L’ombra del terrorismo sul Ticino

L’ombra del terrorismo sul Ticino

Dal Mattino della domenica | Norman Gobbi ragiona sugli ultimi fatti accaduti a Chiasso

Ad inizio settimana c’è stata una notizia che ci ha scosso ancora una volta. Sto parlando dei sospetti per legami terroristici verso due cittadini tunisini al Centro di registrazione a Chiasso, arrestati lo scorso weekend poco dopo il loro arrivo in Svizzera e messi sotto sicurezza dalle autorità cantonali.

Non è la prima volta che si parla – in un modo o nell’altro – di terrorismo alle nostre latitudini. Anche se sul nostro territorio – fortunatamente – non ci sono ancora stati fatti di sangue di terrorismo di matrice islamica, siamo però stati sollecitati – Ticino e Svizzera – come luogo di reclutamento o di passaggio di potenziali terroristi. Il mese scorso si era infatti parlato di un 18enne marocchino, autore di due accoltellamenti nelle strade di Turku, in Finlandia, che nel 2016 aveva chiesto asilo a Chiasso.

Come dimenticare poi il maxi-blitz di febbraio, che ha portato a una condanna per sostegno ad Al-Qaeda e all’Isis lo scorso agosto al tribunale federale. Un arresto che ha svelato un preoccupante movimento di proselitismo che si espande tra Ticino e Lombardia, complice evidentemente la presenza di una metropoli così estesa come Milano.

Come ripeto spesso, malgrado queste notizie possano portare inquietudine tra i ticinesi, il fatto che questi casi diventino pubblici dimostra come il lavoro d’intelligence da parte del Cantone e la collaborazione con la Confederazione e i partner esteri funzioni e porti misure di protezione attiva verso la nostra comunità. Continuo a ribadire quindi che ho piena fiducia nell’operato dei miei collaboratori coinvolti, e sono certo che questa sia una priorità nella loro missione: scoprire e allontanare dal nostro territorio personaggi che possono mettere in pericolo la nostra sicurezza interna.

Non dobbiamo però allarmarci: la Svizzera non risulta essere uno degli obiettivi principali delle organizzazioni terroristiche, anche se il rischio zero non esiste. Dobbiamo però dimostrare, tramite la nostra attività d’intelligence, che sul nostro territorio non c’è spazio per attività di reclutamento e di preparazione per azioni che possono ferire sì altre nazioni, ma che in fondo feriscono ognuno di noi nel nostro senso di sicurezza e nella nostra percezione di libertà.

A livello politico ci stiamo muovendo, per poter dare ai nostri collaboratori e alla giustizia gli strumenti adatti per affrontare questa nuova – ma ormai sempre più attuale – minaccia. Proprio di recente il Governo del quale faccio parte, rispondendo a una consultazione federale, ha chiesto a Berna – su proposta del mio Dipartimento – di valutare l’inasprimento delle pene per i reclutatori che cercano adepti da radicalizzare.

Non da ultimo, dobbiamo agire anche a livello di prevenzione, creando le basi giuste per far sì che una persona, prima di tutto, non si radicalizzi. Ed è per questo che la scorsa settimana abbiamo scritto a tutti i Comuni ticinesi sensibilizzando sulla distribuzione delle copie del Corano nelle piazze, nell’ambito della campagna “Lies!” (dal tedesco “leggi!”). Ho chiesto a tutti i Municipi di respingere queste manifestazioni su suolo pubblico perché quest’organizzazione salafita islamica che predica e distribuisce il Corano per strada, partita dalla Germania, può essere legata ad azioni di radicalizzazione e reclutamento jihadista, ed è stata quindi ritenuta anticostituzionale dalla conferenza dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (della quale faccio parte).

Infine, dobbiamo tutti aprire gli occhi, anche coloro che se li sono coperti da soli come una delle tre scimmiette: i controlli effettuati all’entrata del nostro territorio dalle Guardie di confine e dagli organi di Polizia sono essenziali, come pure quelli ancor più approfonditi su chi chiede asilo nella nostra nazione. Ora più che mai siamo coscienti che non possiamo abbassare la guardia e che dobbiamo agire, in maniera coordinata, con tutti i partner coinvolti a livello nazionale e internazionale, contro chi pensa di muoversi indisturbato da nazione a nazione per compiere atti ignobili e fuggire poi lontano. Ricordando loro che da noi i controlli ci sono e gli arresti dello scorso weekend ne sono la testimonianza.

Norman Gobbi,
Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle istituzioni

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