Quando un progetto fallisce, bisogna cercare nuove vie

Quando un progetto fallisce, bisogna cercare nuove vie

Assemblea ordinaria della Federazione Ticinese delle Società di Tiro. Intervento di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni. Gentili Signore, Egregi Signori,

Dopo 12 anni, in cui l’avv. Luigi Pedrazzini ha portato il saluto dell’autorità cantonale, tocca al sottoscritto l’onore di rivolgervi l’espressione di riconoscenza e stima del Consiglio di Stato e del Dipartimento delle istituzioni. Stima e riconoscenza per il lavoro che le società di tiro svolgono nell’interesse pubblico e per l’immancabile attaccamento alle istituzioni elvetiche.

A dire il vero, non è la prima volta che ci vediamo e che mi rivolgo a voi. Anzi, ci conosciamo bene e abbiamo condiviso molte esperienze e molte battaglie. 

Dieci anni fa, nella sala del Consiglio comunale di Bellinzona, venni proposto da Maurizio Gianella per la società di tiro Monte Pettine di Ambrì alla carica di membro del comitato cantonale della Federazione ticinese delle società di tiro FTST. Un passo che fu frutto di un approccio da vari fronti, con Athos Solcà e Luca Filippini – allora membri di comitato – che mi indicarono viste le nostre conoscenze militari e, in particolare, per la mia scelta di formazione in ambito di comunicazione. Non ricordo il giorno esatto, ma durante una seduta di Gran Consiglio un deputato conservatore di lunga data, che di lì a poco sarebbe diventato presidente del Gran Consiglio, mi abbordò con la dovuta diffidenza per un giovane deputato leghista alla prima legislatura. Beh, caro Oviedo da quel giorno ne abbiamo passati molti di momenti assieme, dalle riunioni di comitato alle feste di tiro ticinesi e spesso Oltregottardo, come pure il “servizio auto” garantitoti quando diventasti presidente del nostro Parlamento nel 2004 e però continuato anche dopo, quando il Primo cittadino ero io.

Ho già avuto modo di esprimere il mio riconoscimento alla famiglia del Tiro ticinese, agli amici e colleghi della FTST e a tutte le nostre tiratrici e i nostri tiratori, senza dimenticare i nostri numerosi sostenitori. Sono stati 10 anni unici in cui – e ne sono convinto – ho ricevuto più di quanto ho saputo dare. Il significato di famiglia calza a pennello per la FTST e le sue affiliate, perché in ogni poligono si viene accolti con calore e simpatia, anche se vi sono – come in qualsiasi famiglia – alcuni screzi e incomprensioni. Ho vissuto tutto ciò in questi dieci anni, in cui il capofamiglia è sempre lo stesso. Anzi, lo è da 20 anni dato che, se non erro proprio qui in Vallemaggia, fu nel 1992 che Oviedo Marzorini venne eletto alla presidenza della FTST.

Nelle esperienze che abbiamo condiviso ve ne sono tre, che voglio affrontare nel mio saluto: la comunicazione, le armi e le infrastrutture.

La comunicazione è stato il motivo per cui entrai a servire la famiglia del Tiro ticinese. Come ogni attività tradizionale e sottoposta al giusto rigore istituzionale, non aveva mai saputo cogliere la necessità di promuovere le proprie attività e di renderle visibili. Che questo dovesse invece diventare una necessità, in particolar modo verso il pubblico e la comunità tutta, lo si è capito dalla fine degli Anni Novanta, ossia quando tutto ciò che sembrava stabile e consolidato è diventato fluido e in continua evoluzione. Penso all’Esercito con le sue riforme e le riduzioni degli effettivi, che hanno messo in difficoltà le attività di tiro delle società che praticavano unicamente il tiro fuori servizio. Penso alle mutate sensibilità nella nostra società, dove ogni rumore dell’altro è disturbo, mentre il proprio tosaerba o decespugliatore acceso tutta la mattina, è una necessità. In questo quadro con gli amici della commissione comunicazione si è dato vita ad un’attività proficua di informazione interna ed esterna, e ringrazio ancora tutti loro (Luca Filippini, Flavio Esposito, Simone Rizzi, Doriano Junghi, Edy Ramelli, Fulvio Regazzoni, Roberta Filippini e tanti altri) per il lavoro svolto, non solo di concetto e di computer, ma anche manuale con imbustaggi e la presenza alle fiere. La missione nell’ambito della comunicazione del tiro non termina qui. Ha bisogno di nuovi impulsi, di nuovi supporti e di nuove teste per orientarci sempre di più ai giovani. Con il sito internet e le pagine Facebook ci si è mossi nella giusta direzione e credo che i frutti arriveranno. Andrea Villani, su “Cooperazione” di questa settimana, viene proposto come il “Ticinese della settimana” per la conquista dell’oro alla Meyton Cup di Innsbruck. Un fatto che ci deve sicuramente rallegrare sportivamente, e soprattutto perché porta il Tiro sportivo su una rivista di ampia diffusione.

Le armi sono state oggetto lo scorso anno di un voto popolare, che ha premiato l’enorme sforzo di tutti (anche finanziario) in difesa dei valori tradizionali del nostro Paese, quali la libertà e la responsabilità connessa alla fiducia data ai cittadini. Una battaglia vinta non significa vincere la guerra, tutt’altro. Si tratta di prepararci ad affrontare le prossime sfide, tanto più che anche in questo settore le modifiche legislative – che fanno arrabbiare anche i tiratori – arriveranno automaticamente, anche se vanno comprese come misure a tutela dell’uso responsabile delle armi da fuoco. Ringrazio il dottor Pio Eugenio Fontana di aver raccolto dal sottoscritto il testimone, o meglio la fiaccola del messaggio che dobbiamo ulteriormente diffondere dell’uso responsabile delle armi e l’indiscutibile diritto alla libertà e alla responsabilità individuale, valori che vogliamo nostri. Si tratta di dimostrare unità, disciplina e consapevolezza, in modo che la famiglia del tiro ticinese – con i suoi giovani, donne, uomini ed anziani – assurga ad’esempio per la nostra comunità nel dare significato a queste parole: libertà e fiducia.

Le infrastrutture di tiro sono un callo ricorrente sul percorso del Direttore delle istituzioni ci segnala e ci ricorda come vi sia necessità di intervenire. L’avv. Luigi Pedrazzini ha più volte portato dinnanzi a voi la difficoltà nel risolvere questo annoso tema, in particolare quello del poligono regionale del Monte Ceneri, che dovrà sostituire i poligoni degli agglomerati di Bellinzona e Lugano. In questo primo anno di mandato, ho cercato di dare un’impronta pragmatica a tutto ciò che si fa nel Dipartimento delle istituzioni; non da ultimo anche su questo dossier. È inutile negarlo, il progetto di Poreggia è fallito. Dopo un voto popolare contrario al credito cantonale, nuove difficoltà si sono aggiunte a questo progetto. Nonostante le modifiche di progetto, lo stesso sembra raccogliere pochi consensi sul fronte del NO, e in particolare per la realizzazione su quel sedime vi saranno dei nuovi costi per la realizzazione di un passaggio faunistico pari a 4.5 Mio franchi. Con il progetto di Poreggia, le premesse per risolvere il problema del poligono regionale non sono date e quindi vanno trovate vie alternative, percorribili e soprattutto realizzabili. 

Come Dipartimento abbiamo avuto contatti con il Municipio del Comune di Monteceneri, il quale ha segnalato come necessità quella del minor impatto possibile; fatto confermato anche da imprenditori della regione, molto attivi a livello di progetti turistici. Recentemente ho incontrato Ulrich Appenzeller, capo dell’armamento del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport DDPS. Il direttore generale di Armasuisse ha confermato la volontà di aiutare il Cantone nello studiare vie alternative, su terreni militari sulla piazza d’armi del Monte Ceneri. Sostegno confermatoci in un recente bilaterale da parte del capo del DDPS, il Consigliere federale Ueli Maurer. Si tratta ora di realizzare uno studio di fattibilità che permetta di acclarare la realizzazione di un poligono multifunzionale sull’attuale sedime dello stand militare del Monte Ceneri, che permetta il minor impatto fonico possibile. Oltre a tiratori e cacciatori alla ricerca di un poligono dove praticare il tiro, le co-interessenze per una struttura di questo tipo sono molteplici: dalla Polizia cantonale, al Comando delle forze speciali dell’Esercito, al Corpo delle guardie di confine, alle Polizie comunali. 

Il progetto dello studio di fattibilità avverrà in collaborazione con Armasuisse e sarà condotto dal Dipartimento cantonale. Si dovranno sentire tutte le parti coinvolte, valutare le varianti e la loro fattibilità e tener conto dei costi, come pure dei benefici generati da questa struttura, soprattutto laddove vi sarà un beneficio diretto di ordine ambientale, immobiliare e di spazi recuperati. 

Oggi non posso ancora portarvi delle soluzioni. Vi porto solo l’impegno del Dipartimento nel voler risolvere un problema che assilla la famiglia del Tiro e che vogliamo risolvere nell’interesse comune dei tiratori, dei cacciatori, delle forze dell’ordine e della comunità tutta.

Vi ringrazio.

Norman Gobbi

Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento delle istituzioni e Presidente della Regio Insubrica

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