Svizzera sotto assedio?

Svizzera sotto assedio?

La Confederazione elvetica ha – per la settima volta consecutiva – regi­strato una sopravvenienza finanzia­ria sui conti federali 2012. Un fatto rallegrante da un lato, ma altrettanto preoccupante per alcune conse­guenze di ordine esterno. Mi riferi­sco al quadro finanziario cui oggi sono confrontati i Paesi europei at­torno a noi: difficoltà, rischio insol­venza e inizio di una depressione economica.

Ovviamente, il fatto di essere una mosca bianca all’interno del Conti­nente ci espone a minacce, la cui portata è in questo momento diffi­cilmente stimabile. Infatti, molti dei nostri vicini hanno giustificato le loro difficoltà dando la colpa alla crisi finanziaria del 2008; ora per loro diventa difficile giustificare il fatto che un Paese noto per essere una piazza finanziaria forte, registri cifre nere per sette anni di fila, no­nostante la crisi finanziaria. Da qui il rischio per la Svizzera di subire l’invidia dei governi europei, au­mentando i loro atteggiamenti nega­tivi nei confronti del nostro Paese.

Le cifre nere e la pressione esterna che aumenta

Il fatto che molti nostri vicini siano a rischio insolvenza, innesca al loro interno una pressione a voler tro­vare vie di recupero finanziario su altri, leggi la fortunata Svizzera. In Ticino conosciamo bene l’atteggia­mento dell’Italia e del suo erario in divisa grigia; altrettanto stanno vi­vendo i Cantoni romandi con la Francia, la cui reale situazione delle finanze pubbliche è ben peggiore ­per proporzione – a quella della Grecia.

La minaccia, che questa situazione ingenera espone la Svizzera a eufe­mistiche maggiori pressioni (per non parlare apertamente di ricatti) allo scopo di far aprire i forzieri el­vetici e lasciar attingere le europee mani dalle tasche dei contribuenti svizzeri.

La crisi economica, percepibile già nel nostro Cantone, mostra i suoi primi effetti delle conseguenze in­generate dalla libera circolazione. Un mercato del lavoro già sotto pressione, sta oggi vivendo il feno­meno dei migranti alla ricerca di un lavoro, con spagnoli, portoghesi e italiani che stanziano in Svizzera quali turisti disoccupati.

Il nostro sistema delle assicurazioni sociali trova difficilmente para­gone, fatta salva la Scandinavia; quindi, oltre al lavoro, questi mi­granti cercano un sistema sociale più generoso sui cui poggiarsi. La minaccia qui è doppia: la perdita del lavoro della manodopera indi­gena che finisce con l’essere soste­nuta dallo Stato, e dall’altra l’arrivo di migranti che peseranno sulla so­cialità, con l’effetto finale di man­dare in bancarotta il sistema sociale elvetico.

Il nostro benessere non deve quindi farci dormire sonni tranquilli. Le minacce e i rischi cui siamo esposti sono diversi, insidiosi e sottilmente perfidi. Di questa grave situazione di minaccia cui siamo esposti non tutto il mondo politico svizzero ne è cosciente, in primis taluni Consi­glieri federali. Si tratta di tenere alta la guardia, a difesa del nostro Paese e della sua popolazione. 

Norman Gobbi

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