Celle piene, prime misure

Celle piene, prime misure

La situazione nelle strutture di detenzione è sempre più complicata
Il Consiglio di vigilanza ha proposto una serie di correttivi per allentare la pressione
Gobbi: «Vogliamo sgravare le guardie di custodia dai compiti secondari, privilegiare gli arresti domiciliari e il braccialetto elettronico»

Si fa di giorno in giorno più complicata la situazione nelle carceri ticinesi. Al punto da rendere necessaria, ieri, una riunione del Consiglio di vigilanza, presieduto dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi e a cui hanno partecipato alcuni membri della Magistratura, il direttore delle strutture carcerarie Stefano Laffranchini, la direttrice della Divisione della giustizia Frida Andreotti e i rappresentanti della Polizia cantonale. Un incontro allargato, dunque, con tutti gli attori coinvolti per cercare di trovare una soluzione al problema. «È stata l’occasione per fare una disamina della situazione, che è sempre più tesa », commenta il consigliere di Stato Norman Gobbi. Già, perché il sovraffollamento delle carceri ha ormai raggiunto livelli da primato: «Al carcere penale della Stampa sono rinchiuse al momento 157 persone, a fronte di 147 posti disponibili. Nel carcere preventivo della Farera, invece, i detenuti sono 91 su 88 posti disponibili». Insomma, ci sono più detenuti che celle. «Il punto – sottolinea Gobbi – è che i margini di manovra sono limitati e notiamo una recrudescenza dei reati commessi sul nostro territorio, in particolare per quanto concerne l’infrazione alla Legge sugli stupefacenti e i furti commessi dai richiedenti l’asilo e dalle bande che sono tornate a colpire in Ticino». Un quadro «preoccupante », lo definisce il capo del DI, anche se il problema non riguarda solo il nostro cantone. «Si constata un aumento dei reati in tutta la Svizzera e questo si ripercuote sull’occupazione delle carceri, anche in quelle della Svizzera tedesca». Di riflesso, questo crea un ulteriore problema, «perché rende molto complicato poter spostare i detenuti, in caso di sovraffollamento, negli altri cantoni».

I correttivi
Per far fronte al problema, il Consiglio di vigilanza ha identificato una serie di misure, «con l’obiettivo di sostenere le strutture carcerarie, garantendo la sicurezza e preservando la salute del nostro personale di custodia e dei detenuti». In primis, quindi, si è deciso di sgravare gli agenti di custodia dai compiti secondari che sono normalmente chiamati a svolgere. In questo senso, spiega Gobbi, «si è deciso di affidare a una società esterna il controllo degli accessi al Palazzo di Giustizia a Lugano, in modo da poter recuperare più personale da destinare alle carceri». Sì, perché il problema principale, al di là della mancanza di posti, è proprio quello del personale, chiamato a gestire un numero sempre maggiore di detenuti. Non a caso, di recente è stato esteso anche il concorso per reclutare 15 nuovi agenti di custodia, visto che le candidature pervenute erano state insufficienti. Per evitare di sovraccaricare le strutture carcerarie, il Consiglio di vigilanza ha anche deciso di vagliare altre ipotesi, prima fra tutte quella di tastare il terreno con gli altri cantoni e capire se è possibile agire a livello federale per riuscire a introdurre il processo per direttissima, che oggi non esiste in Svizzera. «In questo modo – dice Gobbi – chi viene colto in flagranza di reato potrebbe essere immediatamente processato, evitando di andare a occupare posti nel carcere preventivo ». Una proposta, sottolinea, che potrebbe essere utile al Ticino, ma anche agli altri cantoni che oggi sono alle prese con una situazione simile alla nostra. Ma non è tutto, perché l’intenzione è anche di adottare misure sostitutive all’arresto: «Per determinati reati, che non impattano sulla sicurezza pubblica, vogliamo valutare la possibilità di evitare l’incarcerazione, sfruttando piuttosto gli arresti domiciliari e l’utilizzo del braccialetto elettronico». Sul tavolo rimane pure il tema dell’acquisto di alcuni container per aumentare i posti di detenzione disponibili. «Ma, anche qui, rimane il problema di avere un numero sufficiente di agenti di sicurezza», commenta il direttore del DI, spiegando che in futuro dovrà anche essere discussa la progettazione di un nuovo carcere, che andrà a sostituire la Stampa, ormai giunta al termine del suo ciclo di vita. «Conoscendo i tempi logistici necessari per la progettazione, il nuovo carcere non è per domani. Ci vorrà ancora qualche anno», evidenzia il consigliere di Stato.

La guardia rimane alta
Altri provvedimenti, invece, sono già stati implementati. «Ad esempio – rileva ancora Gobbi – per snellire i tempi e alleviare il carico di lavoro si cerca di evitare il trasporto dei detenuti dal carcere al Palazzo di Giustizia, facendo in modo che siano invece i procuratori a raggiungere le strutture carcerarie. Piccoli accorgimenti, quindi, che però possono migliorare il lavoro degli agenti di custodia ». L’attenzione al tema, assicura il direttore del DI, rimane alta. E nei prossimi mesi, se sarà necessario, seguiranno altri incontri con tutti gli attori coinvolti. «È chiaro – conclude il consigliere di Stato – sono preoccupato, perché questa situazione rischia di minare la salute dei collaboratori, con il rischio accresciuto di burnout.
Inoltre, i dati dell’occupazione carceraria denotano un malessere diffuso nella società, che porta a commettere reati, anche tra i minorenni».

Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 21 febbraio 2024 del Corriere del Ticino

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Tra i rimedi il processo per direttissima
Carceri ticinesi da tutto esaurito. Gobbi, presidente del Consiglio di vigilanza: ‘Ecco i correttivi che abbiamo deciso e quelli che proporremo’

«La sovraoccupazione delle carceri ticinesi rischia di diventare, di questo passo, strutturale. E non solo da noi. Il sovraffollamento – dovuto all’aumento della criminalità e in particolare dei furti commessi da migranti e dei reati legati agli stupefacenti – è riscontrabile anche nelle altre strutture detentive della Svizzera. Il che è un problema pure per noi, perché limita notevolmente la nostra possibilità di trasferire in queste strutture detenuti in espiazione di pena». Il consigliere di Stato Norman Gobbi è reduce dalla riunione, tenutasi nel pomeriggio di ieri, del Consiglio di vigilanza cui per legge, quella sull’esecuzione delle pene e delle misure per gli adulti, la Lepm, compete “la sorveglianza generale” sugli stabilimenti carcerari del Cantone. Del Consiglio fanno parte i vertici delle autorità giudiziarie penali: è presieduto dal direttore del Dipartimento istituzioni. Ed è in tale veste che Gobbi ha convocato la seduta. Alla riunione hanno partecipato anche le direzioni della Divisione giustizia (Frida Andreotti), delle Strutture carcerarie (Stefano Laffranchini) e dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa (Siva Steiner). Presenti pure la Magistratura dei minorenni e la Polizia cantonale. «Abbiamo individuato e deciso alcuni correttivi per alleggerire la pressione sul personale di custodia e per evitare che la sovraoccupazione metta a repentaglio la sicurezza dello stesso personale e della popolazione carceraria», dice Gobbi raggiunto dalla ‘Regione’.

Le misure
La Farera (capienza massima 88 posti), destinata agli imputati in attesa di giudizio dei quali il Ministero pubblico, con l’ok del giudice dei provvedimenti coercitivi, ha disposto la carcerazione preventiva, e l’attiguo Carcere penale della Stampa (144 posti), riservato alle persone condannate a una pena privativa della libertà: sono principalmente queste le strutture sovraoccupate. Negli ultimi tempi anche da tutto esaurito. Quali dunque i correttivi? «Un miglior coordinamento – spiega il direttore del Dipartimento istituzioni – fra Strutture carcerarie e Polizia cantonale, affinché la persona fermata venga inizialmente rinchiusa nelle celle di polizia, possibilità data per legge, e dunque non venga subito portata alla Farera quando quest’ultima è piena. Il recupero, poi, di personale di custodia oggi impegnato in mansioni che in questo specifico momento risultano secondarie, per affidargli il compito principale: la sorveglianza dei detenuti nelle Strutture carcerarie. Ora per esempio il controllo dell’accesso principale al Palazzo di giustizia a Lugano, in via Pretorio, è assegnato ad agenti di custodia: questo compito verrà affidato a una ditta privata di sicurezza».
Altri correttivi decisi. «Nei casi in cui sarà possibile – riprende Gobbi – si cercherà più di prima di far espiare nel loro Paese di origine la pena inflitta in Ticino a cittadini stranieri non residenti. Inoltre, come Consiglio di vigilanza chiederemo al Consiglio di Stato che alla Clinica psichiatrica cantonale siano previste molte più camere securizzate per la gestione temporanea di persone detenute in fase di scompenso psichico acuto». Ma non è tutto. «Alla Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia, proporrò – fa sapere il consigliere di Stato – l’introduzione, previa modifica della legislazione federale, del processo per direttissima delle persone arrestate in flagranza di reato e per determinati illeciti, in modo che la fase della carcerazione preventiva sia il più breve possibile. Ricordo che oggi il novanta per cento dei detenuti in preventiva sono stranieri non residenti: per loro la carcerazione in attesa di giudizio si rende necessaria per il pericolo di fuga».

Ortelli: ‘Garantire condizioni dignitose’
Alla riunione del Consiglio di vigilanza ha preso parte anche la presidente della commissione parlamentare ‘ Sorveglianza delle condizioni di detenzione’ Maruska Ortelli.
Sono stati decisi «dei piccoli interventi che comunque possono alleggerire la situazione. È però chiaro che a lungo termine si dovrà pensare a un nuovo carcere. I tempi della politica sono ormai quelli che sono», sostiene la deputata leghista. Stando a Ortelli, quella di ieri è stata «una riunione di riflessione, da cui non sono uscite delle soluzioni definitive». E aggiunge: «Il quadro è chiaro, le carceri ticinesi traboccano, ma il margine di manovra è serrato, anche perché pure le altre prigioni svizzere sono al limite di capienza. Se la situazione attuale è ancora tutto sommato gestibile, nel caso in cui il contesto non dovesse stabilizzarsi, diventerà davvero complesso reggere il volume di detenuti. Ora siamo in allarme perché la tendenza non sembra migliorare, anzi».
Sul sovraffollamento Ortelli illustra: «È chiaro che il carcere non deve essere un albergo, ma bisogna garantire delle condizioni dignitose». Non solo. «Preoccupa poi naturalmente anche la situazione del personale: avere il doppio dei detenuti da seguire non è facile. Nonostante si tratti solo di una decina di posti, la prospettiva è la riapertura della nuova sezione femminile alla Stampa. È indubbiamente un’opportunità per le donne condannate a una pena detentiva, che non verranno più rinchiuse nel carcere giudiziario della Farera. Ma in termini di spazi non si risolverà completamente il problema». Tra le soluzioni alternative, il braccialetto elettronico per gli arresti domiciliari. «Si è parlato di questa opzione per chi è domiciliato in Ticino. Non si tratta però di una percentuale elevata. Ripeto, sono dei piccoli accorgimenti che tutti insieme possono portare dei cambiamenti, seppur non risolutivi. L’obiettivo è di alleggerire anche il personale e il servizio medico che stanno risentendo fortemente di questo contesto», evidenzia la granconsigliera.
Disporre di personale in sufficienza è centrale, il bando di concorso per aspiranti agenti di custodia è stato prolungato fino all’11 marzo: come avvicinare più persone a questo lavoro? «Non è una professione per tutti. Sentire che la situazione nelle carceri è così tesa, tra sovraoccupazione e pressione sul personale, sicuramente non aiuta. Rendere più attrattivo questo mestiere sarà – indica Ortelli – un tema di discussione in commissione».

Articolo pubblicato nell’edizione di  mercoledì 21 febbraio 2024 de La Regione