Le FFS tagliano, il governo protesta

Le FFS tagliano, il governo protesta

I vertici delle Ferrovie incontrano il Consiglio di Stato e confermano le misure di risparmio.
Gobbi: ‘Posti qualificati tolti al Canton Ticino’

La conferenza stampa è iniziata con trenta minuti di ritardo. Un segnale che il confronto tra Consiglio di Stato e vertici delle Ferrovie federali è stato più complicato di quanto si pensava. A confermarlo d’altra parte è stato lo stesso Ceo delle Ffs: «Abbiamo ancora delle divergenze», esordisce Vincent Ducrot davanti ai media. Divergenze che riguardano i piani di risparmio delle Ffs per il Ticino e la conseguente perdita di posti di lavoro qualificati – 40 in tutto, per ora, nel settore Cargo – a sud della Alpi. «La situazione finanziaria di Ffs Cargo è complicata. Bisogna intervenire per garantire la sostenibilità finanziaria dell’azienda». Interventi che nel nostro cantone si traducono nella rinuncia ai terminal di Cadenazzo e Lugano-Vedeggio e dell’autostrada viaggiante. Il che come detto comporterà 40 posti di lavoro in meno. Ai collaboratori interessati è stata però trovata un’alternativa.
Ma non è finita qui. Ducrot non ha infatti nascosto che all’orizzonte ci saranno anche altri risparmi. Pure in Ticino. «Il vostro cantone ha una concentrazione di personale che è il doppio rispetto alla media svizzera. Il Ticino quindi resta una regione importante per le Ffs». Indicazioni precise non sono per il momento state fornite, se ne saprà di più nei prossimi mesi. Tra le ipotesi ventilate c’è anche la chiusura del deposito di Chiasso, una misura che comporterebbe un duro colpo per il Mendrisiotto ma che per il momento il Ceo delle Ffs smentisce, «si potrà valutare al massimo lo spostamento di alcuni macchinisti in altre sedi».
Per quanto riguarda le misure finora annunciate Ducrot è lapidario: «Non c’è margine di trattativa. Il quadro all’interno del quale ci dobbiamo muovere, ovvero il mandato attribuito dalla Confederazione alle Ferrovie, è chiaro. Non possiamo mantenere artificialmente in vita un servizio che non è sostenibile».

‘Ancora una volta scarsamente considerati’
Spiegazioni che non hanno convinto il Consiglio di Stato, presente in corpore all’incontro. «Ancora una volta si dimostra una scarsa sensibilità nei confronti del Ticino. Un’azienda in mano all’ente pubblico toglie posti di lavoro qualificati al nostro territorio e lo fa in un momento, lo sanno anche a Berna, difficile per l’economia e la società ticinese», afferma il presidente del governo Norman Gobbi. «Faremo tutto quello che è necessario per ribadire la nostra contrarietà». Gobbi allarga lo sguardo: «Queste decisioni calate da Berna si aggiungono alla perequazione intercantonale e ai nuovi accordi bilaterali con l’Unione europea. Due dossier nei quali il Ticino è fortemente penalizzato. Anzi, è l’agnello sacrificale della Confederazione». Ecco quindi le tre richieste del Consiglio di Stato alle Ffs. Primo: sospendere ogni ulteriore misura di riduzione del personale in Ticino fino alla conclusione di un confronto politico e tecnico con le autorità cantonali e le parti sociali. Secondo: garantire il mantenimento di una base operativa stabile e qualificata per il traffico merci nel nostro cantone, con particolare attenzione al nodo di Chiasso e al ruolo di Bellinzona. Terzo: elaborare una strategia nazionale per il traffico merci che valorizzi la posizione del Ticino come snodo logistico e non lo releghi a mera zona di transito.

La reazione dei sindacati
«Ducrot si è dimostrato in palese difficoltà nel difendere delle decisioni che sono invece indifendibili», afferma Thomas Giedemann segretario del sindacato Sev. «Le Ffs hanno una concentrazione di lavoratori più alta in Ticino non per beneficenza, ma perché siamo una regione strategica. Siamo l’asse nord-sud. Appellarsi a questi numeri per giustificare una riduzione di posti di lavoro è scandaloso».
Anche sul riferimento di Ducrot alle “mani legate” da parte della politica federale Giedemann ha qualcosa da puntualizzare: «La buona volontà per quanto riguarda i posti di lavoro le Ffs potrebbero dimostrarla in altri settori. Nella divisione viaggiatori e alle future Officine di Castione. Anche in questi ambiti, però, le Ferrovie tolgono personale e lo spostano in Svizzera interna. Di fatto le Ffs si stanno disimpegnando a livello occupazionale dal Ticino». Il segretario del Sev dà qualche cifra. «220 posti di Cargo concretamente a rischio, la non sostituzione di 29 macchinisti della Viaggiatori che andranno in pensione nei prossimi anni e 150 posti in meno a Castione rispetto a oggi e che verranno di fatto trasferiti Oltralpe. In totale si arriva a 400». Cifre che spaventano. Una nota positiva dalla giornata di venerdì è però arrivata: «La posizione del Consiglio di Stato, che compatto si è schierato dalla parte dei lavoratori».
«Quello che dicono le Ffs è molto riduttivo e non rispecchia la realtà», sostiene Luca Benato del sindacato dei macchinisti. «Ffs Cargo ha 2’500 dipendenti e solo 180 di questi sono in Ticino. Eppure il taglio più importante viene fatto qui. È un vero e proprio smantellamento!».
Per Benato i margini per trovare delle soluzioni ci sarebbero. «Ma se dall’altra parte non si vuole nemmeno dialogare diventa molto difficile…». A essere penalizzato, sottolinea il sindacato macchinisti, non è solo il Ticino, ma anche il Grigioni italiano. «Senza un intervento della Confederazione saremo di fronte a uno scollamento del federalismo. Apprezziamo quindi la presa di posizione compatta del Consiglio di Stato a difesa del lavoro a sud della Alpi». Per Benato un punto deve essere chiaro: «Non sono i 180 dipendenti ticinesi di Cargo ad aver creato il buco milionario di cui parlano i vertici di Ffs, non deve quindi essere su di loro che cade la mannaia».
Più pacata la reazione di Transfair che, pur criticando con fermezza la riorganizzazione messa in campo dalle Ffs, si dice contenta per i 40 collaboratori toccati. “Grazie all’impegno sindacale a tutti i lavoratori è stata offerta un’alternativa”.

Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 3 novembre 2025 de La Regione