“Stato ficcanaso”? Stiamo parlando di sicurezza!

“Stato ficcanaso”? Stiamo parlando di sicurezza!

Da il Mattino della domenica | Una legge per proteggerci dal terrorismo e dal crimine organizzato

Qualche anno fa si sentiva parlare di terrorismo. Ma era lontano dalla nostra realtà, dai nostri usi e dalle nostre abi­tudini. Nel corso dell’ultimo anno l’Europa è stata colpita al cuore e quel concetto lontano ha iniziato a toccarci più da vicino. La cronaca quest’estate ci ha pure rivelato che ci sono fanatici che vivono in piccoli centri simili ai nostri paesini, in Germania e negli Stati limitrofi, pronti a commettere una strage, in qualsiasi momento, nel nome di Allah. E non è solo il terrori­smo a preoccupare. L’Ufficio federale di polizia ha infatti rilevato negli ul­timi anni l’insediamento di organizza­zioni mafiose nel nostro Paese. La nuova legge sulle attività informative (LAIn), in votazione il prossimo 25 settembre, vuole dotare i nostri 007 di strumenti adatti alla lotta contro nuove minacce.

Attacchi terroristici imprevedibili?

Parigi, Bruxelles, Nizza, Baviera: at­tacchi incontrollabili e imprevedibili? Forse non del tutto. Prendiamo ad esempio Nizza. Qualche giorno dopo la strage, appaiono sui giornali dettagli inquietanti rilasciati dalle autorità fran­cesi. L’attentatore avrebbe svolto delle ricerche quasi quotidiane sui canti re­ligiosi usati dall’IS come propaganda e sulle recenti azioni terroristiche come la strage di Orlando, e avrebbe effettuato un sopralluogo – visibile da alcune telecamere di sorveglianza ­sulla Promenade des Anglais nei giorni che precedevano la strage. In­formazioni che forse, se fossero arri­vate prima nelle mani dell’intel­ligence, avrebbero evitato che succe­desse l’irreparabile. Ho parlato di un altro Paese europeo, vicino alla nostra realtà.

Non dobbiamo però dimenticare che a inizio 2016, più precisamente ad aprile, un caso di fondamentalismo ci ha toccato – o meglio sfiorato – da vi­cino. Sto parlando dello jihadista di Lecco che frequentava giornalmente il nostro Cantone per allenarsi in una pa­lestra di Canobbio e si era avvicinato all’islam radicale. Fortunatamente, grazie al lavoro della nostra Polizia cantonale e agli inquirenti italiani, il giovane è stato arrestato prima che po­tesse commettere un attacco.

Migliorare lo scambio di informazioni

La Svizzera oggi non dispone di una protezione sufficiente in relazione alle minacce attuali. Perché come ho già detto a più riprese la minaccia terrori­stica rimane alta e il pericolo zero non esiste. Nemmeno alle nostre latitudini. Sebbene la Svizzera non risulti essere un obiettivo primario dei terroristi, non possiamo non essere vigili. Ma per farlo dobbiamo avere gli strumenti adeguati. I mezzi di cui dispone attual­mente l’intelligence svizzera non sono sono sofisticati e aggiornati come quelli delle altre nazioni europee.

La legge sulle attività informative in votazione il prossimo 25 settembre permetterebbe alla Svizzera di essere al passo con gli altri Paesi e di miglio­rare ulteriormente lo scambio d’infor­mazioni con essi, darebbe quindi la possibilità al Servizio delle attività in­formative della Confederazione (SIC) di individuare prontamente le minacce esistenti e di avvertire tempestivamente le autorità competenti. Il nostro Paese sarebbe inoltre più indipendente, non dovendo più contare solo sulle infor­mazioni degli 007 di altre nazioni.

Il SIC attualmente può acquisire infor­mazioni soltanto in luoghi pubblici: la nuova legge permetterebbe loro di mo­nitorare i computer e le telecomunica­zioni, scoprendo da messaggi su telefono o e-mail se è in atto una pre­parazione per un atto terroristico, o smascherando una rete di criminalità organizzata tramite intercettazioni te­lefoniche.

Presenza della mafia sul territorio

Non è stato solo il terrorismo però ad aver toccato da vicino la sicurezza del nostro Cantone e della nostro Paese negli scorsi anni. Alcuni fatti di cro­naca hanno richiamato all’attenzione dell’opinione pubblica la presenza d’infiltrazioni di stampo mafioso al­l’interno del nostro territorio. Dal ‘banchiere’ della ‘ndrangheta di Va­callo, all’operazione Hydra, fino al­l’operazione Helvetia che scoperchiò la cellula ‘ndranghetista di Frauenfeld. Le nuove disposizioni legislazioni agevolerebbero il lavoro degli inqui­renti anche in questo campo.

Proteggere i dati personali

C’è chi però disegna lo Stato come fic­canaso. Il referendum contro la legge fa leva sulla paura della violazione della privacy, la paura che la nostra sfera privata venga intaccata. Disegna lo Stato come una telecamera del Grande Fratello, che vuole scoprire cosa facciamo e cosa scriviamo in ogni momento della vostra vita. Ma non si tratta di questo e anzi, per ov­viare ogni possibilità di nuocere al cit­tadino, le nuove misure saranno vincolate da procedure di autorizza­zione molto severe per proteggere i dati personali. La nuova legge non li­mita in alcun modo la libertà di chi, come noi, è un cittadino onesto, poi­ché le informazioni che non hanno nessuna relazione con una possibile minaccia non potranno essere utiliz­zate e dovranno essere distrutte. In pratica: a meno che siate dei terroristi intenti a preparare un attacco, i dati le­gati alla vostre attività online non ver­rebbero salvati in nessun database!

Chi ha proposto il referendum fa leva sulla paura di essere spiati e porta avanti la sua campagna politica mo­strando uno Stato invadente. I promo­tori di questo referendum stanno giocando contro la sicurezza del no­stro Paese, accettando ogni tipo di comportamento e atteggiamento anche estremista, proclamandosi pro­tettori dei diritti fondamentali e della libertà individuale a tutti i costi. La verità è che contrapporre la libertà in­dividuale alla sicurezza collettiva è una scelta molto rischiosa e fuor­viante. Un concetto non esclude l’al­tro: è necessario quindi trovare l’equilibrio tra questi due principi fon­damentali dello Stato democratico.

Io sono convinto che la sicurezza sia il bene più prezioso di ognuno di noi. Come Direttore del Dipartimento delle istituzioni lavoro ogni giorno per portare maggiore sicurezza e quindi maggior benessere a ogni ticinese. Ora è però il momento per ognuno di noi di agire. Il popolo è chiamato a votare: facciamo valere il nostro di­ritto di sentirci più sicuri in casa no­stra!

NORMAN GOBBI, CONSIGLIERE DI STATO E DIRET­TORE DEL DIPARTIMENTO DELLE ISTITUZIONI

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