Polizia unica, prossimità, rapporti con le Comunali… Parla Luca Filippini

Polizia unica, prossimità, rapporti con le Comunali… Parla Luca Filippini

Il segretario generale del DI: “Non è l’assetto organizzativo, ma le forze e l’impegno dedicati a questa importante tematica a concretizzare la vicinanza al cittadino”

Il nuovo disegno di legge sulla Polizia presentato nelle scorse settimane dal Dipartimento e dal Comando non ha affrontato, come ci si poteva attendere, il tema controverso della “polizia unica”, che è tornato recentemente al centro del dibattito politico. La domanda che molti si sono posti è se non sarebbe stata l’occasione per farlo. Un’opportunità persa, dunque? Tempi ancora non maturi? Oppure la polizia unica è un sogno, qualcosa che appartiene alla retorica politica ma che in Ticino non si potrà mai realizzare?
Lo abbiamo chiesto a Luca Filippini, segretario generale del Dipartimento delle istituzioni, che in questa intervista spiega la strategia che guiderà le scelte dei prossimi anni sul fronte della sicurezza.

Partiamo dalla polizia unica. Perché non se n’è parlato?
Il nuovo disegno di legge ridefinisce le competenze di polizia, non i compiti delle polizie comunali. La possibilità di inserire il tema è stata valutata in relazione all’opportunità o meno d’integrare nel testo di legge proposto l’attuale legge sulla collaborazione fra polizia cantonale e polizie comunali del 16 marzo 2011. Considerato lo stato di avanzamento dei lavori dello specifico gruppo di lavoro “polizia ticinese”, si è ritenuto poco appropriato fondere la legge sulla polizia e la legge sulla collaborazione in un unico documento. È importante evidenziare che l’attuale disegno di legge sulla polizia potrà essere applicato a ogni assetto organizzativo futuro, dalla polizia unica all’attuale status quo.

Durante la presentazione della revisione legislativa è stato spiegato che l’assetto della Polizia ticinese rimane immutato, ma flessibile e adattabile alle circostanze che il futuro presenterà, senza necessità di ricorrere a nuove ulteriori revisioni. In concreto cosa significa? È una porta aperta verso una radicale riorganizzazione con l’obiettivo di fare il grande passo verso una polizia unica?
Significa che il testo messo ora in consultazione ha una formulazione che distingue fra le competenze di “tutte” le polizie ticinesi e quelle esclusive della Polizia cantonale. Qualora in futuro si mantenga lo status quo o una soluzione nella quale continuino a esistere una o più polizie comunali, la legge non necessiterà di alcuna modifica. Se invece il Gran Consiglio dovesse optare per una “polizia unica” sarà sufficiente stralciare dal testo il riferimento “cantonale” dopo il termine “Polizia”.

Restando sul tema, è chiaro a tutti che l’attuale organizzazione, con 15 Corpi di polizia polo o strutturata, comporta ingenti sprechi di risorse umane e finanziarie. E crea anche problemi di coordinamento negli interventi e nei picchetti sulle 24 ore. È una situazione che si intende correggere a breve, anche alla luce dell’atto parlamentare presentato due anni fa dal deputato Raoul Ghisletta e firmato da una quindicina di esponenti di diversi partiti? O in un Ticino dominato dal campanilismo è un’idea che rimarrà sulla carta per i prossimi anni?
Premesso che la decisione sull’assetto della “polizia ticinese” rimane di esclusiva competenza delle autorità politiche e in particolare del Gran Consiglio, per rispondere si può richiamare quanto affermato dal Consiglio di Stato in occasione della recente risposta data al Parlamento: “Un assetto definito sul modello di polizia unica permetterebbe certamente di ridurre ridondanze e dunque una riduzione di costi. Se a questo modello si accompagnasse pure una ridefinizione e conseguente suddivisione dei compiti tra agenti di polizia e assistenti, alla stregua di quanto si sta testando nella Regione VIII delle Tre Valli, i benefici potrebbero, dal profilo finanziario, essere verosimilmente ancora più marcati. In effetti, grazie a un corpo di polizia unica supportato da assistenti di polizia (ndr: non ausiliari), che potrebbero essere assunti e controllati da parte dei Comuni o dal Cantone a seconda delle necessità, sarebbe certamente possibile ottimizzare i processi e la qualità dei servizi erogati e, di conseguenza, ridurre i costi, senza che il ruolo dell’assistente vada a sostituirsi a quello dell’agente di polizia. Ciò avverrebbe, in particolare, grazie a un uso più oculato delle risorse, siano esse di personale, logistiche, strutturali o formative, andando a ridurre quegli inevitabili doppioni che esistono attualmente. Un’unica linea di condotta permetterebbe in particolare di impiegare in maniera più mirata e funzionale il personale, razionalizzando gli sforzi e orientando le azioni a seconda delle necessità e dei bisogni, siano essi comunali, regionali o cantonali. I risultati raggiunti dagli altri cantoni che già hanno fatto questo passo dimostrano che l’operazione è possibile e che non comporterebbe la perdita di competenze e vicinanza alla popolazione”.

Insomma, il messaggio del Governo sembra chiaro. E tocca anche il delicato tema della prossimità, invocato come argomento fondamentale anche nei recenti dibattiti pubblici, da chi è contrario alla polizia unica. Non è un valore e un compito che nei piccoli comuni si andrebbe a perdere creando un corpo unico?
Riprendo la risposta del Governo: “L’attività della polizia di prossimità continua ad essere garantita anche nei cantoni in cui (da anni) si conosce la polizia unica, a prescindere dal fatto che essa esistesse da sempre o sia stata creata successivamente attraverso una fusione dei corpi”. L’Esecutivo ritiene, dunque, che la prossimità sia realizzabile a prescindere dall’assetto scelto, prova ne è che vi sono realtà come la nostra attuale, ma pure numerosi Cantoni che hanno solo una polizia unica e garantiscono comunque la prossimità. Non è l’assetto organizzativo a determinare se sia fattibile svolgere la “prossimità”, ma le forze e l’impegno dedicati a questa importante tematica a concretizzare la vicinanza al cittadino. La “prossimità” è un compito di polizia e quindi verrà e dovrà essere svolto a prescindere dalla struttura di cui il Canton Ticino vorrà dotarsi in ambito di polizia.

Lei ha citato la risposta che il Governo ha dato a inizio giugno a uno dei quesiti posti dal gruppo parlamentare socialista sul consuntivo dello scorso anno. In quella risposta si distingue tra efficienza ed efficacia, cioè tra costi e potenziamento dell’attività operativa delle forze dell’ordine…
Esatto, dopo aver ricordato che è attualmente attivo un gruppo di lavoro sulla “polizia ticinese” che ha il compito di indicare alle autorità politiche i possibili assetti della polizia per il prossimo futuro, il Governo afferma che “si tratta di definire se l’obiettivo di un progetto di polizia unica dovrà essere posto sul risparmio – ponendo l’accento sull’efficienza – oppure sulla maggiore efficacia, oppure su una “formula mista” ottimizzando efficienza ed efficacia”. Secondo il Consiglio di Stato, “si tratta di tre indirizzi ragionevolmente ipotizzabili. Sarà quindi essenzialmente compito delle scelte politiche che verranno prese, definire cosa si vorrà ottenere e garantire per il nostro Cantone: ci si vorrà limitare “unicamente” alla riduzione dei costi o si vorrà tentare di incrementare pure l’efficacia?”

Raoul Ghisletta propone di mantenere a livello comunale agenti non armati con compiti di sicurezza locali. Ma i comuni più importanti, in primis Lugano, non sono disposti a rinunciare a una propria polizia cittadina…
Il tema degli assistenti di polizia, categoria professionale che oggi gode pure di uno statuto riconosciuto a livello federale rilasciato al termine di un iter formativo di più mesi, risulta di interesse da parte degli Enti locali. Ciò è da ricondursi al fatto che buona parte dei compiti locali possono essere svolti da questa figura professionale, la quale può essere formata e impiegata in maniera più rapida, economica e mirata ai bisogni specifici dei Comuni.

Un altro tema sollevato dagli scettici è il fatto che alcune zone discoste del cantone non sarebbero più presidiate da agenti che operano a stretto contatto con le autorità amministrative locali, che conoscono i problemi legati al loro territorio…
Anche in questo caso la preoccupazione non può né essere condivisa né accettata, infatti i cantoni che già oggi conoscono una polizia unica – a prescindere dal fatto che l’avessero da sempre o l’abbiano istituita tramite la fusione – garantiscono la prossimità in luoghi anche più discosti delle realtà ticinesi. Giova anche ricordare che diverse regioni discoste ticinesi già oggi sono principalmente monitorate e presidiate da forze cantonali e, nelle Tre Valli, su richiesta delle autorità comunali è attivo un “progetto pilota” che finora ha dato risultati soddisfacenti e la cui durata è prevista fino al termine del 2023.

Da www.liberatv.ch