‘Non lavoro collegialmente? Lo rifiuto in toto’

‘Non lavoro collegialmente? Lo rifiuto in toto’

L’accordo tra Lega, Ppd, Ps, Udc e Verdi porta alle urne
Imposte di circolazione, in parlamento è finale ‘thriller’. Dopo il no al rapporto di maggioranza, sì a quello Ps/Verdi: andrà al voto contro l’iniziativa.

La replica di Gobbi è arrivata subito: «Quando nel 2016 il sottoscritto uscì con l’aumento delle imposte di circolazione, senza ricevere tanti applausi dalla mia fazione, ha fatto il compito del governo. Mettere in dubbio che io non lavori collegialmente lo rifiuto in toto, oggi in questa gazzarra (il dibattito prima del voto è stato senza esclusione di colpi, ndr) ho fatto l’arbitro, non potendo fare altro». Questo prima del voto che con 59 favorevoli, 3 contrari (Mps) e 23 astenuti (Plr) ha chiuso quattro ore di dibattito, entrate a gamba tesa, colpi sotto la cintura. E strategia. Tanta strategia.

Cui hanno partecipato anche Lega e Udc. I democentristi con Paolo Pamini rilevano come «qualsiasi misura che lasci risorse nelle tasche di chi le produce è da noi sostenuta con convinzione e molto piacere». Per i leghisti, con il capogruppo Boris Bignasca, «i cittadini si aspettano questo piccolo sgravio fiscale che per il ceto medio e medio basso diventa importante». A sinistra, negli interventi di Anna Biscossa, Ivo Durisch, Clauda Crivelli Barella e Matteo Buzzi si registra l’importanza di «rendere più sociale e ambientale» l’iniziativa popolare.

Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 23 giugno 2022 de La Regione

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I ticinesi voteranno sull’imposta di circolazione

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Intervento all’interno dell’edizione di mercoledì 22 giugno 2022 de Il Quotidiano

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Ai ticinesi l’ultima parola
Dopo un acceso scontro, in Gran Consiglio a spuntarla sono state due proposte: quella dell’asse PPD-Lega-UDC e quella del fronte rossoverde

In poche settimane, la vicenda dell’imposta di circolazione è diventata tanto contorta da sembrare la trama di un thriller psicologico scritto e diretto da Christopher Nolan. Tra rapporti commissionali, controprogetti, cavilli giuridici ed emendamenti incrociati, il dossier è diventato così complesso da confondere i politici più navigati e i cittadini più attenti alla cosa pubblica. Alla fine dei “giochi”, però, in Parlamento a spuntarla sono state due proposte (quella di PPDLega- UDC e quella di PS e Verdi) che a novembre – salvo sorprese dell’ultimo minuto – saranno sottoposte al voto popolare. La “strana” alleanza tra l’ala destra del Parlamento e l’ala sinistra ha dunque schiacciato il centro (o meglio, il PLR) e, dopo un duello parlamentare con qualche colpo sotto la cintura, i ticinesi saranno chiamati a esprimersi su due varianti della futura imposta di circolazione: una che propone di limitare l’incasso a 80 milioni (come chiedeva l’iniziativa originale del PPD) e una «più sociale ed ecologica», avanzata da PS e Verdi, che fissa l’importo massimo a 96 milioni.

Democrazia e conformità
L’acceso dibattito in aula è stato degno, appunto, del finale di un thriller. In Parlamento, prima di votare le tre proposte sul tavolo, i deputati si sono dati battaglia su una questione in particolare: decidere quale «testo conforme» sottoporre al voto popolare.
Detto in parole povere, il «testo conforme» è il testo di legge che concretizza l’iniziativa popolare secondo i principi sottoscritti da proponenti e cittadini.
Da una parte, l’asse PPD-Lega- UDC ha proposto il suo «testo conforme» (riprendendo le richieste originali dell’iniziativa) e dall’altra il PLR ha proposto un altro «testo conforme » (andando però a modificare alcune delle richieste originali degli iniziativisti).
Apriti cielo: da parte del PPD le dichiarazioni sono state pesanti. Il presidente Fiorenzo Dadò non ha esitato a parlare di «palese violazione dei più elementari principi della democrazia » e di «inaccettabile stortura messa in piedi per evitare l’esercizio democratico». I popolari democratici hanno contestato il fatto che i liberali radicali volessero portare al voto popolare una proposta differente da quella sottoscritta dagli iniziativisti.
Sul fronte opposto, il relatore del rapporto del PLR, Bixio Caprara, ha rimandato le accuse al mittente, criticando il fatto che da parte del PPD e della Lega nelle scorse settimane non ci sia stata la minima apertura al dialogo o al compromesso: «Ci avete detto: o mangi la minestra, o salti dalla finestra ». Caprara ha inoltre ricordato che è prassi comune, di fronte a un’iniziativa generica, discutere in commissione per trovare un compromesso. «Noi abbiamo cercato una sintesi tra la proposta degli iniziativisti e quella del Governo, tenendo conto di alcune criticità tecniche presenti nel testo originale e fissando l’importo a 96 milioni. Non si tratta di voler evitare il voto popolare, ci mancherebbe, ma di trovare un testo conforme condiviso dalle parti».
Sulla questione del compromesso, poco dopo, è tornato il capogruppo della Lega Boris Bignasca: «La nostra proposta è di per sé un compromesso, poiché sottoscritta da tre forze politiche, e non da una sola» come quella del PLR. E a rincarare la dose ci ha poi pensato il capogruppo PPD Maurizio Agustoni. «È un precedente grave. Oggi il Gran Consiglio non è chiamato a dire se è d’accordo o meno con l’iniziativa, ma a decidere se vuole assumersi, o no, la responsabilità, per la prima volta nella storia, di impedire ai cittadini di esprimersi su un’iniziativa popolare ».
E critiche importanti, per tutti, sono poi giunte dalla deputata socialista Anna Biscossa. «In Commissione gestione e finanze non ho mai vissuto situazioni come questa. Da parte del PPD è stato alzato un muro contro la possibilità di trovare una posizione condivisa e temo che sia dovuto al fatto che si è voluta fare una battaglia partitica in vista della campagna elettorale; da parte del Consiglio di Stato c’è stato un modo di procedere un po’ strano, con una proposta, che si è rilevata fragile di fronte alle considerazioni del Servizio giuridico, arrivata oltre la zona Cesarini; da parte del PLR, strenuo sostenitore del decreto Morisoli, ci si è spaventati di fronte a 15 milioni di mancati introiti, come se da questa somma dipendesse la stabilità finanziaria del Cantone, e invece penso che tale preoccupazione sia dettata dal fatto che poi mancheranno le risorse per una manovra fiscale per i ricchi». Dal canto suo, il consigliere di Stato Norman Gobbi ha detto di voler vestire i panni dell’arbitro, senza sbilanciarsi sulle proposte e attendendo l’esito del voto. Un atteggiamento che gli è poi valso molte critiche da parte del PLR.

Votazioni ed emendamenti
Ebbene, dopo quattro ore di attacchi incrociati, per una manciata di voti il Parlamento ha in prima battuta bocciato il rapporto di maggioranza, ossia la proposta originale targata PPD-Lega-UDC: 44 i contrari, 41 i favorevoli, zero gli astenuti. Poi, si è trattato di decidere quale rapporto di minoranza portare al voto finale. La proposta del PLR è stata bocciata senza appello: 23 i voti a favore, ossia quelli dell’intera deputazione dei liberali radicali. La proposta rossoverde, invece, ha incassato il sostegno dell’asse PPD-Lega-UDC, per un totale di 61 voti. Ed è a questo punto, nel voto finale, che la proposta PPD-Lega-UDC è “rientrata dalla finestra” grazie a una serie di emendamenti proposti dal primo firmatario Marco Passalia e dall’MPS, emendamenti che hanno incassato il sì del Parlamento.
Il Gran Consiglio, in ultima battuta, si è quindi espresso a favore del controprogetto di PS e Verdi, reintegrando allo stesso tempo il «testo conforme » di PPD-Lega-UDC tramite gli emendamenti. Detto altrimenti: saranno i ticinesi a scrivere il finale del thriller, esprimendosi su queste due proposte.

Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 23 giugno 2022 del Corriere del Ticino