Un centro di competenza che rafforza la Porta Sud della Svizzera

Un centro di competenza che rafforza la Porta Sud della Svizzera

Giornata d’informazione del Comando Forze Speciali (CFS/KSK). 18 febbraio 2012, Lugano Palazzo dei Congressi. Intervento di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni.

Signor Consigliere agli Stati e vicepresidente del Consiglio degli Stati Filippo Lombardi, 

Signor divisionario Halter, capo dello Stato Maggiore di Condotta dell’Esercito,

Signor brigadiere Gaudin, capo del Servizio d’Informazioni Militare,

Signor colonnello SMG Michaud, comandante del Comando Forze Speciali,

Gentili Signore, Egregi Signori,

Prendo volentieri la parola per portare il saluto del Governo della Repubblica e del Cantone Ticino, in questa giornata informativa del nuovo Comando delle Forze Speciali (CFS), nato dall’evoluzione del Comando Granatieri 1 (Cdo Gren 1) che vede l’aggregazione di nuovi servizi e la subordinazione diretta allo Stato Maggiore di Condotta dell’Esercito (SMCEs).

Siamo lieti di poter affermare che il Cantone Ticino è fiero di poter ospitare un centro di competenza del nostro Esercito e un comando speciale direttamente subordinato allo SMCEs. Una presenza che permette di evidenziare l’ottima collaborazione tra le autorità militari federali e le istituzioni cantonali, come pure di rimarcare gli aspetti geopolitici e strategici della presenza militare a Sud delle Alpi.

La positiva e proficua collaborazione instaurata tra autorità cantonale ticinese e i vertici del nostro Esercito hanno permesso di consolidare un sistema che è oggi in equilibrio a sud del San Gottardo. Un sistema che vede favorevoli sinergie tra scuole, comandi, centri di competenza, centri logistici, partner pubblici e privati. Attualmente in Ticino si contano due poli militari, al loro centro due montagne: il San Gottardo per Airolo (e Andermatt) e il Monte Ceneri per Rivera, Isone e Magadino. Il personale impiegato complessivamente tra Esercito e aziende legate all’armamento (RUAG) ammonta a oltre 740 unità, di cui 160 professionisti uniformati, 480 civili, 79 militari a contratto e 26 apprendisti. Una forte e importante presenza di collaboratori, che genera una massa salariale di 66.5 Milioni di franchi, mentre la presenza e le attività militari in Ticino creano un indotto di 21.5 Milioni di franchi. Cifre importanti per l’economia ticinese, il cui PIL raggiunge circa i 20 Miliardi di franchi.

Ammirati per tutte le attività svolte dall’Esercito a favore della sicurezza e della libertà del nostro Paese, siamo onorati di poter affermare che a consolidare l’equilibrio della presenza militare a Sud delle Alpi, possiamo ora annoverare la presenza del Comando delle Forze Speciali sulla piazza d’armi del Monte Ceneri, con attività ad Isone e alla Base aerea di Magadino. Una formazione d’èlite che riunisce oggi diverse competenze d’eccellenza delle nostre forze armate, e che mira ad essere una delle punte di diamante dell’esercito svizzero. Un comando che dai primi giorni della sua costituzione ha già ricevuto un ordine d’impiego reale, ossia garantire la sicurezza dell’ambasciata svizzera a Tripoli. 

Possiamo quindi affermare che, il Cantone Ticino partecipa appieno ai compiti del nostro Esercito, garantendo scuole e piazze di istruzione, punti di appoggio logistico e di rifornimento, il supporto ad attività nell’interesse della difesa e della sicurezza interna.

Del nostro Cantone si sente spesso parlare di: “Ticino crocevia nell’Europa”, “Ticino, porta elvetica verso il Mediterraneo”. Frasi ricorrenti enunciate da residenti, da turisti, da giornalisti, da analisti e da molti stranieri non residenti ma occupati nelle aziende ubicate nel nostro Cantone. Il Ticino è il Cantone posto più a sud di tutta la Svizzera, e conta oggi 342’627 abitanti, di cui 94’232 stranieri pari a circa il 27%.

Trovandosi all’estremo meridione della Confederazione, il Ticino è esposto immediatamente a una vastità di problematiche che potrebbero minacciare la sicurezza di tutta la Svizzera. Si pensi ai flussi migratori dall’Africa verso l’Europa continentale, che trovano oggi ampia pubblicità mediatica a causa della nuova tipologia di richiedenti l’asilo – in particolar modo magrebini – che causano problemi di ordine pubblico. Si pensi però anche all’instabilità economica e politica dei Paesi mediterranei, le cui ripercussioni sono continentali e le conseguenze sistemiche all’intero assetto economico-finanziario europeo.

Nonostante queste possibili e reali minacce, il Cantone Ticino tiene a livello economico. Come accennato, il PIL reale ammonta a circa 20 Miliardi di franchi, ma si segnalano fenomeni preoccupanti e premonitori della situazione di incertezza derivante dalla crisi degli Stati mediterranei. Si pensi solo al fenomeno del frontalierato, che rappresenta un quarto dell’intera manodopera impiegata in Ticino: ogni giorno oltre 50mila abitanti delle province italiane attraversano il confine per lavorare nelle aziende con sede nel nostro Cantone. 

Le conseguenze? Una rete stradale al collasso (causa la mancanza di infrastrutture di trasporto transfrontalieri), un dumping salariale sui lavoratori indigeni e un tasso di disoccupazione tra i più alti della Svizzera. Non per nulla, i due Cantoni sottoposti alla maggiore concorrenza dell’accordo di libera circolazione (Ticino e Ginevra) registrano pure il maggior numero di persone in cerca di impiego. Il risultato più eclatante è stato registrato da molte categorie professionali dei settori terziario e secondario, travolti dalla netta disparità salariale creata da un soffocante dumping salariale e dalla concorrenza operata da ditte estere in Ticino. 

A livello aziendale mensilmente bussano alla porta del registro di commercio mediamente 25-30 ditte italiane. Nel 2011 sono stati rilasciati 16’117 nuovi permessi, con un incremento di più di tremila emissioni rispetto all’anno precedente; di questi, 9’203 riguardano i permessi per nuovi frontalieri, con un aumento rispetto al 2010 di 1’765 unità. È evidente come questo Cantone sia sollecitato e risenta anticipatamente rispetto alla maggior parte degli altri Cantoni svizzeri la pressione dei cambiamenti dovuta ai flussi migratori. 

A seguito dell’instabilità economica e politica nell’area del Mediterraneo europeo, si è pertanto assistito al netto aumento di migrazioni a scopo professionale. Numeri record per il nostro Cantone: gli effetti degli accordi bilaterali sono stati sottostimati, tant’è che oggi – dopo quasi 10 anni – si cerca di porre rimedio a livello federale con misure d’accompagnamento atte ad attenuare le storture del sistema sulla nostra economia e sulla nostra occupazione.

Alla pressione e alla migrazione economica proveniente dall’Europa, il Ticino è confrontato ad altri tipi di fenomeni legati alla propria posizione geografica. I flussi migratori sono in aumento dall’area africana; mi riferisco al numero crescente di richieste d’asilo, cui il Centro di registrazione e procedura CRP di Chiasso è sottoposto. 

Benché la Svizzera e il Ticino non siano “con i piedi ammollo nel Mediterraneo”, le conseguenze migratorie vissute in Italia hanno dirette e quasi imminenti ripercussioni sul nostro Paese. Non parlo solo di sbarchi: se badiamo alla situazione in corso in Italia, con profughi in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma formalmente clandestini cui non si profila alcuna prospettiva, possiamo aprire meglio il capitolo legato ai richiedenti l’asilo cui viene respinta la domanda.

Proprio in Italia come conseguenza di alcune battaglie legali che hanno ottenuto la prima proroga del permesso di soggiorno per motivi umanitari, è seguita una recente direttiva del Ministero dell’interno secondo cui queste persone avrebbero dovuto fare domanda di asilo politico. Per ottenerle occorreva dimostrare di essere perseguitati, cosa che non si è stabilita però per le persone di provenienza libica e tunsina. Sempre in Italia stanno ora giungendo i primi dinieghi, con il risultato che gli immigrati che non corrispondono alle nuove regole italiane perdono lo status di profugo, non ottenendo asilo politico e divenendo nuovamente di conseguenza clandestini. Le ricadute?

Queste persone non stanno e non staranno ferme per strada, ma si incammineranno già oggi verso nord e quindi anche verso il Canton Ticino, primo territorio svizzero a Sud delle Alpi. Chiasso, prima cittadina del confine meridionale elvetico e il locale centro di registrazione e procedura sono investiti da svariate tipologie di problematiche. Nel 2011 sono stati ben 311 gli interventi per scippi, tentati furti, furti, liti, aggressioni e infrazione alla Legge sugli stupefacenti non soltanto nel Centro di registrazione ma anche nei pressi e in altri Comuni ticinesi. La Polizia cantonale ha incarcerato dal 2009 al 2011 421 richiedenti l’asilo di cui alcuni più volte nello stesso anno. Il Ministero pubblico segnala 208 decisioni  tra decreti d’accusa e pene inflitte innanzi a corte di giudizio. All’interno del Centro di registrazione poi sono stati 296 gli episodi di violenza. Spesso poi, i profughi respinti dalle Autorità elvetiche, riportati nel paese in cui sono “sbarcati” o giunti quale prima destinazione, laddove dovrebbero essere rimpatriati al paese d’origine, riescono a tornare alla frontiera Svizzera nello spazio di poco tempo. 

Questi sono solo alcuni esempi per dimostrare la fenomenologia dei casi cui oggi subisce il Ticino. L’auspicio e di non vedere presto indebolito il nostro sistema di sicurezza già oggi messo frequentemente alla prova.

È dunque importante che anche l’Esercito si prepari alle nuove minacce e lo continui a fare nel nostro Cantone, sfruttando al meglio le peculiarità del proprio personale e quello delle imprese elvetiche – e nel nostro caso ticinesi – per migliorarsi ulteriormente. Una realtà quella dell’esercito paragonabile ad un mosaico: se toccato causerebbe grossi disguidi. Senza la sua presenza il Cantone Ticino subirebbe conseguenze devastanti e la rottura di equilibri importanti per quanto riguarda la presenza militare a Sud delle Alpi, e soprattutto la stabilità e la sicurezza della Svizzera. Se la “Porta Sud” della Confederazione dovesse cedere, le conseguenze sarebbero devastanti per tutta la Svizzera.

Tutto questo signore e signori non è un film. Per rafforzare la porta svizzera verso il Mediterraneo, dobbiamo consolidare e aumentare la presenza militare in Ticino. La nascita del Comando delle Forze Speciali è un tassello importante in questo rafforzamento, poiché la preparazione di questi militi e dei professionisti avviene proprio qui in Ticino. È una realtà che andrà ulteriormente consolidata e che ha sicuramente un futuro nell’ambito militare, considerate le possibili minacce e gli impieghi futuri. Personalmente e a nome di tutto il Governo, sono onorato del lavoro svolto dal nostro Esercito, e dal Comando Forze Speciali in particolare, in favore della nostra sicurezza e della nostra libertà. 

Vi ringrazio.

Norman Gobbi
Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento delle istituzioni e Presidente della Regio Insubrica

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