Saluto del Presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi in occasione del Locarno Film Festival

Saluto del Presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi in occasione del Locarno Film Festival

Ricevimento in onore del Gran Consiglio e del Premio Cinema Ticino

Caro presidente del Gran Consiglio,
Signore e signori Deputati,
Caro Sindaco,
Signore e signori Sindaci e municipali,
Lodevoli autorità tutte,
Signore e signori,  

ringrazio di cuore il Locarno Film Festival per questo invito. È un piacere e un onore essere di nuovo qui, a portare il caloroso saluto di tutti i colleghi di Governo.  
È la terza volta che partecipo a questo ricevimento come Presidente del Consiglio di Stato, e – come nelle altre occasioni – sento l’emozione di essere parte di un evento che porta il nome del nostro Cantone ben oltre i suoi confini.  
In un periodo storico complesso, attraversato da quella che potremmo chiamare una multicrisi, abbiamo bisogno di momenti come questo: occasioni in cui, insieme, proiettiamo verso l’esterno la nostra immagine migliore. Non tanto per “piacere” agli altri, ma per ritrovare fiducia in noi stessi, nei valori che il Ticino incarna ogni giorno.  
Nei primi giorni del mio mandato ho espresso un desiderio chiaro: avviare una riflessione su come parliamo di noi stessi. Negli anni, ci siamo forse abituati a descriverci in modi che non rendono giustizia alla nostra creatività, alla nostra resilienza, alla nostra capacità di fare squadra.  
In questo senso, il Locarno Film Festival è una preziosa eccezione: pur tra discussioni e divergenze, ha sempre lavorato con un obiettivo comune – il bene della rassegna e del territorio – dimostrando che la qualità nasce non solo dai mezzi, ma anche dalla passione e dall’ingegno.  
E questa sera celebriamo anche il Premio biennale Cinema Ticino, attribuito a Michele Dell’Ambrogio: un riconoscimento a un impegno di quasi mezzo secolo, fatto di amore per l’arte e dedizione alla comunità. La Svizzera è forte proprio perché tante persone, come lui, scelgono di mettersi a disposizione in modo disinteressato e costruttivo a favore della comunità.  
La Svizzera è nota per il suo sistema politico, ma anche per evitare di parlare dei temi evidenti. Care e cari deputati, eccoci all’“elefante nella stanza”: fra pochi giorni ci attende una seduta straordinaria del Parlamento che si preannuncia complessa.  
Sappiamo tutti che, da qualche anno e non solo nel nostro Cantone, il dialogo fra Governo e Parlamento è difficile. In altri sistemi politici potrebbe non essere un problema. Ma nella nostra democrazia diretta, fondata sulla partecipazione e la condivisione delle responsabilità, quando una parte si chiude in opposizione sterile, il risultato è il blocco delle decisioni.  
E non dobbiamo mai dimenticare: la ragione per cui siamo qui è servire. Non per fare performance individuali, non per collezionare “like” o applausi momentanei, ma per contribuire – insieme – al bene comune.
Il CEO del Locarno Film Festival, qualche mese fa, ha scritto per la Neue Zürcher Zeitung un articolo molto ambizioso sull’«anima perduta del Ticino», che purtroppo in Ticino è passato piuttosto inosservato.
Ognuno di noi è parte del Ticino, ha scritto Raphael Brunschwig. Una particella elementare con la responsabilità di prendersi cura dell’anima collettiva. Il cambiamento che auspico per il mio Cantone verrà dalla capacità di concentrarci sulle cose più piccole, ai margini e nelle fessure della vita culturale – una «cultura» intesa nel senso più ampio, cioè come il nostro modo molto specifico di fare le cose, in un determinato momento e in un determinato luogo. Uno stile di vita che possa diventare una «via ticinese».
Questo richiamo a un certo «modo di fare le cose» è un’interrogazione che rimane aperta, e intende aprire una discussione che riguarda ovviamente anche noi politici. Sono convinto che il “modo ticinese” di affrontare le sfide, è fatto di rispetto reciproco, ascolto e volontà di costruire.
In tempi di crisi – e noi viviamo tempi di multicrisi – la tentazione di cercare un colpevole è forte. Ma la strada giusta è un’altra: non puntare il dito, ma rimboccarsi le maniche. Non dividere, ma unire. Non isolarsi, ma cercare il punto d’incontro.   Perché il bene comune non è mai frutto del lavoro di uno solo. È sempre il risultato di un cammino condiviso.  
Ecco perché, stasera, oltre a celebrare il Festival, vi invito a portare con voi, nei prossimi mesi, un po’ della sua energia creativa. Mettiamola a servizio della politica, della cultura, della nostra comunità.
Facciamolo non per il nostro nome, ma per il nome del Ticino.
Grazie a tutti. E buona serata.