“Dopo la sicurezza pensiamo alle libertà”

“Dopo la sicurezza pensiamo alle libertà”

Articolo pubblicato nell’edizione di domenica 10 marzo 2019 de Il Caffé

Parola di ministro, bilanci e impegni di Norman Gobbi

La promessa è impegnativa: “Sino adesso abbiamo lavorato per garantire più sicurezza in Ticino e ci siamo riusciti, ora bisogna dare più libertà”. Parola di Norman Gobbi. Dare più libertà per il direttore del dipartimento Istituzioni, significa innanzitutto alleggerire il peso di una burocrazia invasiva e snellire quelle procedure amministrative che troppo spesso impastoiano cittadini e imprese.
Il ministro leghista in questi ultimi anni non è cambiato solo fisicamente: “Oggi – dice – guardo le cose con meno impeto, perché vedo che i tempi reali della politica non sono quelli che vorrei. La macchina dello Stato si muove più lentamente”. Un cambiamento in sintonia con un leghismo meno irruente e più istituzionale. Da consigliere di Stato la cosa di cui va più fiero, oltre ad aver ridato sicurezza ad un Paese impaurito dallo stillicidio di furti e rapine, è la riorganizzazione del suo dipartimento: “C’era bisogno di nuovi impulsi, di un assetto operativo più efficiente per rispondere meglio alle esigenze del Paese. Ma non è solo merito mio. La scelta del personale e il lavoro di squadra sono stati decisivi”. Un’ora e passa di faccia a faccia col direttore delle Istituzioni che non schiva nessuna domanda, neanche quelle che lo pungono nel vivo.
Chi dice Gobbi, dice polizia. Più agenti e più controlli al punto che qualcuno lo accusa di volere uno Stato di polizia. “Più che i controlli è aumentata la presenza della polizia sul territorio – replica -. Non dimentichiamo che nel 2011 avevamo toccato un picco di reati che avevano creato un forte allarme nella popolazione. Siamo riusciti a stabilizzare un buon livello di sicurezza, sono diminuiti nettamente furti e rapine. Di conseguenza è migliorata nei cittadini la percezione della sicurezza”. All’obiezione che la criminalità economica, quella che oggi più preoccupa il ministero pubblico, meriterebbe altrettanto impegno, risponde: “La legge sui fiduciari ci permette di monitorare l’attività della piazza finanziaria, ma si tratta di reati solitamente assai complessi che richiedono un lungo lavoro investigativo. Contro questo tipo di criminalità, è importante coordinare meglio le informazioni, migliorare la comunicazione tra i vari settori dell’amministrazione cantonale e rafforzare la sezione dei reati economico-finanziari della Procura. Perciò, abbiamo deciso di potenziarla con un procuratore pubblico in più”. Una decisione criticata però dal Mattino: “Il che evidenzia la mia autonomia politica, la mia libertà operativa” ribatte.
Secondo il ministro, uno dei principali problemi del ministero pubblico è l’elevato turnover dei magistrati. Si augura che sotto la guida del procuratore generale Andrea Pagani, le cose migliorino, ma non risparmia una critica al predecessore John Noseda. “La sua era una conduzione molto mediatizzata, ma non altrettanto efficace. Noseda, gran lavoratore, era anche un accentratore, gestiva personalmente persino i casi meno importanti, il che può aver creato qualche squilibrio nella procura. Credo che Pagani punti di più su un lavoro di squadra”. Sui ritardi della riforma “Giustizia 2018”, assicura che con la magistratura si è avviato un dialogo costruttivo per trovare le giuste soluzioni, analizzando organizzazione interna, carichi di lavoro, distribuzione delle risorse e bisogni reali. Tra le novità della riforma ci saranno “gli indicatori di prestazione” per i magistrati: “Un elemento che introdurremo – precisa – discutendone con i magistrati e la Commissione giustizia del parlamento”
Sarà per la sua laurea in scienze della comunicazione, sarà che Gobbi sin da ragazzo sognava di fare il consigliere di Stato, e si è addestrato alla funzione con una lunga militanza nell’associazionismo e nella politica, fatto è che tra i cinque ministri è quello che comunica meglio. Chiaro, conciso, diretto. Non s’inalbera davanti alle critiche sulla nuova legge che ha attribuito più poteri alla polizia al di fuori del controllo dei magistrati. “C’è una grande attenzione a non abusare di questa legge sottolinea – perché s’incrinerebbe anche il rapporto di fiducia tra cittadini e polizia. Sulla base dell’esperienza concreta e delle direttive che verranno elaborate con il Ministero pubblico, vedremo se saranno necessari dei correttivi. Il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza va sempre garantito”.
Chi dice Gobbi, dice linea dura con le espulsioni degli stranieri, molte poi bocciate dal Tribunale amministrativo. “Soprattutto per la ponderazione dei reati commessi dagli stranieri – precisa – su cui il governo chiede rigore, in particolare per gli abusi negli aiuti sociali. Molte di quelle espulsioni erano il risultato di considerare gli assegni familiari e di prima infanzia come aiuti sociali, ma una volta che il Tribunale federale ha stabilito che non sono tali, bensì un sostegno alle famiglie, la prassi è cambiata”.
Ma chi dice Gobbi dice anche lungaggini per i permessi di lavoro e di dimora che hanno sollevato le critiche dell’economia. Con la riorganizzazione dell’Ufficio migrazione le cose andranno meglio, afferma il ministro. “Rispetto al volume di pratiche da evadere, complessivamente circa 179mila all’anno, noi dovremmo avere indicativamente il doppio di personale per essere al pari con gli altri cantoni. Ma non vogliamo aumentare l’organico più di quanto concessoci da Governo e Commissione della gestione, perciò abbiamo riorganizzato il servizio, per velocizzarlo e recuperare i ritardi. Come dicevo prima, dopo una fase in cui abbiamo privilegiato i controlli ora vogliamo puntare sulla libertà, che significa anche dare risposte immediate ai cittadini e alle imprese per la richiesta dei permessi”.
Altro nervo scoperto del dipartimento le contestate imposte di circolazione: “Faremo il punto sulle critiche che sono molto differenziate – spiega -, anche se nessuno sembra avere le idee chiare. Il nostro obiettivo è rispondere alle iniziative popolari e ridurre le imposte di circolazione. Avevo proposto 30 milioni in meno. Ci si è fermati a una decina”. Sul caso Argo1 non accetta invece le accuse di chi sostiene che il dipartimento Sanità e socialità sia stato lasciato solo nel gestire l’emergenza profughi, né di non aver informato il ministro Beltraminelli che nell’agenzia di sicurezza era impiegato un agente controllato dalla polizia perché sospettato di essere un fiancheggiatore dell’Isis. “Il Dss non è stato lasciato solo, noi lo abbiamo aiutato a cercare le strutture della protezione civile per ospitare i richiedenti d’asilo. Di quell’agente io, come tutto il governo, abbiamo saputo soltanto la mattina del suo arresto”.
Se gli si chiede di indicare una sua qualità per cui gli elettori dovrebbero votarlo, sceglie “la determinazione” nel difendere l’identità e gli interessi del Ticino: “Chi vota Gobbi sa per cosa vota”. Se non ci fossero la Lega e l’Udc, si dice pronto a fondare un nuovo partito: “Perché credo in alcuni valori che vanno sempre difesi”.