Deboli contro la mafia

Deboli contro la mafia

Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 4 settembre 2019 de La Regione

Il fenomeno sarebbe sottovalutato in Svizzera, mancando norme specifiche
Il deputato Matteo Quadranti domanda maggiore coordinazione tra Mpc e Procura cantonale

In una recente intervista al portale swissinfo.ch, il procuratore generale della repubblica di Cantanzaro Nicola Gratteri ha affermato che “la ’ndrangheta è presente da decenni in Svizzera. Malgrado la buona collaborazione con l’Italia, il sistema giudiziario elvetico non è adeguato alla realtà criminale presente sul suo territorio”. Il magistrato italiano ha anche affermato che alcuni reati, come per esempio quello di associazione mafiosa, in Svizzera sono trattati in maniera più lieve rispetto al sistema legislativo italiano. “Questo è un problema che non riguarda solo il sistema giudiziario elvetico, ma tutta l’Europa dato che negli ordinamenti non c’è il reato di associazione di stampo mafioso. Il reato che in Svizzera gli si avvicina è quello di associazione segreta (organizzazione criminale, art. 260 ter C.P, ndr), la cui pena va da uno a cinque anni. Una pena ridicola se si pensa che in Italia corrisponde alla condanna che rischia una persona in possesso di una pistola con matricola abrasa”. “Per le mafie è quindi conveniente delinquere in Svizzera, così come è conveniente farlo nel centro e nel Nord dell’Europa. Le pene sono molto basse e il rischio di essere indagati esiste solo se le polizie italiane fanno delle indagini”. Il deputato al Gran Consiglio Matteo Quadranti (Plr), proprio partendo da questa intervista del magistrato Gratteri, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere come funziona la collaborazione tra Ministero pubblico della Confederazione, presente con un’antenna in Ticino, e l’autorità giudiziaria cantonale. Quadranti ricorda che l’art. 260 ter del Codice penale prevede anche che «quando l’attività mafiosa o legata a un’organizzazione criminale si svolge all’estero ma con risultati anche in Svizzera, fosse anche il transito di denaro e quindi poi il reato di riciclaggio ai sensi dell’art. 305 bis, la Svizzera può e deve di principio attivarsi per sanzionare e catturare i responsabili ovunque si trovino». Ed è qui che Quadranti fa l’esempio del traffico di stupefacenti e in particolare di cocaina che sarebbe – almeno in Europa – per gran parte in mano alla ‘ndrangheta e alla mafia albanese. «Il denaro transita anche dal sistema svizzero», fa notare il deputato liberaleradicale. Anche in Ticino – continua – la cronaca spesso e volentieri tratta di traffico internazionale di stupefacenti (da Albania, Kossovo, Repubblica Dominicana, Colombia e Brasile). «Le autorità penali ticinesi reprimono tale attività, ma nelle rete cadono solo i pesci piccoli, mentre più raramente sul nostro territorio si arriva a colpire i trafficanti più grossi sino a eventualmente smantellare le attività criminali di tipo mafioso a livello internazionale», ci dichiara Quadranti che ricorda anche che dal potenziamento del Ministero pubblico per i reati fallimentari «ci si potrebbe attendere qualche filone d’indagine internazionale relativo alla provenienza di fondi illeciti per creare aziende dove magari il credito bancario è ristretto: artigianato edile e ristorazione, per esempio».

Su alcuni temi sollevati da Quadranti, abbiamo interpellato il Ministero pubblico cantonale il quale ci ha risposto che “da prassi, non si esprime su tematiche sollevate in atti parlamentari pendenti”. «Risponderemo a Quadranti, con i tempi e i modi previsti dalla legge», afferma invece il consigliere di Stato Norman Gobbi, direttore del Dipartimento istituzioni.