“Sicurezza, non ci si può fermare”

“Sicurezza, non ci si può fermare”

Da laRegione | Norman Gobbi: da otto a cinque regioni di polcomunale anche per poter garantire sempre e comunque la copertura delle 24 ore

Polizia, cantiere sempre aperto? «Per affrontare in maniera efficace ed efficiente i cambiamenti della società e le conseguenti sfide, lo Stato deve necessariamente rivedere di volta in volta anche il proprio apparato di sicurezza. Ed è quanto come governo, in collaborazione con i Comuni, ci proponiamo di fare per migliorare ulteriormente il servizio alla popolazione, mettendo quindi in piedi una struttura di polizia ticinese ancor più performante. Al cittadino che ha bisogno non importa se arriva prima la pattuglia della Cantonale o quella della comunale. Ciò che conta è che riceva una risposta competente e tempestiva. Da questo punto di vista si può e si deve ottimizzare l’attuale organizzazione, anche per rafforzare la presenza delle forze dell’ordine sul terreno». Il capo del Dipartimento istituzioni (DI) Norman Gobbi spiega così, alla ‘Regione’, l’obiettivo della missione affidata dal Consiglio di Stato al gruppo di lavoro ‘Polizia ticinese’ che ha appena costituito (cfr. l’edizione di ieri). Coordinato dal segretario generale del Di Luca Filippini e formato da ufficiali della Polcantonale (comandante Matteo Cocchi incluso), da rappresentanti dei Comuni e dei corpi di polizia locale e dal presidente dell’Associazione delle polcom Dimitri Bossalini, il gruppo allestirà e consegnerà entro fine dicembre 2017 alla direzione del Dipartimento un rapporto “sulle possibili nuove forme di organizzazione e collaborazione” fra la Cantonale e le comunali, riferisce il governo in una nota.

Le recenti riforme che hanno interessato le forze dell’ordine non sono sufficienti?

Ripeto, si deve fare di più. Sia chiaro, le riforme erano necessarie. Alludo in particolare alla ‘regionalizzazione’ della Gendarmeria della Polizia cantonale e – con l’entrata in vigore della Legge sulla collaborazione tra Cantonale e corpi locali, la LcPol – alla regionalizzazione delle polizie comunali. Ricordo inoltre che con l’attivazione del supporto informatico di aiuto alla condotta e della Cecal, la Centrale cantonale di allarme, si intende ridurre i tempi di intervento nell’ambito delle misure d’urgenza: sul luogo dell’evento si porterà la pattuglia più vicina e potrà essere una della Cantonale o una della comunale oppure una delle Guardie di confine. Nel frattempo è però indispensabile agire su altri fronti della cooperazione soprattutto fra Polizia cantonale e polizie comunali, ragionando pure sulla gestione delle risorse umane nei corpi locali.

Quali sono i problemi?

Pensiamo per esempio ai costi a carico dei Comuni. La Legge sulla collaborazione tra Polizia cantonale e polizie comunali ha introdotto il sacrosanto principio per cui tutti gli enti locali sono tenuti a partecipare alle spese legate alla sicurezza. In che modo? Dotandosi di un corpo di polizia ‘strutturato’, composto di un minimo di sei agenti (comandante compreso) oppure stipulando una convenzione per le prestazioni di polizia con un Comune della stessa regione (per esempio il Comune polo) che ha un corpo strutturato. Tuttavia ci sono ora piccole polizie comunali confrontate con grandi costi. C’è poi un altro problema.

Cioè?

Riguarda sempre i piccoli corpi locali. In alcuni sono emerse delle difficoltà nella gestione delle risorse umane: il comportamento di un singolo agente può così arrivare a compromettere l’operatività del corpo di polizia comunale. E dunque la collaborazione con la Polcantonale.

È per questo che in ottobre, in occasione della seduta della Conferenza cantonale consultiva sulla sicurezza, cui partecipano anche i Comuni polo, lei ha auspicato ‘ulteriori accorpamenti fra regioni’ di polizia comunale, attualmente otto?

Sì, e l’obiettivo, condiviso dalla Conferenza, è di avere cinque regioni con altrettanti Comuni polo. Ciò per creare delle sinergie, non solo per cercare di risolvere i problemi ai quali ho accennato, ma anche per poter mettere le polizie comunali nelle condizioni di garantire il servizio 24 ore su 24, come stabilito dal Regolamento della LcPol. Cosa che adesso in alcune regioni si fatica molto a garantire. Eventuali accorpamenti regionali e altri dossier, come quello delle competenze e delle deleghe da assegnare alle comunali nell’ambito della sicurezza di prossimità, saranno valutati dal neoistituito gruppo di lavoro ‘Polizia ticinese’.

Un gruppo di lavoro che potrebbe rilanciare il tema della polizia unica, che ha diviso fra gli altri il Gran Consiglio?

A me piace la Realpolitik e ho capito che il discorso polizia unica non passerà mai, alla luce di certi arroccamenti. Che però si giustificano dove si assicura un efficace ed efficiente servizio ai cittadini. Oggi non è sempre e ovunque così. Bisogna allora rendersi conto che l’odierna suddivisione del Ticino in otto regioni di polizia comunale è un passo intermedio verso un miglior dispositivo di sicurezza, fondato anche sulla collaborazione fra Polizia cantonale e corpi comunali. Proprio per questo preferisco parlare di Polizia ticinese.

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