Quell’ultima arma da sfoderare

Quell’ultima arma da sfoderare

Dal Corriere del Ticino del 1. dicembre 2017

A 39 aspiranti agenti della scuola di polizia del V circondario è stata consegnata la pistola d’ordinanza Norman Gobbi: «Essere pronti a usarla è parte del vostro compito» – Le sensazioni dopo i fatti di Brissago

Si sono allenati per mesi, hanno esercitato il tiro lungo 110 ore, sparando 3.000 colpi. Dopo tanto sudore e una marcia di 50 chilometri conclusa nella notte, ieri, hanno raggiunto un traguardo ricco di significati. Sono i 39 aspiranti agenti della scuola di polizia 2017 del V circondario ai quali è stata consegnata l’arma di ordinanza. «Uno strumento necessario per difendersi ma che può anche arrecare danno a un’altra persona» ha subito sottolineato il sostituto comandante della polizia cantonale Lorenzo Hutter. Nello stabile G del posto di comando a Bellinzona – appena adibito alla formazione tecnico-tattica e alla sicurezza personale – a risuonare a più riprese sono state le parole «responsabilità», «fiducia» e «proporzionalità». Tutti ingredienti fondamentali per il corretto utilizzo della pistola in servizio. Ma anche elementi di riflessione a quasi 2 mesi dal dramma di Brissago che ha visto un agente della cantonale uccidere, sparandogli, un 38.enne richiedente l’asilo dello Sri Lanka che stava per aggredire, con due coltelli in mano, dei suoi connazionali hanno assunto un valore forse ancor maggiore. Non a caso il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi è tornato sull’episodio rivolgendosi ai futuri agenti. «Un vostro collega, a ottobre, è dovuto ricorrere all’uso dell’arma d’ordinanza per proteggere l’incolumità sua e delle altre persone presenti. Una scelta che è stata fatta come ultima ratio di fronte a una grave minaccia. Una scelta non leggera, che ha portato irrimediabilmente a delle conseguenze». Conseguenze a livello personale come pure in termini mediatici. «In un Cantone come il nostro un colpo sparato fa ancora – direi fortunatamente – notizia» ha affermato Gobbi. Per poi precisare: «Alcuni agenti che hanno vissuto situazioni di questo tipo, non per forza per lo stesso motivo, mi hanno confidato che è forse questa la difficoltà maggiore. Vedere articoli su giornali, online, servizi alla televisione e alla radio, e sapere che stanno parlando di te: è una cosa che non lascia indifferenti».
A precedere la consegna dell’arma è perciò stato l’invito del consigliere di Stato: «È parte del vostro lavoro essere pronti a utilizzarla in caso di necessità, ma lo è soprattutto sapere quando sia il momento di farlo». Sull’attenti, chi con fare più sicuro e chi invece con voce più flebile e prontamente ripreso dal primo tenente Cristiano Nenzi, i 39 aspiranti hanno dunque preso possesso della propria arma. «C’è soddisfazione, ma si è altresì coscienti della responsabilità e della fiducia riposta in noi sia dalle istituzioni sia dai cittadini» ci ha confidato l’aspirante agente Davide Brugali. A fargli eco è stata Sara Fatima El-Husseini, una delle cinque poliziotte in formazione: «L’emozione è forte: dopo i grandi sacrifici di queste settimane oggi raggiungiamo infatti un importante obiettivo». Ma con quale spirito si riceve una pistola, a poche settimane dai fatti di sangue di Brissago? «Un anno fa un episodio simile non mi avrebbe segnato come lo ha fatto lo scorso ottobre» ammette Brugali: «Fattispecie come queste ci fanno capire che veramente può succedere anche in Svizzera. Detto questo tutta la nostra formazione è proprio mirata all’utilizzo dell’arma come ultima possibilità a nostra disposizione». L’istruttore David Manco è comunque certo: «Gli agenti che escono da questo stabile con l’arma lo fanno in modo cosciente. E in caso di intervento sono sicuro che verrebbe applicato quanto appreso durante la formazione». Il resto lo farà invece l’esperienza, anche se i 39 aspiranti poliziotti dovranno ora essere in grado di valutare se il ricorso alla pistola si giustificherà o meno. «Ma tutta l’istruzione è costruita per arrivare a saper agire in un contesto reale» evidenzia l’istruttrice Federica Rossini. L’aiutante capo e responsabile della formazione di base Mauro Del Biaggio conferma in tal senso che «gli agenti sono abilitati all’uso dei mezzi coercitivi e dell’arma, alla quale potranno fare ricorso da domani, naturalmente con l’accompagnamento di colleghi più esperti».

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