Selvaggio a chi?

Selvaggio a chi?

Giornata cantonale della memoria 2012 “Gli zoo umani: l’invenzione del selvaggio, fra miti e realtà”. Intervento di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni.

Gentili Signore, Egregi Signori,

La giornata cantonale della memoria vuole sottolineare il rispetto e l’attenzione della nostra comunità alle popolazioni oggetto di genocidi e persecuzioni sistematiche.

Quest’anno l’ufficio del delegato cantonale all’integrazione degli stranieri ha proposto un tema, che spesso sta a monte di questi efferati atti contro l’umanità: i cliché o meglio gli stereotipi che si sono formati nelle società occidentali nei confronti dell’altro. Il concetto di “selvaggio”, come vedremo nella giornata odierna, aveva riferimenti intra-continentali quanto intercontinentali. Un concetto che ebbe ampia diffusione nell’immaginario, che sopravisse all’Illuminismo e che si rafforzò ulteriormente con il Romanticismo di fine Ottocento.

Sono un appassionato di Storia e nelle varie letture fatte in gioventù sono capitato su un’interessante pubblicazione edita da Dadò Editore “Con gli occhi degli altri”. Un libro che raccoglie le descrizioni dei viaggiatori che visitarono il nostro territorio nei secoli scorsi. Tra queste testimonianze voglio citare unicamente alcuni brevi passaggi.

Il membro dell’Accademia di belle arti di Firenze William Brockedon, nel 1825 transitò nel nostro Cantone e così ne descrisse gli abitanti: “Se un’opinione sull’aspetto dei contadini del Ticino è stata formata partendo dalle riproduzioni del costume del cantone, il viaggiatore non troverà nulla che corrisponda ad esse; […] gli stracci mascheravano la forma e il sudiciume nascondeva il coloro della disgustosa razza che infesta questa valle: gli uomini erano talmente sgradevoli da suscitare ripugnanza ed erano di ben poco migliori le donne. La gente del cantone serba un cattivo carattere, il quale, se non trae origine dal loro sordido orribile aspetto, è straordinariamente in conformità ad esso.”

Questa è certo una delle descrizioni più dure che si trovano nella pubblicazione, anche se gli aggettivi primitivi, feroci, pigri e indolenti o le affermazioni “Ticinesi, brutta gente”, “Un paese dove non si pagano le tasse”, “Sembrava di essere al circo” oppure “Grano, vino e legna per i viandanti” potremmo trovarle ancora ai nostri giorni in alcune battute.

Quello appena illustrato è significativo dei motivi che hanno portato a creare nell’immaginario collettivo elvetico quell’aurea esotica di cui beneficia – nel bene e anche nel male – il nostro Cantone subalpino, che – come illustrerà alla fine del pomeriggio Francesco Mismirigo – si pensava popolato da “gente allegra”, grazie anche ai messaggi cantati dalla compianta Nella Martinetti. Visto il periodo che ci avvicina al 1. aprile, non possiamo dimenticare il servizio televisivo della BBC di esattamente 55 anni or sono, in cui si riportava – nel seguitissimo programma Panorama – la raccolta degli spaghetti dalle piante, un rito che si ripeteva ad ogni primavera nel Cantone Ticino “near to Lugano”. Allora gli spaghetti in Gran Bretagna erano poco conosciuti e ritenuti un piatto esotico; oggi ne vengono consumati 2.5 chili di pasta procapite in Inghilterra e, benché sia pur sempre un quinto di quanto consumato in Svizzera, spero nessuno creda più che la pasta cresca su degli strani alberi ticinesi.

Riguardo l’esotismo risvegliato dal nostro Cantone, ovviamente è poca cosa rispetto agli “Zoo umani” proposti nelle illuminate città romande, ma che null’altro erano che la ripetizione locale di quanto visto, vissuto e subìto a cavallo tra il XIX e il XX secolo nelle esposizioni universali e coloniali.

Tutto questo non fu e non era espressione di ignoranza, ma quanto piuttosto di un giacobinismo culturale, che voleva impossessarsi della verità e imporre soluzioni egualitarie a tutti, dimenticandosi dell’importante principio della diversità La diversità è un valore da comprendere (non per nulla è il tema della settimana nazionale contro il razzismo) e purtroppo i giudizi di valore dati allora, li ritroviamo ancora oggi. Porto alcuni esempi poco attinenti al tema odierno, anche se alla radice hanno la stessa origine: la volontà di ri-educare il “selvaggio” ai costumi conformati. Un’attitudine che potremmo trovare in chi giudica il chiaro voto ticinese contro la libera circolazione oppure a sostegno del mio movimento politico, liquidando la questione semplicemente con la frase più volte sentita: “i Ticinesi sono rozzi e chiusi”, invece di capire meglio il perché di tale espressione. E venendo alla cronaca più recente, un segnale di questa tendenza è sicuramente da interpretare nella volontà della popolazione urbana di idealizzare il mondo alpino, con una messa sotto tutela dei Cantoni alpini attraverso l’iniziativa sulle case secondarie.

Auguro a tutti un’interessante giornata della memoria, che permetta di meglio comprendere come il confine che separa il presunto selvaggio dall’apparente evoluto sia sottilmente labile. Voglio citare un esempio televisivo, la trasmissione “Selvaggio a chi?” proposto da un canale specialistico del National Geographic. Cinque melanesiani delle isole Vanuatu, disperse nell’Oceano Pacifico, che mai hanno messo piede in un paese “occidentale”, hanno visitato due altri paesi esotici: l’Inghilterra e gli Stati Uniti! Armati di videocamere hanno osservato e documentato i nostri ‘inconsueti’ usi e costumi e hanno vissuto, lavorato e mangiato insieme alle tre “tribù” del Regno Unito e degli States: classe operaia, ceto medio e alta società. Tutte esperienze e luoghi che a loro sono apparse pieni di stranezze e che ci fanno però riflettere sulla società in cui viviamo, fatta di sprechi, mancanza di rispetto e di tempo per socializzare.

I loro commenti e le immagini confermano la domanda retorica: “Selvaggio, a chi?”.

Vi ringrazio.

Norman Gobbi

Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento delle istituzioni e Presidente della Regio Insubrica

 

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