Tra i buchi, nella ramina

Tra i buchi, nella ramina

Questa sera alle 18.00 alle Cronache su Rete 1 e alle 19.30 al Quotidiano su LA1 verrà discussa la problematica della sicurezza al confine con interviste al direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, al sindaco di Monteggio Piero Marchesi e al capodicastero sicurezza di Chiasso Sonia Regazzoni-Colombo.

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Viaggio nel tempo, con l’ex comandante delle guardie di confine Fiorenzo Rossinelli, al confine tra Ticino e Italia

Ramina è un termine dialettale. Gli italiani, che l’hanno costruita, la chiamano rete metallica. La sua è una lunga storia, che parte dal 1890, quando venne posato il primo tratto per impedire il contrabbando.
E’ una storia che mette in luce dapprima le vicende che hanno caratterizzato la definizione del confine tra i due stati. Un confine politico – segnato dal 1559 tramite dei cippi tra il Ticino e l’allora ducato di Milano – che si è quasi sempre rivelato fragile e valicabile; già da quando era il confine dell’intero impero romano.
I buchi nella ramina – sia fisici sia mentali – ci sono sempre stati. E ci saranno sempre, favorendo scambi illegali, ma convenienti all’una o all’altra parte. Dei passaggi sui quali molti occhi si sono chiusi. E si chiudono tutt’ora.
Spalloni, bracconieri, contrabbandieri, guardie di finanza e di confine, esercito, esuli politici, migranti e passatori, rapinatori: sono una miriade i personaggi che hanno animato la linea di confine.
Tra loro c’è l’ex comandante delle guardie di confine Fiorenzo Rossinelli, che ha dedicato una vita a sorvegliare la frontiera. Nel 2008 è andato in pensione e si occupa di studi e ricerche sul confine, che presto diventeranno un libro.
Rossinelli è stato ufficiale della Regione IV dal 1976 al 2008. Ha vissuto  il contrabbando industriale, quando attraverso le piste Ho Chi Minh passavano le sigarette e beni di lusso verso Italia e carne e alcolici verso la Svizzera. Poi la grande migrazione, quando la guerra nella ex Jugoslavia spinse verso la frontiera oltre 50’000 profughi. Ed infine il forte afflusso di capitali italiani verso la Svizzera, iniziato già negli anni ’60.
Anche oggi il confine ticinese è sotto pressione e viene considerato un corridoio sensibile, attraversato dall’asse autostradale e ferroviario più importante del paese: clandestini, contrabbando di merci o contanti, sequestri di droga e armi, persone ricercate, merce falsa. I processi di globalizzazione e d’integrazione europea, che con gli accordi bilaterali e di Schengen coinvolgono a pieno anche la Svizzera, hanno portato ad un notevole allentamento della frontiera.
E secondo Rossinelli, “è importante che si faccia rete, non soltanto tra organi di polizia cantonali, comunali guardie di confine, ma anche a livello internazionale”. “Il centro comune italo/svizzero di cooperazione – conclude – è l’elemento determinante per lottare contro la criminalità moderna, in tutti i campi”.

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