Dissimulazione del volto, sì alle modifiche

Dissimulazione del volto, sì alle modifiche

Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 4 settembre 2019 de La Regione

Dopo lo stop di Losanna, luce verde dalla ‘Costituzione e leggi’ al messaggio governativo

I motivi di carattere politico o commerciale sono da considerarsi come eccezioni alla Legge sulla dissimulazione del volto. Lo ha deciso ieri la Commissione parlamentare Costituzione e leggi, sostenendo il rapporto di Carlo Lepori che dà il via libera al messaggio governativo risalente a metà gennaio. Salvo una parola. Sì, perché ammettendo i rilievi mossi dal Tribunale federale accogliendo il ricorso dei giuristi Filippo Contarini e Martino Colombo, il governo decise di modificare la legge parlando di “manifestazioni di carattere politico”. E invece no, rilancia il rapporto di Lepori. Meglio “tralasciare il riferimento al termine ‘manifestazioni’, perché si presta a interpretazioni differenti. Lo spiega lui stesso raggiunto dalla ‘Regione’: «Con questo termine, ad esempio, non sarebbe tutelata una singola persona che decide di fare una dimostrazione a volto coperto. Meglio parlare di ‘motivi’, anche perché vi è già una sufficiente giurisprudenza del Tribunale federale”. Insomma, sta per trovare la sua forma definitiva un provvedimento che prende le mosse dall’iniziativa anti-burqa e anti-niqab lanciata dal losonese Giorgio Ghiringhelli, approvata dal popolo ticinese il 22 settembre 2013 con il 65,4 per cento di favorevoli. Iniziativa che aveva, appunto, inserito nella Costituzione il divieto di dissimulare il volto. Nel marzo 2015 il Consiglio di Stato ha varato il progetto di riforma della Legge sull’ordine pubblico, approvata poi dal Gran Consiglio il 23 novembre dello stesso anno. È stata poi la volta del ricorso al Tribunale federale di Contarini e Colombo, si diceva. Ricorso che l’Alta Corte di Losanna ha parzialmente accolto, costringendo così a rivedere la legge contro la dissimulazione del volto in modo che prevedesse eccezioni anche per ragioni politiche, commerciali e pubblicitarie. Un verdetto cui Norman Gobbi, direttore del Dipartimento istituzioni, replicò affermando come il Consiglio di Stato sarebbe “intervenuto con un messaggio puntuale per apporre alla Legge i correttivi richiesti dalla sentenza”. Correttivi apposti all’inizio di quest’anno – “allineando le leggi cantonali a quanto disposto dal Tribunale federale” – e ieri ‘vidimati’ dalla Commissione Costituzione e leggi.