Tifosi allo stadio, prove d’intesa per ridurre i rischi

Tifosi allo stadio, prove d’intesa per ridurre i rischi

Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 20 agosto 2020 del Corriere del Ticino

Autorità cantonali e club a confronto in vista degli allentamenti per il pubblico
Norman Gobbi: «Chi seguirà una partita dovrà farlo con un’altra testa e seguendo nuove abitudini»
Nicola Mona: «Cruciale la responsabilità individuale» – Marco Werder: «Non vogliamo fare i poliziotti»

Autorità cantonali e club sportivi vogliono fare gioco di squadra. Dialogare, aiutarsi a vicenda e – nel concreto – vincere la sfida dei grandi eventi. Quelli, per intenderci, con anche più di 1.000 spettatori seduti fianco a fianco.
Le parti lo hanno chiarito apertamente al termine del vertice andato in scena ieri a Palazzo delle Orsoline a Bellinzona. Consapevoli però che l’avversario del momento è uno di quelli fastidiosi. Un nemico, soprattutto, che fa dell’imprevedibilità la sua forza. «L’evoluzione dei contagi da COVID-19 in Svizzera è preoccupante, inutile nasconderlo», commenta in merito Norman Gobbi. «L’importante – aggiunge – è saper lavorare assieme per gestire la situazione. E ciò nell’ottica di un’apertura, e non una chiusura, nei confronti dello spettacolo sportivo». Di qui l’incontro voluto fortemente dal direttore del Dipartimento delle istituzioni e al quale – oltre alle società e ai rispettivi dirigenti – hanno partecipato anche capidicastero comunali, rappresentanti della polizia e il medico cantonale.

Sicurezza, via il contributo
La data cerchiata in rosso sul calendario, lo ricordiamo, è il 1. ottobre. Ma al più tardi entro il 2 settembre Confederazione e Cantoni dovranno elaborare una strategia comune per i diversi regimi autorizzativi. Già, quali saranno le condizioni insindacabili per permettere a Cornaredo di accogliere 3.000 spettatori o 3.600 alla Valascia? «Per quanto ci riguarda abbiamo fornito delle prime linee direttrici cantonali, come il divieto di accogliere tifosi ospiti, l’obbligo di posti seduti legato a doppio filo al sistema di tracciamento dei contatti o l’obbligo della mascherina», sottolinea sempre Gobbi. «Decisive – aggiunge – saranno però le condizioni quadro delineate dal Consiglio federale. Paletti, questi, che saranno chiari solo nei prossimi giorni».

Per Norman Gobbi è invece certo un altro aspetto: «Ottobre è dietro l’angolo ed entro quella data servirà un cambio d’atteggiamento e di mentalità da parte di chi è abituato a seguire dal vivo le partite delle squadre di lega nazionale. Sarà infatti necessario adattare le proprie abitudini al contesto particolare: penso anche solo allo spostamento verso gli stadi e le piste che giocoforza dovrà avvenire secondo tempistiche più ampie». All’interno delle strutture saranno invece i piani di protezione a fare la differenza: «Abbiamo dato la nostra disponibilità ai club e ai Comuni proprietari per supportarli nell’elaborazione di questi protocolli. L’intento deve essere uno soltanto: limitare il numero di persone da porre in quarantena qualora dovesse emergere un caso positivo tra gli spettatori». Della serie: il rischio zero non esiste, anzi. E qui un interrogativo s’impone: perché acconsentire a migliaia di spettatori negli stadi e al contrario bocciare i carnevali nel 2021? Sentite Gobbi: «Il carnevale è vicinanza, contatto stretto, divertimento in piedi. Chi va a una partita può invece svagarsi restando seduto. L’importante però, e mi ripeto, sarà farlo con un’altra testa. Perché a cambiare non saranno tanto le regole sul ghiaccio o in campo ma quelle da rispettare sulle tribune e fuori dagli impianti».

E a proposito di pubblico. Durante il vertice è altresì emersa la volontà dell’autorità cantonale di rinunciare al contributo per i costi di sicurezza a carico delle società e pari a un franco a spettatore. Va da sé alla luce dell’assenza di tifosi ospiti prevista dai piani di protezione.

Vigili anche fuori dalla pista
Sin qui la visione dell’autorità. E i club? Riemergono rinfrancati o dubbiosi dal faccia a faccia con il Cantone? «Restiamo ottimisti o, quantomeno, non intendiamo rassegnarci», afferma il direttore generale dell’Ambrì Piotta Nicola Mona. «La situazione è complessa, ma il concetto di protezione allestito con la Lega è serio e ragionato nei minimi dettagli. Poi è chiaro: le nostre buone intenzioni potrebbero essere influenzate da variabili che non conosciamo e sulle quali non possiamo avere il controllo». Tra queste c’è pure il comportamento dei tifosi nelle ore precedenti un match. «Ci appelliamo alla responsabilità dei singoli, sicuri che sapranno fare tesoro dell’esperienza vissuta in questi mesi. Detto delle misure di protezione all’interno della Valascia come HCAP – precisa Mona – forniremo comunque delle raccomandazioni circa ad esempio la condotta da adottare nel recarsi alla pista». L’obiettivo, rileva il dg biancoblù, «è fare in modo che la soglia del rischio resti a un livello accettabile e sostenibile».

Quali verifiche all’interno?
Proprio per chiarire i margini di tolleranza di chi sarà chiamato ad autorizzare o meno i grandi eventi, nella sala del Gran Consiglio ieri era presente anche il medico cantonale Giorgio Merlani. Il quale ha da un lato ascoltato le esigenze dei club e dall’altro sottolineato quelle che sono ritenute delle potenziali criticità. Un esempio? Il comportamento – appunto – degli spettatori all’esterno di stadi e piste prima e dopo le partite. Su questo punto il CEO dell’HC Lugano Marco Werder dosa soddisfazione e cautela: «Come società di hockey abbiamo avuto la certezza che il nostro piano di protezione funziona, regge. Centrale resta tuttavia la responsabilità individuale, di noi dirigenti e dei tifosi nel rispettare scrupolosamente le direttive in vigore da ottobre. Ma il buonsenso dovrà prevalere anche per quegli aspetti che probabilmente non sottostaranno a restrizioni vincolanti. Mi riferisco all’afflusso e al deflusso del pubblico alla pista». In questo quadro, indica Werder, «c’è comunque soddisfazione per la volontà del Governo di uniformare il più possibile le misure di protezione rivolte agli spettatori. Resta la preoccupazione legata allo sviluppo del coronavirus. Una volatilità che, sì, crea insicurezza. Ci è richiesta grande flessibilità e in questo senso sarà una grande prova collettiva».

Intanto, come detto, si va verso all’esenzione del contributo di un franco a spettatore a carico dei club. «Un indirizzo che sicuramente può permetterci di risparmiare in modo rilevante nell’ambito dell’ordine pubblico», conferma il CEO bianconero. Per poi comunque puntualizzare: «A fronte delle nuove disposizioni da osservare all’interno della Cornèr Arena dovremo comunque valutare a quale tipologia di sicurezza privata sarà necessario appoggiarsi. Il tutto a seconda del numero di tifosi che potranno accedere alla pista». Nei corridoi e sulle tribune, va da sé, il controllo ricadrà sulle spalle dell’HCL. «Anche se non è nostra intenzione fare i poliziotti. Ancora una volta: ci appelleremo alla buona volontà dei tifosi». Sì, perché senza gioco di squadra il castello dei grandi eventi – fragilissimo – potrebbe subito crollare.