il gradito invito a partecipare all’inaugurazione della nuova sede della Camera di protezione del Tribunale di appello. La nuova organizzazione ticinese in materia di tutele – varata dal Gran Consiglio nel settembre del 2012 – risponde a delle esigenze sociali e legislative.

A livello sociale stiamo assistendo ormai da anni a un’evoluzione e a un’accresciuta complessità della nostra società nella quale è mutato il concetto stesso di famiglia. Da nucleo famigliare composto da genitori e figli sotto uno stesso tetto, a famiglie monoparentali e famiglie allargate. In parallelo si assiste a una maggior individualizzazione, all’invecchiamento della popolazione e – di riflesso – all’incremento del numero di anziani bisognosi dei servizi resi anche dalle attuali Autorità regionali di protezione.

Considerato come il diritto tutorio non rispecchiava più le caratteristiche e le concezioni della società, il Consiglio federale istituì una Commissione peritale per la sua revisione totale. Era il settembre 1993. Dopo 81 anni si procedeva con la revisione di questo ambito del Codice civile, rimasto praticamente immutato dal 1912, anno della sua entrata in vigore. E per redarre l’avamprogetto di modifica di legge ci vollero altri 9 anni: era l’autunno del 2002. Previa consultazione ai Cantoni, la modifica del Codice civile svizzero in materia di diritto tutorio approvata dal Consiglio federale nel 2006, venne adottata dalle Camere federali il 19 dicembre 2008. Ben 15 anni dopo la decisione di procedere con la revisione. L’entrata in vigore venne quindi fissata per il 1° gennaio 2013. Questi tempi dimostrano la complessità e la sensibilità nella regolamentazione di questo particolare ambito del diritto.

Con questa modifica del Codice civile, si rendeva dunque indispensabile procedere con l’adeguamento della Legge cantonale sull’organizzazione e la procedura in materia di tutele e curatele. Il Consiglio di Stato affidò quindi nel 2008 all’avvocato Affolter il mandato di procedere alla verifica dell’allora vigente organizzazione. A fronte dei risultati della sua verifica, l’anno successivo venne istituito un Gruppo di lavoro con il compito di proporre un modello di riorganizzazione del settore delle tutele e curatele. Nel dicembre 2010 il Gruppo si espresse a favore del modello giudiziario, in quanto garante di una maggior autorevolezza, indipendenza, separazione dei poteri e, non da ultimo, capace di rispondere in maniera più performante ai bisogni dei cittadini. Quale tipo di modello giudiziario ipotizzabile, il Gruppo aveva optato per le Preture, ritenendole la miglior soluzione in ragione della prossima entrata in vigore delle norme al 1° gennaio 2013, della continuità del servizio e delle difficoltà di implementazione. Per quel che attiene invece l’autorità di reclamo, si confermava la competenza della Prima Camera civile. Al Tribunale di appello sarebbe stata attribuita anche la sede dell’Ispettorato.

Le proposte formulate dal Gruppo di lavoro furono accolte con scetticismo, in particolar modo dai Comuni, che – ricordo – ancor oggi come ieri, assumono la maggior parte degli oneri legati al funzionamento delle allora Commissioni tutorie.

Il 7 marzo 2012 il Consiglio di Stato licenziò quindi il messaggio di modifica della legge cantonale. Considerando i tempi per elaborare, presentare e far adottare dal Parlamento una riforma incisiva, condivisa, finanziariamente sopportabile e concretizzabile entro il 1° gennaio 2013, il Governo propose di scindere il processo di adattamento in due tappe. Nella prima fase, in vista del 1° gennaio 2013, le norme cantonali sarebbero state adeguate al diritto federale, le 18 Commissioni tutorie sarebbero state mantenute e il Tribunale di appello sarebbe stato designato quale autorità di reclamo e sede dell’autorità di vigilanza. Nella seconda fase, entro il 2018, sarebbe stato implementato il modello giudiziario.

Il 26 settembre successivo, il Parlamento approvò il messaggio governativo, emendando il medesimo, tra l’altro, con una norma postulante la professionalizzazione dei Presidenti delle ARP. Norma accettata dal Popolo ticinese nella votazione popolare del marzo 2013.

La riorganizzazione del diritto di protezione dell’adulto e del minore non è dunque ancora terminata nel nostro Cantone. Prossimamente difatti il Governo si pronuncerà in merito alle proposte formulate dal Gruppo di lavoro denominato “Preture”, costituito nel contesto del progetto “Giustizia 2018”, che ha esaminato le modalità di riorganizzazione delle ARP in autorità giudiziaria. Affaire à suivre quindi.

Ma tornado all’autorità di reclamo. Il nuovo diritto federale prevedeva che il reclamo avverso le decisioni dell’Autorità di protezione avrebbe dovuto essere presentato a un giudice. L’allora Ufficio di vigilanza sulle tutele dell’allora Divisione degli interni del Dipartimento delle istituzioni non avrebbe dunque più potuto fungere da autorità di vigilanza e di evasione dei reclami. Motivo per cui, era inevitabile che l’autorità di reclamo avrebbe dovuto risiedere presso il Tribunale di appello, che già statuiva in qualità di tribunale superiore.

Per affinità di materia, le competenze dell’autorità di reclamo avrebbero dovuto essere attribuite alla Prima Camera civile del Tribunale di appello. Vista tuttavia la situazione costantemente preoccupante dal profilo delle cause pendenti nonché la conseguente tempistica nella resa del giudizio della Camera, il Consiglio di Stato reputò di dover creare una nuova Camera in seno al Tribunale di appello, denominata “Camera di protezione”. E ciò malgrado la presenza di un giudice straordinario in forza alla Prima Camera civile. In considerazione delle giacenze accumulate, era palese che in un settore delicato quale quello di competenza della Prima Camera civile, troppe persone avrebbero rischiato di essere private del diritto di essere giudicate e di ottenere una decisione entro un termine ragionevole, situazione problematica soprattutto per l’ambito del diritto di famiglia.

La Camera di protezione è quindi nata per far fronte in modo efficiente ed efficace ai reclami avverso le decisioni delle ARP, ma anche per sgravare la Prima Camera civile da una situazione per nulla rassicurante per i cittadini. Perché una giustizia lenta, è una giustizia denegata.

Non posso quindi che ringraziare il giudice Franco Lardelli, a capo della Camera di protezione, per l’impegno profuso nell’organizzare la nuova struttura della Sezione di diritto civile del Tribunale di appello, così pure tutti giudici, vicecancellieri, ispettrici e staff amministrativo. Un lavoro encomiabile il vostro, che ha permesso anche di alleggerire il carico di lavoro della Prima Camera civile e di evadere un importante numero di incarti. A beneficio della Comunità tutta e nell’interesse preminente della Giustizia.

Vi ringrazio.

Discorso pronunciato dal Consigliere di Stato Norman Gobbi
in occasione dell’inaugurazione della nuova sede della Camera di protezione
Lugano, 4 aprile 2014

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